Parma Film Festival: si racconta il regista Carlo Sironi

IL REGISTA RACCONTA IL PERCORSO CHE HA CARATTERIZZATO LA SUA CARRIERA

“Ora più che mai il cinema italiano è caratterizzato da una ‘temperatura tenue’, ma l’opera di debutto di Sironi si differenzia”È questa l’osservazione di Michele Zanlari, moderatore e coordinatore dell’evento, che introduce il regista esordiente Carlo Sironi: ospite in onore del 22° Parma Film Festival- Invenzioni dal vero. Zanlari ha poi continuato spiegando che il giovane regista, col suo lungometraggio intitolato Sole, è stato in grado di creare uno ‘sbalzo di temperatura’ emotivo, linguistico ed estetico, rendendo le emozioni dei protagonisti presenti ma impercettibili e conducendo quindi lo spettatore verso un percorso diverso. Sironi, a tal proposito, ha dichiarato di aver voluto creare un film in cui si entra ma non si sa come si esce, utilizzando appunto uno “sbalzo verso il freddo” come chiave per la comprensione del film e di se stessi.

L’INIZIO DEL PERCORSO DI SIRONI – “Ho deciso di mettere le ‘mani in pasta’ fin dall’inizio e quindi ho lavorato sul set dapprima come assistente alla fotografia ma in seguito, comprendendo di non voler diventare direttore alla fotografia, ho iniziato ad avvicinarmi al mondo della regia”. Infatti, Sironi, senza alcuna formazione teorica ha fatto da assistente a Claudio Noce (regista indipendente del suo paese), per poi produrre con lo stesso il suo primo cortometraggio ovvero Sofia ( 2008).

 LA VISIONE DEL PRIMO CORTO: ‘SOFIA’ – Per far comprendere agli spettatori la sua evoluzione ha mostrato questo ed altri dei suoi corti. Al termine della visione di questo primo cortometraggio, Sironi ha affermato di aver preso spunto dal film Paranoid Park di Gus Von Sant, richiamando quindi il cinema ‘epistolare’ per poter affrontare il tema dell’adolescenza in modo diverso dal solito. Infatti in questo ‘film lettera’ le emozioni non saltano fuori in maniera lineare, al contrario il regista è libero di fotografare l’ombra grigia della contemporaneità e di mostrarla gradualmente attraverso un colpo di scena. Nonostante ciò, e probabilmente a causa della sua giovane età, questo suo primo lavoro mostra più emozioni e sensazioni, rispetto a quelli successivi , e permette quindi di mettere lo spettatore a proprio agio, facendolo sentire in qualche modo parte integrante della narrazione.  In relazione a questo corto ha anche aggiunto dei particolari di carattere tecnico, spiegando che è stato girato impiegando il super 16 millimetri ( un formato cinematografico che deriva dal 16 millimetri ma che garantisce una resa maggiore)  e che ai tempi della sua creazione si utilizzavano le lenti P +S technik (permettevano di creare una bella immagine ma con delle imperfezioni anamorfiche) e non era ancora diffuso il digitale.

VALPARAISO: IL CORTO CHE PIÙ LO RAPPRESENTA  Tra le varie proiezioni c’è stata quella del suo corto Valparaiso (2016),  opera che racchiude tanto del suo stile perché prende avvio da un fatto realmente accaduto. Ciò accade poiché tratta della storia di una donna proveniente dalla Spagna abitante dei CIE (I Centri di Identificazione ed Espulsione nei quali vengono trattenuti gli stranieri fino al loro rimpatrio), che scopre di essere incinta. “Mi sono focalizzato sulla situazione interessante della protagonista sviluppando i punti in cui ciò è interessante e tentando di rafforzare il fatto che ci sia qualcosa che cresce dentro lei, ma di cui neppure lei ne è cosciente”. Così si è espresso il regista al termine della visione di questo cortometraggio, sottolineando il fatto che ama mettere le donne al centro delle sue storie.
Ma a che film si rifà questo corto? “Ho preso spunto dal lungometraggio Jeanne D’arc di Robert Bresson, che affronta in un modo particolare il tema della reclusione. Ciò è reso possibile dal fatto che la figura della protagonista risulta quasi invisibile e spersonalizzata e quindi, dal momento che non si parla mai di qualcosa di tangibile, attraverso l’uso ‘celante’ delle immagini la comunicazione non risulta mai troppo appariscente. Ebbene io ho tentato di prendere ispirazione da un film che per me rappresenta uno dei più grandi mai girati”.

MISTERO: ELEMENTO ESSENZIALE DEL CINEMA – Una parte di questa masterclass è stata anche dedicata alle opinioni del regista in merito al compito del cinema in generale e in particolare del suo. Sironi dal canto suo spiega che: ” Il cinema, a mio modesto parere, ha come qualità essenziale il mistero e per evitare che questo si perda, non bisogna fornire le ‘credenziali’ parlando direttamente, ma se necessario deve anche implicare l’eliminazione dei vari punti di vista – e aggiunge – penso che sarebbe utile mostrare l’invisibile,s ebbene sia un paradosso per la settima arte, poiché un film deve essere un viaggio percettivo e di rispondenza emotiva che non ci deve sorprendere ma ci deve far scoprire cose inaspettate. ” 

L’INNOVAZIONE CHE CARATTERIZZA SOLE – Al termine della masterclass è stata effettuata la visione del trailer di Sole, opera-esordio di Sironi presentata all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione orizzonti. Una produzione che esprime alla perfezione l’incontro tra due sconosciuti e la loro successiva affermazione attraverso una tematica sensibile: quella della maternità surrogata. “Mi è sempre piaciuto mostrare i modi in cui la vita ti mette di fronte al diventare padre inconsciamente e ho ritenuto opportuno sviluppare la storia seguendo l’evoluzione di Hermanno – il protagonista maschile della storia – per non banalizzare il tutto”.
Alla luce di quanto detto possiamo affermare che questo film sia stato scelto in maniera coscienziosa poichè perfettamente in linea col festival Parmigiano dato che, come si è visto, pone le sue radici in fatti che effettivamente potrebbero accadere nella realtà odierna o che sono accaduti anche se in maniera differente.

di Krizia Loparco

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*