Università e cliché

UNIVERSITÀ PER TUTTI O SOLO PER GIOVANI?

Iscriversi all’Università superati i 40 vuol dire aver pesato i pro e i contro della ricaduta sulla vita quotidiana, lavorativa e familiare. Ma dopo un’attenta analisi vado dritta verso questa nuova avventura. Quando però, anche nelle piccole cose, come la mensa, mi fanno pagare normalmente e non da studente, capisco subito quanto ardua sarà questa impresa. Perché alla mia età, da lavoratrice e mamma, riuscirò a frequentare molto poco, e la vita familiare non mi elargirà tanto spazio da dedicare allo studio.

Il primo giorno che prendo il treno da Milano in direzione Parma mi sento emozionata, sarà la prima volta che vedrò l’Università e conoscerò qualcuno dei miei compagni di corso. In stazione mi aspetta Erika, ha superato i 40 anche lei, ha già frequentato un pochino e mi fa da Cicerone. Facciamo la strada verso la facoltà a piedi e mi spiega che le lezioni sono in varie sedi, tutte molto vicine, e che i professori sono tutti molto disponibili anche se la comunicazione istituzionale e con la segreteria sono un tantino faticose.
Finita la prima lezione ci avviamo presso la mensa universitaria, scegliamo cosa mangiare e ci sediamo tranquille al tavolo consumando rilassate il nostro pasto.
La giornata finisce tardissimo, con il treno in ritardo ma felice di aver intrapreso questo nuovo percorso.

Qualche tempo dopo mi reco da sola in facoltà e vado a pranzare. La signora alla cassa mi chiede se fossi una studentessa perché sono una faccia nuova, e lei lo chiede sempre perché chi non è studente paga di più. Mi dico che in effetti, essendo un pochino avanti con l’età rispetto alla media, ha ragione, era giusto chiedermelo. Pochi giorni dopo mi reco di nuovo in mensa, questa volta con Nicoletta, studentessa anche lei dello stesso corso di laurea, anche lei ha superato da tempo i 40 e per scelta non tinge i capelli, mostrando con serenità la sua chioma brizzolata. Stavolta la signora a cui paghiamo la quota non chiede niente, ed io penso che abbia capito perché sia io sia lei abbiamo in mano la student card.
E invece dopo aver pagato, leggendo lo scontrino, ci accorgiamo che ci ha fatto pagare da non studenti. Penso “poco male, sono pochi euro in più”. Poi all’improvviso rifletto su come, nella nostra cultura da ‘paesani’, lo stereotipo dello studente giovane rimanga fortemente radicato.

Mi è capitato a Milano di frequentare diversi corsi nelle varie università e mai nessuno mi ha chiesto se fossi studentessa o meno; anzi, in un’occasione, in cui partecipavo ad un evento come gruppo di lavoro organizzatore, mi hanno scambiata per studentessa e ricordo come, quasi offesa, feci notare che no, non ero una studentessa.
A distanza di un paio d’anni mi succede l’esatto contrario. E sì, ci sono rimasta male. Non per i pochi euro pagati in più, ma perché la nostra mente non è libera dai cliché, perché non ci permette di guardare oltre un orizzonte libero dai condizionamenti e dalle suggestioni esterne, perché chi ha voglia di studiare non dovrebbe aver superato una certa età, perché il nostro pensiero è imprigionato ed incapace di slegarsi e agire.
Vorrei che alle nuove generazioni fosse insegnato quanto importante sia la cultura e la conoscenza. Che sia per motivi di lavoro o per motivi personali conta poco, l’importante è essere curiosi, fare nuove conoscenze e scoprire nuovi argomenti e nuove culture. E che l’età, quella non importa: per crescere e imparare siamo sempre in tempo.

di Anna Tonia Gabrieli

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