Il riscaldamento globale colpisce anche Parma

PARMA CANDIDATA A GREEN CAPITAL 2022. GLI EFFETTI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO SONO VISIBILI, MA QUALI SOLUZIONI SI STANNO PRENDENDO?

 

Il boom mediatico a cui siamo esposti sul cambiamento climatico non è sempre efficace: se da un lato plaudiamo ai discorsi di Greta Thumberg e ci preoccupiamo per gli incendi in California, dall’altro percepiamo queste cose lontane, come se non ci toccassero davvero e il riscaldamento globale investisse tutto tranne la nostra quotidianità.

Per far capire cosa sta accadendo intorno a noi e sensibilizzare la comunità –perché il riscaldamento è davvero globale- il 30 ottobre si è tenuto presso l’Università di Parma il seminario ‘Emergenza climatica – a che punto siamo? Impatti sul territorio di Parma e soluzioni di adattamento urbano‘. Un incontro a cui, oltre a una folla gremita, ha partecipato il Centro Etica Ambientale, il Centro Interdipartimentale per l’energia e l’ambiente, il Comune di Parma, il WWF, il Consorzio di Bonifica Parmense, l’Ordine dei Geologi dell’Emilia Romagna, l’Ordine degli Architetti Pianificatori paesaggistici e conservatori della Provincia di Parma e l’ordine degli Ingegneri della Provincia di Parma. Tanti i temi toccati, di cui i più rilevanti sicuramente sono i fenomeni estremi che hanno colpito la provincia, i danni che hanno fatto e le strategie pensate per limitare gli effetti ma anche tutti i progetti che ha in mente la città per guadagnarsi il titolo di Green Capital 2020.

 A presentare l’incontro, Renzo Valloni, del Centro Etica Ambientale che afferma: “Non sono più sostenibili le motivazioni scientifiche per dire che questo fenomeno non esiste.”, in risposta a coloro che dicono che l’aumento di temperatura si presenta ciclicamente nella storia e che quindi tutto quello che sta accadendo sia normale.   L’adattamento è possibile solo se parte dal livello locale tramite la nuova organizzazione di spazi pubblici ed edificato privato, la trasformazione dell’economia locale e la correzione dei comportamenti individuali e collettivi” riconoscendo, però, che il vero problema non è la poca iniziativa ma la mancanza di risorse finanziarie (la quale blocca l’86% dei progetti) perché il problema non è considerato adeguatamente. Quello che la collettività ma anche i privati dovrebbero capire è che costa molto più non agire che agire e che tutte queste azioni non sono costi bensì investimenti per la popolazione.

GLI EFFETTI A PARMA –  A Parma il clima è cambiato e, come mostrano i dati presentati da Maria Elena Tortorici di Azione Clima, quì le temperature crescono più che nel resto della regione. Se caldi anomali erano stati registrati anche negli anni ’30, ora si ha una maggiore intensità di fenomeni avversi come dimostra l’anno 2017 che ha presentato una prolungata siccità, temporali molto forti e un record massimo di temperature. Proprio queste parlano chiaro: le temperature medie annuali massime della città sono cresciute di 1.1 gradi e le massime medie estive di 1.24 gradi; il trend si mantiene non solo per le zone urbane ma anche per quelle rurali della provincia, con un picco a Sissa e Trecasali e Fidenza dove la temperatura è aumentata di più di tre gradi.

La presentazione prosegue con l’intervento dell’ingegnere Elisa Trombi che mostra lo schema della crisi climatica. Tra tutti gli effetti del cambiamento climatico quelli manifestatesi di più a Parma sono eventi meteorologici estremi come piogge intense, trombe d’aria e grandinate che hanno portato ad allagamenti, alluvioni e mortalità  (un esempio è l’alluvione del Baganza nel 2014 o la tromba d’aria  che ha colpito Parma nell’estate 2019 e dove c’è stato 1 morto e 4 feriti) e un aumento della temperatura e ondate di calore che hanno portato a malesseri lavorativi, problemi di salute per soggetti deboli, danni alla vivibilità cittadina e al commercio.

Tuttavia uno dei rischi più grossi è quello che si crei un’isola di calore urbana ovvero un fenomeno caratteristico delle città, dove la temperatura aumenta, rispetto alle zone rurali, dai 4 fino ai 12 gradi con tutti i disagi che ne conseguono. Il quartiere più a rischio in questo senso, a causa della sua edificazione e dei pochi spazi verdi, è San Leonardo. A paragone il quartiere Montanara ha una situazione migliore, nonostante presenti a nord delle caratteristiche simili al quartieri a quelle del quartiere San Leonardo, quindi sono state presentate dalla dottoressa Patrizia Rota delle possibili soluzioni adattative come tetti verdi, asfalto drenante nei parcheggi, e bacini inondabili che impediscano gli allagamenti. Per contrastare le isole di calore esistono variabili controllabili: livello di vegetazione e capacità di drenaggio delle superfici, qualità dei materiali di rivestimento degli edifici, densità urbana e comportamento delle attività industriali e commerciali.

Nelle aree rurali i problemi sono diversi, spiega l’Ingegnere civile Giovanni Tedeschi, facendo l’esempio della siccità e dell’allagamento, sono diverse le soluzioni, tra cui: ristabilire il corso del fiumi o lasciarli liberi di scorrere, creando delle aree naturali che possono essere allagate. In città potrebbero essere riprodotte queste zone allagabili, posizionate in punti strategici, oppure in alternativa aumentare la vegetazione o la permeabilità del suolo. Se non fossero delle strategie realizzabili, meglio optare per le progettazioni ad un’attenta scelta dei materiali in base alle loro caratteristiche termiche.

INIZIATIVE IN REGIONE- La Regione Emilia-Romagna vede diversi esempi virtuosi attuati sul territorio. Portato come primo esempio il progetto Bomporto a Modena. Il paese vede al suo interno un’area di 80 ettari dove sono presenti 70 aziende (alcune di calibro internazionale come Gruppo Bimbo) in cui vi lavorano circa 1200 addetti. Quest’area però, già stressata dal terremoto del 2012, dall’esondazione del Secchia e dalla tromba d’aria del 2014, rischia ancora fenomeni quali ondate di calore e piogge intense che possono causare problemi e il blocco della produzione. Per questo il gruppo del progetto IRIS LIFE, dal 2015, ha proposto un piano di adattamento che, tramite tredici operazioni da svolgere in 10 anni e 2 milioni di euro di investimento, riduce le conseguenze dei rischi.

“Per fronteggiare questi problemi non serve solo il settore pubblico ma bisogna anche coinvolgere il privato” afferma Luca Biancucci, ingegnere responsabile del progetto, e aggiunge: “La nostra prima azione è stata quella di sensibilizzare gli imprenditori coinvolti nell’area: devono capire che con queste strategie hanno un risparmio, se non addirittura un guadagno”. Altre azioni, di cui alcune già attuate mentre altre stanno per avverarsi, sono: la creazione di uno sportello clima tramite app e web per capire rischi e strategie di adattamento, un piano di emergenza allertamento per coordinare i diversi enti, sostituire pavimentazioni impermeabili, creare aiuole con sistemi drenanti, creare un bacino inondabile tramite opere di stoccaggio, depurazione e filtrazione dell’acqua meteorica, dotare gli ambienti industriali di illuminazione a LED, fornire assistenza tecnica e incentivare le aziende. Tuttavia l’intervento più importante a Bomporto si è dimostrato quello sulle aree pubbliche dove vi è stata una importante riforestazione urbana che, con nuove specie arboree, migliora la vivibilità degli spazi per i lavoratori, mitiga gli sbalzi climatici e riduce l’inquinamento prodotto. “Da luoghi di discarica sono stati creati spazi funzionali per la rigenerazione dell’organismo e la socializzazione” dichiara l’ingegnere.

Si prosegue con gli interventi degli esponenti di altre città della regione. E’ intervenuto l’architetto Stefano Bazzocchi, in rappresentanza del comune di Forlì, presentando il progetto SOS4LIFE. “Comprate terra perché non se ne fabbrica più”. L’architetto cita Mark Twain per presentare il progetto che, seguendo le direttive europee, ha come obiettivo per il 2050 l’azzeramento del consumo di suolo netto. Il processo prevede di evitare l’impermeabilizzazione di aree agricole o di aree aperte e, in caso non fosse possibile farlo, compensare rendendo di nuovo naturale un’area della stessa estensione. Storicamente il consumo del suolo ha avuto una crescita nettamente superiore rispetto alla crescita della popolazione, e questo spiega le quotidiane emergenze derivate dal dissesto idrogeologico e dai fenomeni di desertificazione, causati dall’eccessiva impermeabilizzazione. “È importante conoscere la qualità dei nostri terreni” ribadisce Bazzocchi, il processo di formazione del suolo è molto lungo quindi le amministrazioni devono tenerne conto nella loro pianificazione.

Infine esempi virtuosi anche a Parma, con il Consorzio Riqualifichiamo l’Italia – Parma s.c.r.l., costituito il 6 settembre 2019, che si pone come obiettivo quello di favorire mediante incentivi i progetti di riqualificazione dei condomini. Queste modalità prevedono l’utilizzo di eco-bonus, sisma-bonus e bonus facciate, che oltre a favorire il risparmio energetico, permetteranno di ottenere dei benefici fiscali.

COME SI STA OPERANDO A PARMA? – “Tutti gli imprenditori dovrebbero impegnarsi a finanziare un progetto di riqualificazione del quartiere SPIP”. Con questa frase provocatoria e ambiziosa, il direttore generale della OPEM Ombretta Sarassi, evidenzia l’obiettivo che dovrebbero porsi le aziende situate nell’area produttiva nord di Parma. In rappresentanza del comitato di rigenerazione dell’area, che mira, attraverso dei progetti volti allo sviluppo sostenibile e di valorizzazione, a rendere consapevoli gli imprenditori del loro ruolo per il rispetto dell’ambiente. Quest’area infatti dovrebbe essere di valore aggiunto alla città, essendo proiettata in questo momento verso Parma2020 e alla candidatura per Green Capital 2022: “I clienti stranieri non possono solo dire ‘ho mangiato bene a Parma’ ma che era ‘pulita e riqualificata’” esorta l’imprenditrice.

Un altro simbolo identificativo per la città potrebbe diventare il progetto Kilometro verde, che prevede la piantagione di 11 km nel lato sud dell’autostrada A1. Una barriera vegetale di alberi autoctoni e a ridotte necessità idriche per l’assorbimento delle polveri sottili (un gesto forse più simbolico che concreto ma lodevole), che diventa simbolo per il “risveglio di Parma che ha cura del proprio territorio”, sottolinea Maria Paola Chiesi, rappresentante dell’associazione ‘Parma io ci sto’.

L’ultima iniziativa è locale, ‘Blu Parma’, illustrata dall’Ing. Francesco Fulvi: un progetto che è partito dalle esigenze di studenti, docenti e genitori (acquisite tramite sondaggi). L’idea prevede un recupero degli spazi non o mal utilizzati dei 4 istituti scolastici del complesso di via Toscana. Cosa porterà? Spazi verdi, zone per compostaggio e differenziazione dei rifiuti, miglioramento della permeabilità del suolo, nella prospettiva di rendere più fruibile e sostenibile quest’area.

Dalla giornata di oggi si capisce lo sforzo di una città” constata il professore dell’Università di Parma Michele Zazzi e la formazione è un punto cardine per pensare alle iniziative del territorio per il lungo periodo.

Ora Parma e i suoi cittadini si devono aspettare (e pretendere) nuove azioni concrete per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e del consumo di suolo. Del resto è proprio l’amministrazione locale a guida Federico Pizzarotti che punta in alto candidandosi a Green Capital 2022.

 

di Laura Storchi e Michela Dalla Benetta

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