“Il grande carrello”: la responsabilità della Gdo nella scelta dei consumatori

STEFANO LIBERTI, FABIO CICONTE E FRANCESCO MUTTI AFFRONTANO IL TEMA DELLA CATENA DI DISTRIBUZIONE NEI SUPERMERCATI, METTENDO IN LUCE UNA PROBLEMATICA CHE RIGUARDA ANCHE IL CONSUMATORE

Polycart / Flickr

Prima che un prodotto raggiunga gli scaffali dei nostri supermercati deve superare numerosi passaggi, non sempre trasparenti. Stefano Liberti e Fabio Ciconte, ospiti al Festival dello Sviluppo Sostenibile di Parma, hanno affrontato questo tema giovedì 23 maggio durante la presentazione del libro ‘Il Grande carrello‘, nato dalla collaborazione tra il giornalista di Internazionale e il direttore di Terra! Onlus, associazione ambientalista che dal 2008 si occupa di progetti sui temi dell’agricoltura biologica e l’ambiente.  La loro indagine si concentra sulla catena di distribuzione della merce nei supermercati e cerca di comprendere i meccanismi per cui un determinato prodotto finisce sugli scaffali, piuttosto che un altro.

Punto di partenza è la filiera del pomodoro, di cui gli autori hanno incontrato i principali protagonisti: piccoli produttori, braccianti, caporali e grandi imprenditori, come Francesco Mutti, CEO di Mutti S.p.A, anch’egli presente all’incontro. “Abbiamo parlato con i vari attori della filiera. Ci siamo resi conto che nella narrazione di tutte le problematiche – caporalato, campi, sfruttamento – mancava un pezzo della produzione: il pezzo finale, cioè il supermercato”, spiega Liberti.

L’indagine si è così spostata sul rapporto fra la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) e i fornitori. Liberti e Ciconte hanno scoperto che i piccoli agricoltori, non essendo sufficientemente forti sul mercato, sono strozzati dalle condizioni che la GDO impone loro attraverso la pratica dell’asta. Alcune catene di supermercati, in particolare discount, convocano ad un’asta i fornitori di un dato prodotto chiedendo loro di fare un’offerta, ossia di fissare un prezzo sul quel bene. Sulla base di queste offerte, la GDO convoca poi una seconda asta, al termine della quale acquista gli alimenti più convenienti. Questa seconda asta è al ribasso: i fornitori svalutano cioè la propria merce affinché questa venga acquistata ed esposta nei supermercati.

Da sinistra: Giulia Berni, Fabio Ciconte, Francesco Mutti, Stefano Liberti/ ph: Festival dello Sviluppo Sostenibile Parma

Quando vediamo la scritta ‘sottocosto’ dobbiamo cercare di capire chi sta pagando per quel risparmio. Il futuro è considerarsi non semplicemente dei consumatori, ma dei consum-‘attori’ – commenta Ciconte – ma per ricoprire tale ruolo dobbiamo avere delle informazioni che al momento non ci arrivano”. Oltre al rapporto fra produttore e distributore, vi è anche quello fra prodotto e consumatore. Oggi l’offerta nei supermercati è straordinaria, ma la domanda di alcuni alimenti (esempio frutta esotica o cibo fuori stagione) implica necessariamente una maggiore distanza tra la merce e chi acquista. Dunque, se prima si comprava direttamente dal fornitore, sulla base di un rapporto di fiducia, adesso vi sono molti più passaggi intermedi. Ciò accresce la difficoltà per il consumatore di conoscere l’esatta origine del prodotto o la sua qualità. Una delle conseguenze è che oggi, nello scegliere un prodotto piuttosto che un altro, non si valuta più tanto la qualità, quanto il prezzo.

È quindi l’offerta più conveniente ad indirizzare la scelta. Ma, sostiene Liberti, questo nuovo modo di pensare il cibo ne impoverisce il valore. È allora compito della GDO, in quanto principale canale di accesso all’acquisto dei prodotti alimentari, invertire questa tendenza. Un compito che i due autori non a caso assegnano al supermercato: “Provocatoriamente abbiamo definito la Grande Distribuzione il ‘Partito populista ante-litteram “, dice Ciconte. I supermercati sono cioè in grado di capire il sentimento dei consumatori. Soprattutto, hanno la grande capacità di rispondere prontamente a quella che Paolo Barilla ha definito la ‘schizofrenia dei consumatori, ossia la tendenza a eliminare improvvisamente il consumo di determinati alimenti perché considerati dannosi per la salute. L’esempio più classico è il fenomeno dell’olio di palma, ma si possono anche citare il ‘caso glutine’ o lo zucchero bianco. Di fronte a tali questioni, la risposta della Grande Distribuzione spesso è assecondante, con il ritiro immediato della merce contenente l’ingrediente X. Ciò tuttavia costringe anche le aziende a modificare l’intera produzione di un prodotto, sostituendola con la variante dove tale elemento è assente: “Io non credo che la Grande Distribuzione sia il male: prova ad esaudire i desideri del consumatore – ha aggiunto Francesco Mutti – Bisogna capire quali sono i desideri del consumatore”.

La tematica rientra nella grande questione del marketing eticoC’è infatti da chiedersi se inseguire i desideri del consumatore sia un motivo sufficiente per eliminare intere produzioni di un prodotto, costringendo le aziende a fare lo stesso. Un discorso diverso può essere fatto per quei brand talmente importanti da riuscire ad imporre i propri prodotti sulla GDO. È il caso della Ferrero che, di fronte al fenomeno olio di palma, decise di non modificare la ricetta della Nutella. Si tratta comunque di casi minori che non valgono nel caso delle piccole medie imprese. Queste, al contrario, hanno molta meno libertà di scelta, se vogliono restare sul mercato.

di Martina Santi 

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*