Se uno spinello è come l’alcool, perchè la legalizzazione è così lenta?

WEEDO È LA NUOVA CAMPAGNA PER LA LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS. MA A CHE PUNTO SIAMO IN ITALIA E NEL MONDO?

Torna ad animare il dibattito pubblico la questione legalizzazione cannabis e droghe leggere. Lo scorso giovedì, infatti, i Radicali Italiani hanno manifestato davanti Montecitorio per l’iniziativa WeeDo #ColtiviamoLibertà, una nuova campagna di sensibilizzazione per promuovere e incentivare in Parlamento un dibattito serio e costruttivo che possa portare alla definizione di un decreto legge sulla legalizzazione, e conseguentemente anche alla responsabilizzazione e alla regolamentazione, della vendita della cannabis.

Il flashmob, presieduto dai Radicali Italiani e da alcuni esponenti di +Europa, come Riccardo Magi, ha visto sfilare uno ‘spinello’ lungo 5 metri e imbastire numerosi tavolini per promuovere Radical Cannabis Club, un’iniziativa di WeeDo che consiste in una tessera contenente un seme di cannabis. Per l’occasione, è stata donata a tutti i 630 parlamentari della Camera dei Deputati come promemoria per l’impegno a discutere sulla questione. La campagna di sensibilizzazione infatti mira a riproporre la proposta di legge di iniziativa popolare sulla legalizzazione della cannabis depositata nel novembre 2016 ma mai discussa.

“In questo Parlamento esiste già una maggioranza che forse è troppo silenziosa, noi chiediamo che venga allo scoperto” ha dichiarato durante la manifestazione Antonella Soldo, portavoce di WeeDo. La proposta di iniziativa popolare del novembre 2016 non ha rappresentato infatti un caso isolato: è stata preceduta nel luglio del 2015 dalla proposta di legge n.3235 presentata dall’allora senatore e sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova; e recentemente seguita lo scorso gennaio dal Ddl proposto dal senatore M5S Matteo Mantero, che subito ha suscitato le ostilità di alcuni ministri del governo come Lorenzo Fontana e Matteo Salvini che hanno liquidato il provvedimento come una misura non necessaria e non prevista nel contratto di Governo. Episodi che, dunque, confermerebbero le parole della Soldo riguardo una possibile e trasversale maggioranza in Parlamento in merito alla questione della legalizzazione.

A CHE PUNTO SIAMO?– Attualmente in Italia l’uso della cannabis è regolamentato dal Testo Unico in materia di stupefacenti, il Decreto del presidente della Repubblica n. 309/1990. Con questa legge lo spaccio di cannabis è illegale, ma l’uso personale non è considerato un reato penale, bensì un illecito amministrativo punibile con sanzioni amministrative come la revoca/sospensione della patente, del porto d’armi o del permesso di soggiorno. L’uso di cannabis a scopo terapeutico è consentito, ma soltanto sotto prescrizione medica. Mentre la coltivazione di canapa è legale soltanto per prodotti a scopo tessile, con un minimo contenuto di THC che non può superare la soglia dello 0,6%.

Inizialmente la legge non forniva linee precise sulle quantità per distinguere l’uso personale da attività equiparabili allo spaccio, quindi spettava ogni volta al giudice interpretare quale fosse il limite quantitativo di distinzione. Con il decreto attuativo dell’11/06/2006, il Ministero della Salute ha stabilito che rientra nella sfera dell’uso personale il possesso di massimo 1 gr. di cannabis.

La stessa legge stabilisce anche che “tenere, regalare, cedere, spedire e vendere semi di cannabis non è reato. Mettere un seme in un vaso innaffiarlo e coltivare una pianta è un reato punibile con pena della reclusione da due a sei anni e con una multa da 5.164 a 77.468”, nel caso di piante e semi di origine non certificata e contenenti un indice di THC superiore alle 0,6%.

DECRETO SCUOLE SICURE CONTRO LO SPACCIO TRA MINORI. UNO SPRECO DI RISORSE? –  La portavoce Antonella Soldo ha criticato l’iniziativa del Governo, in particolare il Decreto Scuole Sicure: “La cannabis è già libera in questo paese, rendiamola legale. Riapriamo un dibattito sulle possibilità di cura, sulle possibilità di ricerca scientifica e su come rendere il consumo più consapevole nei cittadini. È questa la via secondo noi, e non quella di un Governo che continua a reprimere. Una repressione che punta talmente al basso che, in questo momento, è arrivata nelle scuole con operazioni come Scuole Sicure che portano le Forze dell’Ordine, i cani, le Volanti nelle scuole, a perquisire classe per classe gli studenti, per trovare, qua e là, forse, qualche spinello. Facendo sentire, impauriti, umiliati e criminalizzati gli studenti italiani. Non è questa la strada: legalizziamo”.

Fortemente voluto e sponsorizzato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, il Decreto Scuole Sicure, entrato in vigore lo scorso settembre e finanziato con un fondo complessivo di 2,5 milioni, ha portato – stando agli ultimi dati riportati dal sito del Ministero dell’Interno datati 24 gennaio – al sequestro di oltre 5 kg di droga e all’impiego di 4.623 agenti impiegati in 3.846 operazioni per un totale di 375 illeciti contestati e 4 arresti. Dati che lasciano molte perplessità per l’ingente quantità di soldi e agenti impiegati a fronte di un bottino sequestrato davvero minimo se calcoliamo che – sempre come riportato dal sito del Ministero dell’Interno- solo nel mese di dicembre le scuole interessate sono state 249.

Al di là dei numeri, che comunque fino a questo momento confermerebbero la poca effettività del decreto, rimangono difficilmente comprensibili i motivi che possano spingere un Governo a cercare di combattere il commercio e lo spaccio della droga attraverso la coercizione dei consumatori, in questo caso per la maggior parte minorenni, che porterebbe soltanto a risultati di repressione e, potenzialmente, potrebbe andare ad aumentare il già alto livello di diffidenza in Italia tra cittadini e forze dell’ordine. Queste operazioni sembrano infatti una goccia nel mare del grande commercio illegale di stupefacenti, cannabis compresa, gestito dalle criminalità organizzate.

DATI SUL COMMERCIO ILLEGALE DI CANNABIS– Se i risultati del decreto Scuole Sicure non attestano grandi successi, i numeri riguardanti il commercio illegale di cannabis, gestito dalle organizzazione criminali, sono decisamente di tutt’altra levatura. Stando alla relazione del 2018  sui dati allo stato di tossicodipendenze in Italia (aggiornata al 2017), si stima che il consumo di sostanze stupefacenti in Italia generi un giro di affari di circa 14,4 miliardi di euro, di cui il consumo di derivati della cannabis costituirebbe il 28%, dunque 4,1 miliardi. La relazione attesta anche che in Italia il numero di consumatori girerebbe intorno a 6,2 milioni di persone, cifra che garantisce al nostro Paese il terzo posto come consumo di cannabis in Europa, dopo Francia e Danimarca. Numero allarmante, considerato che la quasi totalità di queste persone si rifornisce in maniera illegale e dunque non ha certezze sanitarie sulla qualità del prodotto acquistato.

Un’inchiesta del 2015 portata avanti dal mensile dei consumatori Il Test dimostra che la marijuana che circola nelle piazze di spaccio italiane è frutto di una selezione genetica e in molti casi conterebbe un contenuto di THC pari al 10%, perdendo dunque il suo status di droga leggera e avvicinandosi di più a quello delle droghe pesanti.

Nonostante ci sia anche stato un aumento delle operazioni antidroga- esclusivamente di rilevanza penale- dell’8% rispetto al 2016, i numeri precedentemente citati confermano ulteriormente le parole della Soldo: seppur illegale, in teoria, la cannabis e le altre droghe girano nel nostro paese in quantità tale da poter dire di essere, a livello prettamente pragmatico, quasi “libera”.

Potrebbe essere dunque molto vantaggioso legalizzare e conseguentemente regolamentare, come d’altronde hanno già fatto altri paesi, la cannabis, per motivi innanzitutto legati alla qualità dei prodotti e alla salute dei consumatori, soprattutto i più giovani, ma anche per questioni economiche legate al mondo del lavoro e alla lotta alla criminalità organizzata. Una corretta regolamentazione, secondo i promotori del decreto legge, aiuterebbe anche una seria comprensione della questione della legalizzazione della cannabis che fino ad ora è andata incontro a molte demonizzazioni e preoccupazioni infondate.

Emblematico in tal senso, un sequestro preventivo subito da un proprietario di un negozio di cannabis light (la cannabis con contenuto di THC inferiore allo 0,6%, sotto il quale non si registrano effetti stupefacenti o psicotropi, messa in commercio nel 2017 con la legge n.242 del 2 Dicembre 2016) lo scorso ottobre in seguito ad alcune segnalazioni. Il proprietario ha però vinto il ricorso in Cassazione che ha certificato le regolarità dei suoi prodotti.

Questi prodotti continuano a destare dubbi, gli ultimi sono stati sollevati la scorsa estate dal Consiglio Superiore di Sanità (CSS) che ha chiesto di fermare la vendita della cannabis light perché non può essere esclusa la pericolosità. A tali richieste sono seguite le rassicurazioni del Ministro della Salute Giulia Grillo che ha escluso il divieto della vendita, affermando che si ritengono più che altro necessarie delle ulteriori regolamentazioni, tra cui il divieto di vendita ai minori.

IL PROBLEMA DELLA COLTIVAZIONE DELLA CANNABIS TERAPEUTICA IN ITALIA- Se nel caso del consumo e del commercio di cannabis si registrano numeri da capogiro, si attestano numeri decisamente modesti per la produzione della cannabis a scopo terapeutico. Infatti in Italia la produzione, autorizzata nel solo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, è insufficiente a soddisfare la richiesta. Pertanto la scorsa estate, la Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, ha chiesto al Ministro Grillo di estendere la possibilità di coltivazione ai privati, misura che, secondo le loro stime, potrebbe generare 10mila posti di lavoro. Il ministro ha accolto con apertura le loro istanze ma, per ora, non si registrano cambiamenti concreti.

LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS NEL RESTO DEL MONDO- L’Italia non è comunque l’unico paese dove è illegale il consumo di cannabis, risulta essere in linea con gran parte del resto del mondo, anzi, in un confronto paradossale con altri paesi, risulta addirittura flessibile.

Il primo paese ad aver legalizzato la vendita e la coltivazione di cannabis, rendendo la sua produzione un monopolio di Stato, è stato l’Uruguay, nel 2013, grazie alla legislazione firmata dall’allora presidente José Mujica. Il processo di legalizzazione ha comunque richiesto diverso tempo per attuarsi. Nell’agosto del 2014 è stato consentito coltivare un massimo di sei piante in casa e la formazione di club per il consumo; nell’ottobre dello stesso anno sono iniziati ad essere registrati i club e i circoli di coltivatori e soltanto nel 2017 le farmacie sono state autorizzate a vendere la cannabis.

Negli Stati Uniti, dove a livello federale è illegale per qualsiasi uso, i primi stati a consentire l’uso ricreativo sono stati il Colorado e Washington. Sulla loro scia, sono seguiti l’Alaska, l’Oregon, Washington D.C., California, Massachussets, Maine, Nevada e Vermont. È paradossalmente legale nello stato autoritario della Corea del Nord, dove non è neanche considerata una droga. In Europa, invece, paesi come l’Olanda e Spagna per quanto vietino formalmente il consumo e la vendita di cannabis in pubblico, la consentono in luoghi specifici: coffee shop (Olanda) e social club (Spagna). L’ultimo paese in ordine cronologico a legalizzare la cannabis è stato il Canada che, attraverso il Cannabis Act dello scorso 20 giungo, ha permesso l’uso ricreativo della sostanza e di coltivare fino a un massimo di 4 piante a domicilio.

Stando ai dati – ancora parziali data la poca longevità delle misure di legalizzazione attuate – forniti da diversi studi sui paesi che l’hanno legalizzata, possiamo notare come i vantaggi economici sono davvero ingenti.

Nel 2016 in Colorado, dove si può acquistare marijuana nei negozi dai 21 anni in su, o nei centri medici con prescrizione, la domanda di cannabis soddisfatta dal mercato nero è stimata sotto il 25%, mentre il rimanente 75% è sotto il controllo dello Stato e dunque sottoposta ad imposte. Non vi è neanche in alcun modo confermato l’aumento dei consumatori che rimane abbastanza stabile, diminuendo tra i minori e aumentando tra gli adulti.

Dato che può sembrare allarmante e confermare, solo apparentemente le motivazioni dei proibizionisti, è la crescita del numero dei ricoveri legati direttamente alla cannabis che, però, può essere dovuto soltanto alla maggior tranquillità con cui i consumatori si rivolgono alle strutture sanitarie, non rischiando più per l’appunto sanzioni amministrative e penali. La legalizzazione potrebbe, per questo motivo, favorire una corretta conoscenza e cognizione di causa sugli usi e i pro e i contro della sostanza.

Nel solo Colorado, stato di poco più di 5 milioni di abitanti, si è sviluppato un giro di affari  stimato intorno ai 3,7 miliardi di dollari che ha portato alla nascita di centinaia di aziende, alcune che fatturano anche milioni, con la creazione di 27mila nuovi posti di lavoro. Non vanno considerati soltanto i benefici dati dalla coltivazione e dalla vendita al dettaglio, ma anche quelli apportati secondariamente allo sviluppo di trasporti, pubblica sicurezza,  mercato immobiliare, compagnie di assicurazione, laboratori di analisi e mercato alimentare.

Il solo paese che sembra smentire questo trend è l’Uruguay, dove a causa del prezzo inferiore della marijuana venduta illegalmente e delle pressioni esercitate dalle organizzazioni criminali sulle farmacie che vendono cannabis legale, non si sono riscontrati i cambiamenti positivi dei paesi nordamericani.

QUALI VANTAGGI PER L’ITALIA?- Le stime fatte su un’ipotetica legalizzazione della cannabis in Italia, forte anche dei dati incoraggianti provenienti dai paesi che hanno legalizzato, attestano la possibilità di grandi vantaggi per il paese. Uno studio dei professori dell’Università di Messina Piero David e Ferdinando Ofria dimostra che le imposte su un mercato legale e regolare della cannabis genererebbe un gettito fiscale compreso tra i 6 e gli 8,7 miliardi di euro. Tra i benefici diretti potrebbe comportare anche una notevole riduzione della spesa attualmente operata per la repressione. Si stima un risparmio di 541 milioni di euro per le spese di magistratura e di 228 milioni di euro per le spese dell’ordine pubblico e della sicurezza.

LE CAMPAGNE DEI RADICALI ITALIANI-  Sono questi i dati su cui fanno forza gli attivisti di WeeDo che hanno manifestato a Montecitorio ma anche in altre città d’Italia come Parma, dove hanno tenuto la loro campagna di sensibilizzazione il 22, 23 e 24 marzo in Via Mazzini, dove torneranno il 13-14 aprile.

Per capire qualcosa di più di questa campagna e dei suoi intenti, abbiamo parlato con Marco Maria Freddi, esponente dei Radicali Italiani e consigliere comunale di Parma con il gruppo Effetto Parma.

Freddi spiega che la campagna per promuovere la legalizzazione della cannabis è solo una delle tante battaglie che contraddistinguono i Radicali Italiani, un’iniziativa che si lega saldamente a tutte quelle battaglie, come l’eutanasia,  che nascono dalla lotta al proibizionismo.

“L’antiproibizionismo nasce con l’idea che tutto ciò che sono le facoltà umane non possono essere bloccate. – commenta Marco Maria Freddi – Se rendi legale ciò che è una facoltà umana a quel punto la governi. Dunque l’antiproibizionismo è il governo delle facoltà umane. Questo vale per tutto, non mi riferisco soltanto alla cannabis”.

Tra gli obbiettivi di WeeDo, si evidenzia l’importanza di controllare e regolamentare la cannabis, certificandola sanitariamente e geograficamente:”Il punto è l’autocoltivazione libera, questa è un qualcosa a cui noi assolutamente puntiamo, altri non l’hanno messa nel loro disegno ma l’autocoltivazione è molto importante in funzione di quello che è il consumo di cannabis per le cure mediche. La possibilità di creare i cannabis social club, la coltivazione e la commercializzazione della cannabis diretta, come può avvenire in un paese sufficientemente sviluppato, porterebbe poi tanto lavoro. Anche la coltivazione e la vendita diretta. Nella nostra proposta chiediamo che ci sia specificato il livello di THC e la provenienza geografica: trattare la marijuana esattamente come si fa per l’alcol, come si fa per il tabacco, né più né meno“.

Una regolamentazione che garantirebbe più garanzie e consapevolezze per i consumatori. “È qui che si innesta il meccanismo, – continua Freddi – riuscire a fare quelle campagne di dissuasione di abuso di consumo di sostanze, perché la marijuana non è diversa dall’alcol, l’alcol non è diverso dalle sigarette. Sono tutte sostanze che possono fare male alla salute se se ne abusa, per cui ci vuole un consumo consapevole. Noi vogliamo creare consapevolezza del consumo. Sappiamo che ci sono migliaia di morti all’anno per abuso di alcol, non esiste un solo morto certificato per abuso di cannabis, con questo non vuol dire che fa bene fumarla o assumerla in un altro modo, ma sicuramente nel momento in cui tu rendi non legale una sostanza, non puoi neanche fare ricerca scientifica”.

Perché in Italia ci sono ancora forze politiche e tante persone restie alla legalizzazione della cannabis? “Ci sono due spiegazioni, – spiega Freddi – una è di tipo generale mondiale nata nel ’73, ovvero la guerra alla droga che poi si è risolta con la guerra ai drogati, la guerra a chi utilizza le sostanze che di certo non ha fermato le mafie e i loro guadagni. La Commissione Antimafia afferma che sono la terza realtà industriale italiana. Poi, in maniera ipocrita, ci stupiamo che vengono a Parma e comprano le pizzerie, gli appartamenti, le fabbriche… All’estero comprano anche i Governi. Se tu non legalizzi, apri questo grande spazio alle mafie che così riescono ad avere tantissimo denaro da riciclare e acquistano tantissime attività”.

“C’è sicuramente un retaggio mondiale, nel mondo occidentale, sul concetto di sostanza stupefacente – continua Freddi – ma noi, in Italia, ancor più che in altri paesi, sulle sostanze e anche sull’eutanasia, abbiamo un retaggio legato al controllo sociale che i partiti e la Chiesa Cattolica hanno sempre esercitato sulla nostra libertà. La libertà di poter disporre del proprio corpo e di fare le proprie scelte in libertà, ahimè, crea un meccanismo, come dire, di non controllo. Noi abbiamo subito questo controllo dalla Chiesa cattolica, dal Partito Comunista e dalla Democrazia Cristiana fino all’89. Oggi si sta ripetendo in altro modo, ma non  si pensi che gli altri partiti della cosiddetta ‘sinistra’ non siano legati a questo tipo di retaggio. La realtà è che noi facciamo fatica a leggere i numeri. Facciamo fatica a immaginare che la scienza e i numeri valgono molto di più dei nostri approcci morali”.

Sarcastico sulle prese di posizione dell’attuale Governo, Freddi commenta come “il moralismo supera il governo delle cose e il buon senso delle cose, allora è meglio mettere in galera tutti. Tutti in galera, 4 milioni di italiani che hanno fatto consumo, occasionale soprattutto, nell’ultimo anno, secondo questo Governo, dovrebbero andare in galera. Che inizino ad aumentare le case circondariali, che aumentino le galere perché 4 milioni di persone sono tantine da mettere in galera. Oggi già esplodiamo con 60mila persone, di cui il 40% inutilmente in galera e un altro 50% che potrebbe far altro invece di stare ditero alle sbarre per pagare l’errore che ha commesso in società. Ma questo è un altro discorso…”.

di Angelo Baldini

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