Qualcosa di nuovo per cambiare il mondo: intervista su AIESEC

LA FONDATRICE DI AIESEC PARMA ARIANNA HERRERA CI SPIEGA COSA SI PUO' FARE CON AIESEC PER CAMBIARE IN MEGLIO UNA REALTÀ ALL'ESTERO E COME SI CRESCE ASSIEME

AIESEC è l’Associazione internazionale studenti economia e commercio, ora aperta a tutti  gli studenti, fondata nel 1948 a Rotterdam da 6 studenti. I suoi valori sono l’eccellenza, il rispetto della diversità, la responsabilità, la sostenibilità, la partecipazione, il dare buon esempio. AIESEC propone progetti di volontariato internazionale, viaggi volontariato, stage e lavoro all’estero. Abbiamo intervistato Arianna Herrera, fondatrice e vicepresidente Risorse Umane di AIESEC Parma, nonché studentessa del corso di laurea in Sistema alimentare dell’Università di Parma. 

Arianna, quando e come sei entrata a far parte di AIESEC?

Io ho iniziato a far parte dell’associazione a fine settembre 2018. Conoscevo già l’associazione per motivi miei personali, sapevo che è un’associazione molto valida, che è un ottimo punto di contatto fra il mondo del lavoro e l’università. Ero interessata ad acquisire competenze un po’ più pratiche perché non ho mai lavorato, oltre a fare la cameriera, che non so se mi potrà tornare utile in futuro. Ero interessata a possedere competenze legate al mio corso di studi e nel frattempo a fare curriculum. AIESEC ha sede in 126 Paesi del mondo: siamo la più grande associazione studentesca del mondo.

Quindi tutti quelli che ci lavorano vanno dai 18 ai 30 anni?

Esatto. È un’associazione di giovani, studenti o meno, dai 18 ai 30 anni. L’obiettivo di AIESEC è quello di sviluppare la leadership attraverso esperienze internazionali, quindi che aiutano la comprensione e la cooperazione internazionale.

AIESEC è apartitica, areligiosa e no-profit. Quello che puoi sviluppare all’interno dell’associazione sono le competenze di soft skills, che sono quelle che mi permettono di differenziarmi dagli altri.

Però, oltre a questo,  il nostro obiettivo è quello di fare del bene perché proponiamo delle esperienze sì professionali, quindi di tirocinio all’estero, però anche di volontariato. Infatti, dal 2015 siamo partner ufficiali dell’ONU e tutti i nostri progetti sono allineati con gli obiettivi dell’Agenda 2030.

In base a quello che vuoi fare tu, se per esempio studi ecologia e vuoi fare qualcosa legato all’ecosostenibilità, ci sono dei progetti che perseguono l’obiettivo 13 del’Agenda, che è quello legato all’azione climatica, e allora puoi andare a fare esperienze legate a quell’obiettivo, che può essere lavorare in una ONG che promuove il fundraising per salvare le tartarughe, oppure l’eliminazione della spazzatura della plastica, o ancora insegnare nelle scuole un comportamento responsabile e sostenibile.

Io avevo letto che a Parma due anni fa AIESEC cercava volontari per aprire la sua sede.

Una volta l’associazione c’era a Parma, ma ti parlo all’epoca dei miei genitori, quindi 30 anni fa. Poi io sono venuta a studiare qua. Conoscevo già l’associazione per un semplice motivo: i miei genitori si sono conosciuti in questa associazione. Mio padre è venuto qua a fare un tirocinio e ogni tanto ci sono delle conferenze, che  si tengono ogni tre mesi. Queste conferenze, in Italia per esempio, hanno tutti i comitati d’Italia presenti, e servono per fare una sorta di “aggiornamento” e di planning delle strategie per i prossimi mesi: in una di queste mio padre ha conosciuto mia madre.

Quindi tutti i membri della mia famiglia ne hanno fanno parte. Sono venuta a Parma, mi sono iscritta all’università, mi sono detta: “Voglio anch’io far parte dell’associazione”. Solo che non c’era la sede, quindi AIESEC mi ha detto: “Se vuoi siccome siamo in un periodo in cui cerchiamo di aprire nuove sedi, lo puoi fare anche tu, come stiamo facendo a Urbino, a Roma Tor Vergata..”.

…dove ci sono le sedi universitarie.

Esatto, però magari un po’ più piccole come Lecce o Cagliari.

Io ricordo Padova.

Però sono già contesti più grandi: Padova è una realtà universitaria più grande di Parma. AIESEC mi ha chiesto di fondare il comitato, sono partita da sola, a settembre scorso.

In quanti siete ora?

Siamo 10 persone, e ognuno ha una competenza diversa. Di solito chiediamo di fare  turni di rotazione delle cariche interne al comitato locale, per permetterti di sviluppare diverse competenze e capire quello che è meglio per te e affinché i comitati che si stanno espandendo trovino la formazione vincente.

Dunque gli studenti arrivano nella vostra sede in via Grossardi e vi dicono: “Io avrei in mente di andare in un paese estero per fare volontariato o per fare tirocinio” e voi allora date loro informazioni.

Sì, in base a come  siamo divisi c’è l’area apposta che si chiama ‘Outgoing Global Volunteer’ che si occupa di accogliere le persone che sono interessate a partire con l’associazione e di seguire le loro pratiche. Quindi si spiega ai visitatori cos’è AIESEC innanzitutto, quali sono le opportunità che si presentano e quali sono le tempistiche, perché noi essendo piccoli, appena nati, non siamo un comitato, siamo chiamati Expansion, perché appunto ci stiamo espandendo. Abbiamo delle tappe da fare per diventare comitato, e quindi all’interno di questa categoria possiamo offrire solamente esperienze di volontariato, non tirocinio. Esperienze che però comunque possono essere riconosciute come tirocini, solo che non sei retribuito. Invece il tirocinio vero e proprio, oltre ad essere retribuito,  è dedicato solo ai laureati, mentre per i volontari non c’è questo vincolo del titolo di studio, o di competenze particolari.

Quando uno si sente di partire lo fa.

Esatto. Quindi la sede dà all’interessato le informazioni sulle tempistiche (un’esperienza di volontariato va dalle 6 alle 8 settimane, non è come in quelle associazioni di volontariato dove parti e stai via un anno). È una cosa che puoi fare anche  durante il periodo di studi, ti permette di sviluppare una lingua, e comunque fa sempre curriculum.

E quindi la sede si occupa di tutta la pratica: se decidi di partire paghi €300 come cifra standard, sia che stai via 6 o 8 settimane, e che copre vitto e alloggio.

Per qualunque paese estero la cifra è la stessa?

Sì, poi sta a te il volo e l’assicurazione. Però noi abbiamo anche partner per l’assicurazione, ci sono delle scontistiche, ecc.

Se uno vuole fare il tirocinio può durare 3 mesi o anche 6 mesi?

Dai 3 fino ai 12 mesi. Ci sono due tipi diversi di tirocinio: quelli nelle startup, chiamato ‘Global Enterpreneur’, dove devi essere laureato, però non sei retribuito; fai esperienza, e sono un pochino meno fiscali per quanto riguarda i requisiti. Mentre per quanto riguarda il ‘Global Talent’, che è quello invece in aziende grandi, ci sono concorsi che uno può fare, quindi in base alla tua posizione in graduatoria, cosa molta più selettiva, devi avere un titolo di studio, devi avere certe competenze, e sei retribuito.

Nella sede lavorano studenti del tuo corso o di altri corsi?

In totale sono 10: tre del mio corso; due ragazze di infermieristica; una ragazza di psicologia; una ragazza che lavora in Chiesi, però le piaceva l’iniziativa ed è vicepresidente OGV; un ragazzo che studia Trade Marketing, che praticamente è il vicepresidente Marketing; e poi una ragazza che fa economia e una che fa medicina, che è presidente.

Siamo quindi misti, ma con un obiettivo comune sostanzialmente.

Poi siamo divisi in aree, quindi c’è il presidente generale, poi ci sono i vice in base alle aree, il vice del Marketing, il vice dell’Outgoing Global Volunteer, e poi il vice delle risorse umane che sono io e poi eventualmente quando saremo più grandi il vice Finanza, che riguarderà la contabilità.

Ci sono già dei ragazzi che partiranno per l’estero?

Sì questa estate partono in tre: due vanno in Brasile e uno va in Grecia, tutti in progetti diversi. Uno legato ai disabili, quindi aiuterà la ONG locale che collabora con noi per dare supporto ai disabili, ad esempio workshop per integrarli nella società; mentre un altro ragazzo che è del mio corso però un anno avanti andrà in Brasile a Recife a fare un progetto di marketing,  dunque sempre per una ONG però avrà un ruolo più manageriale.

Infatti siamo riusciti a fargli ricononoscere questa esperienza dall’Università come tirocinio, essendo lui al secondo anno e dovendo fare almeno 150 ore di tirocinio.

Poi l’altra ragazza va a fare un progetto di educazione, dove andrà dai bambini delle scuole elementari in Brasile a insegnare la cultura italiana in inglese, perché noi usiamo l’inglese come mezzo però l’obiettivo non è quello di insegnare l’inglese, ma tramettere loro la nostra cultura, e anche per noi apprendere la cultura brasiliana, per permettere l’integrazione culturale. Poi lei studia scienze dell’educazione quindi è perfetta per quel ruolo.

Volevo chiederti degli aperitivi linguistici, ne avete fatto uno a marzo giusto?

Sì, volevamo far vedere, in collaborazione con un’altra associazione, agli studenti che siamo presenti a livello universitario, negli eventi culturali, ma anche nella vita universitaria. Siamo anche andati con dei ragazzi di biologia, ‘I monnezzari’, a raccogliere la plastica sul greto della Parma. I nostri obiettivi non li raggiungiamo solamente all’estero, ma siamo presenti qui sul territorio per trasmettere valori agli altri.

Sei soddisfatta di come sta andando?

Sì, sono soddisfatta, i risultati cominciano ad arrivare. Non ti nego che è molto difficile, è molto duro perché  io sono partita praticamente da sola per 2 mesi, poi è arrivato un mio collega, e poi piano piano sono arrivate le altre persone. In 10 è molto meglio.

Però a me piace. Sono una persona con dei valori, quindi penso che l’associazione risponda a queste mie esigenze e in generale perché facciamo una cosa buona, cioè cerchiamo nel nostro piccolo di migliorare le cose.

Anche finita l’Università continueresti a lavorare in AIESEC?

Non lo so, ci sono molte persone che lo fanno. Noi siamo strutturati in questa maniera: c’è il Comitato generale che ha sede in Canada, a Toronto, il quartier generale internazionale, poi ci sono i vari comitati nazionali, divisi a loro volta in aree, che coordinano le sottostanti aree dei comitati locali.

Quindi l’area Marketing dà l’obiettivo da raggiungere per un certo anno e tutti i comitati locali lo devono seguire ovviamente nella loro realtà, però con una linea generale.

Quindi se vuoi puoi scalare l’associazione?

Puoi fare carriera ovviamente, da semplice membro puoi diventare vicepresidente, presidente, tutto questo tramite un’elezione democratica.

Nei comitati nazionali sei retribuito a rimborso spese. C’è tanta gente che ci lavora dietro e quindi funziona bene. AIESEC è un ottimo punto di contatto tra il mondo del lavoro e l’università, quindi cerca di darti un’impostazione da questo punto di vista, come tempistiche, come esigenze, per rispettare la gerarchia del mondo del lavoro.

Noi siamo molto valorizzati dalle aziende, come la PriceWaterHouseCoopers, la Nike, la Electrolux, più di 9000 aziende. Quindi fare un’esperienza in associazione ti fa capire come lavori, perché ricopri cariche importanti, e questo è molto ben visto dai potenziali datori di lavoro.

L’associazione è stata fondata nel 1948,  e conta già 1 milione di Alumni, cioè ex studenti?

Sì, siamo tantissimi, lavoriamo in almeno 100.000 ragazzi provenienti da tantissime università. È incredibile come da 6 studenti si sia creata una grande associazione i cui valori fondamentali sono rimasti gli stessi di una volta.

È bello perché non è morta sul nascere, ma continua a vivere grazie a tutti i giovani che ci lavorano. Poi è bello che ogni 2 anni i miei genitori vadano alla riunione degli Alumni della loro annata. Mio padre fu presidente del comitato nazionale del Messico, tutti i miei amici e parenti sono stati in AIESEC.

L’associazione deve essere un po’ più aiutata dall’Università?

Forse un po’ più promossa, sicuramente ci servirebbe un’altra sede, ora non l’abbiamo, ma la condividiamo con SSU: loro ce la prestano quando dobbiamo fare le riunioni, stiamo lavorando sul nostro riconoscimento.

 

di Fabiano Naressi

 

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