Legittima difesa: i rischi di una cattiva informazione

BENCHÈ NON PORTI A CAMBIAMENTI SOSTANZIALI, IL PROBLEMA È COME È STATA PRESENTATA

Pochi giorni dopo l’approvazione alla Camera dei Deputati dello scorso 6 marzo e del via libera della Commissione di Giustizia, il 28 marzo la riforma della legittima difesa promossa dalla Lega è stata approvata anche in Senato con 201 voti a favore, 38 contrari e 6 astensioni. Recepito in maniera molto eterogenea dai diversi leader politici, il placet del Ddl è stato subito accolto trionfalmente da Matteo Salvini che, lo stesso giorno sulla propria pagina Facebook, ha celebrato la riforma: “Giornata storica! La vittoria per la legittima difesa dimostra, ancora una volta, che volere è potere!”.

IL CASO PEVERILa riforma della legittima difesa è stata, alle scorse elezioni, uno dei cavalli di battaglia della Lega, e ha fatto molto discutere non solo per il testo in sé, quanto per alcuni episodi, tra cui la visita di Salvini all’imprenditore Angelo Peveri e del suo dipendente Gheorge Botezatu, detenuti alla Casa Circondariale delle Novate di Piacenza. Il ministro dell’Interno è andato a far visita ai due uomini lo scorso febbraio, sostenendo l’illegittimità della loro condanna e promettendo anche che la riforma della legittima difesa, pur non potendo avere un effetto retroattivo sulla condanna dell’imprenditore, “eviterà dei problemi e spero metterà qualche timore in più ai rapinatori. […] Per carità, continueranno ad esserci furti e rapine, però uno sa che se entra in una proprietà privata in Italia rischia di più rispetto a quello che rischia oggi”.

La sera del 5 Ottobre 2011, tre ladri entrarono illecitamente nel cantiere edile di Peveri che, avvertito dall’allarme dell’antifurto, li mise in fuga armato di un fucile a pompa insieme a Botezatu. Peveri sostenne di aver sparato 3 colpi in aria, ma secondo la ricostruzione accertata dalla sentenza, con uno dei 3 colpi ferì a un braccio uno dei malviventi. Negli anni Peveri ha denunciato 40 furti ma ha comunque affermato di averne subiti di più. Quella sera, dopo i colpi, uno dei ladri, Jucan Dorel, tornò sul luogo per recuperare la loro auto. Al cantiere venne colto di sorpresa da Peveri e Botezatu che lo immobilizzarono e lo costrinsero a inginocchiarsi, sbattendogli anche il volto contro il terreno. Il ladro venne, inoltre, ferito con un colpo di fucile.  Peveri ha sempre sostenuto che quel quarto colpo partì per sbaglio, per lo spavento di essere incappato nel buio in Dorel. La ricostruzione della perizia balistica smentisce la sua versione e attesta che il colpo fu esploso da poco più di un metro, dall’alto verso il basso. Dorel, sopravvissuto con diverse lesioni ai polmoni, ha patteggiato insieme ai due suoi complici una pena di 10 mesi per tentato furto di gasolio, mentre Peveri e Botezatu sono stati condannati a 4 anni e 6 mesi per tentato omicidio il primo, e 4 anni e 2 mesi per tentato omicidio in concorso il secondo.

Tra le tante manifestazioni di affetto ricevute dall’imprenditore da diversi comitati, quelle del ministro dell’Interno non sono state gradite dalla giunta ANM (Associazione Nazionale Magistrati) dell’Emilia-Romagna, che ha sottolineato come la legittima difesa in questo caso non è mai stata invocata, neanche dall’imputato, in quanto non si è trattato di una reazione ad un’aggressione in atto, ma di una rappresaglia commessa in assenza di pericolo a cose e persone”. Nella nota, la giunta ha anche paventato i possibili rischi di una delegittimazione dell’operato della Magistratura le cui sentenze possono sì essere criticate ma non ignorate nella ricostruzione dei fatti in esse contenuta”.

LA RIFORMA DELLA LEGITTIMA DIFESA COSA PREVEDE – Nel confusionario avvicendarsi delle dichiarazioni politiche, per fare chiarezza e spiegare in cosa consiste effettivamente questa riforma della legittima difesa, abbiamo parlato con tre esperti del settore: l’avvocato civilista e penalista Anna Mondola, l’avvocato penalista Marco Caliendo e il Sostituto Procuratore della Repubblica Corrado Cubellotti.

Prima di entrare nel merito della spiegazione delle modifiche apportate dal decreto legge, c’è un elemento da tenere in considerazione: il nuovo decreto legge apporta delle modifiche all’ordinamento preesistente, ma non introduce nessuna novità assoluta. La materia della legittima difesa è infatti disciplinata dal codice penale dall’articolo 52 che individua le ‘scriminanti’, ovvero le ipotesi secondo le quali la difesa di un soggetto aggredito risulta legittima, dunque non sanzionabile e penalmente rilevante. Per essere legittima la difesa deve necessaria a difendere un diritto proprio o altrui, come l’incolumità e la vita, e proporzionata all’offesa subita. 

Quest’articolo era già stato in parte modificato nel 2006, dalla legge n.59 del 2006: “Nel 2006, proprio in risposta ad un’esigenza che era quella di porre un freno alle violazioni di domicilio, ai furti in appartamento, alle rapine, per permettere alle persone di difendersi dalle aggressioni ingiuste che subivano nel privato della loro sfera privata, e soprattutto nell’intimità delle loro abitazioni, viene fatta una prima riforma di quest’articolo, con la modifica del secondo comma”, spiega Cubellotti. La modifica di questo secondo comma introdusse una presunzione di proporzionalità tra difesa e offesa nei casi in cui un soggetto venisse aggredito all’interno della propria dimora. Questa modifica fu un rafforzativo, ma rispettava i principi costituzionali secondo i quali, nella gerarchia di valori, la vita e l’incolumità di una persona vengono sempre prima del patrimonio e di qualsiasi altro bene materiale. La presunzione di proporzionalità era quindi sempre imbrigliata dalle ‘scriminanti’ stabilite dall’articolo 52.

A tal proposito il Sostituto Procuratore Cubellotti precisa: “I presupposti  affinché operi questa presunzione di sussistenza della proporzionalità sono che la difesa, che il soggetto aggredito realizza a seguito della violazione di domicilio che ha subito, deve essere finalizzata a difendere o la propria incolumità, o quella dei propri cari, oppure i beni materiali. Ma quando? Quando non vi è desistenza da parte dell’aggressore e vi è pericolo di aggressione. Perché questo si realizzi è necessario però che ci sia l’aggressione, dunque un’offesa che sia diretta contro il diritto proprio o altrui, principalmente l’incolumità, o anche ai beni quando si verifica all’interno dell’abitazione. Non deve però essere un’aggressione al bene in sé, ma un’ aggressione anche all’incolumità. Vuol dire che se uno ti entra nel giardino e ti sta rubando la macchina, tu dalla finestra non gli puoi sparare come se stessi sparando ad un piccione”.

Il testo del decreto legge approvato pochi giorni fa in Senato è composto da nove articoli che prevedono: che la difesa in casa propria è sempre legittima; l’introduzione del concetto di ‘grave turbamento’ tra le cause di non punibilità per eccesso colposo; che la sospensione condizionale della pena, ovvero la sospensione di una condanna che non supera i due anni di reclusione, viene concessa soltanto dietro integrale pagamento del risarcimento danni alla vittima; l’inasprimento delle pene per delitto di violazione di domicilio, che da 1 a 4 anni di reclusione diventa da 2 a 6 anni; l’inasprimento per i delitti di furto e rapina fino a 6 e 7 anni.

LEGITTIMA DIFESA FINO AD UN PUNTO – A differenza delle modifiche apportate nel 2006, seppur consistendo nella semplice aggiunta di avverbi come ‘sempre’ per la sussistenza della proporzionalità tra offesa e difesa, queste modifiche potrebbero rivelarsi pericolose e lanciare il messaggio sbagliato.  Le maggiori contraddizioni vertono su due punti fondamentali: sulla modifica della sussistenza di proporzionalità tra la difesa e l’offesa, che sussiste ‘sempre’ secondo la riforma; e sull’introduzione della necessità di difesa in caso di ‘di grave turbamento’, uno stato psichico non ben definito, che esclude ogni eccesso colposo da parte di un soggetto che si difende.

Se da una parte, la riforma potrebbe addirittura incorrere nella censura da parte della Corte Costituzionale perché potrebbe paventare il serio rischio di porre il patrimonio al di sopra della vita di una persona, dall’altra potrebbe essere soltanto un rafforzativo e una ripetizione di quanto già previsto dall’ordinamento giuridico. Per esempio, in merito all’introduzione dell’avverbio ‘sempre’, Cubellotti afferma: “Questo avverbio crea una frizione con la precedente disciplina perché in pratica consente, anche al di fuori dei presupposti previsti, di difendere i beni patrimoniali. Ma potrebbe essere semplicemente un rafforzativo, inutile, di quanto già scritto. Se optiamo per la prima tesi, andremmo con una legge ordinaria, qual è quella del codice penale, a creare una frizione con i principi costituzionali che mettono al centro la persona che nella gerarchia viene prima rispetto al patrimonio. Se noi ammettiamo questo, considerata anche la legislazione sovranazionale, in particolare la Carta Cedu, e quanto affermato in materia di diritti di difesa dalla Corte di Giustizia, dove addirittura si parla di eccezionalità dell’uccisione di un uomo, solo in particolari situazioni può essere ammessa la morte di un uomo. Il rischio è dunque che questa norma può essere considerata anticostituzionale.”

In definitiva, il Procuratore bolla come inutili queste modifiche, non mancando di evidenziare i rischi che possono comportare una scorretta propaganda e sensazionalistica pubblicizzazione, causando una deficitaria informazione: “Io ritengo, anche alla luce delle recenti sentenze della Corte di Cassazione, che questa riforma non serviva perché è a mio avviso, tra la proclamazione di intenti e gli effetti pratici che realizza, c’è un evidente sproporzione. L’unico effetto, anche pericoloso, che può creare è far credere all’opinione pubblica che si sia legittimati ad abusare delle armi o dei mezzi di difesa in maniera eccessiva rispetto a quella che poi è la realtà del dato normativo. Quindi io credo che siccome non sia cambiato molto, l’unico pericolo reale che si corre è quello di far credere alle persone che ci siano dei margini maggiori per fare ricorso all’uso delle armi e per autodifendersi. Questo è un grande rischio. Il messaggio che deve veicolare è che fino a quando la persona vale più del patrimonio non sarà mai autorizzato un utilizzo indiscriminato delle armi anche invocando una presunta legittima difesa per far sì che il patrimonio prevalga sulla persona. Anche laddove si ammetta la legittima difesa lo si fa sempre con delle strettoie che tendono a contemperare i due beni in maniera tale che non ci sia una prevalenza assoluta del valore patrimoniale sul valore della vita della persona”.

Su una scia simile, si colloca il giudizio dell’avvocato Mondola, che non nasconde i suoi timori e paventa gravi conseguenze: “ Uno Stato che non è più presente, non è più efficiente e che con queste riforme vuole sopperire alle sue deficienze delegando il cittadino ad esercitare una sorta di giustizia arbitraria. È una riforma un po’ tribale per uno stato di diritto e va guardata con un po’ di sospetto soprattutto quando ne vedremo gli effetti sul piano pratico. Secondo il mio parere, nonostante l’approvazione si può ipotizzare un ritorno al far west che legittima la vendetta privata. In seguito all’entrata in vigore della legge si teme una crescita per gli acquisti di pistole ed armi da fuoco”.

Di diverso avviso l’avvocato Caliendo che accoglie con favore la riforma, di cui non evita però di evidenziare le possibili conseguenze di una cattiva informazione: “Secondo la mia personalissima opinione, da operatore del diritto, le piccole modifiche apportate dalla riforma sono da ritenersi positive: garantiscono maggiormente l’aggredito, che può contare su una valvola di sicurezza del sistema (il nuovo quarto comma dell’articolo 52 del codice penale) senza incorrere nel ‘rischio’ della valutazione eccessivamente discrezionale del giudice. Se la riforma non viene spiegata in dettaglio, con la dovuta accuratezza e scevra di qualsivoglia influenza ideologica e politica, c’è il serio rischio che il cittadino medio si senta da un lato troppo garantito e/o, viceversa, avverta l’assoluta mancanza di tutela dell’incolumità fisica di chi commette i reati in oggetto. Paradossalmente, in Italia succede anche questo”.

di Angelo Baldini

 

 

 

 

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