Propaganda web. Twitter dice ‘no alla politica’

LA POLITICA SUI SOCIAL FA DISCUTERE: ECCO LE DUE POSIZIONI COMPLETAMENTE CONTRAPPOSTE SULLA QUESTIONE

 

Twitter dice no. E non lo dice in 280 battute. Prende una posizione politica che taglia fuori la politica stessa. I politici non potranno più comprare la pubblicità su questo social. Un no deciso. Né la destra né la sinistra potranno alzare bandiere con 280 battute. La politica di Twitter, social usato da milioni di utenti in tutto il mondo, è netta. E Twitter l’ha annunciata in un tweet: “Un messaggio politico si diffonde quando le persone decidono di seguire un account o di retwittarlo. Pagare per aumentare la diffusione rimuove questa decisione, che noi non riteniamo vada compromessa dal denaro. La pubblicità su Internet è molto potente ed efficace per gli inserzionisti, questo potere comporta rischi significativi per la politica, dove può essere utilizzato per influenzare i voti e influire sulla vita di milioni di persone”.

La cosa importante l’ha detta l’amministratore Jack Dorsey dando l’annuncio, con una serie di cinguettii: “Non si tratta di libertà d’espressione. Si tratta di un meccanismo che permette di pagare per aumentare il numero di persone raggiunte delle dichiarazioni dei politici, con significative conseguenze che oggi la democrazia potrebbe non essere pronta a gestire. Vale la pena fare un passo indietro”.

TWITTER PENSA, TWITTER FA – Nessuna censura però. Gli utenti potranno continuare a twittare le loro idee rosse o verdi (o di qualsiasi altro colore rappresenti la politica) e non sarà violata la libertà di espressione, non sarà però più possibile comprarla. La sponsorizzazione online è vietata. Si vuole evitare che la politica si diffonda grazie ai soldi, che sfrutti la potenza di questo social per passare messaggi che possono essere sbagliati. Le informazioni sui social possono essere manipolate, interpretate nel modo errato ed è assolutamente da evitare. La politica stessa può sfruttare fake news per avere voti a suo favore; è il caso della Brexit che ha visto notizie false essere divulgate sui social e su cui una recente inchiesta giornalistica ha mostrato i retroscena. Propagande eticamente sbagliate o comunque favorite rispetto ad altri grazie alla disponibilità di maggiori finanziamenti economici per le inserzioni sui social. La politica di Twitter batte la politica stessa. I social non sono nati per fare pubblicità ma per mettere in contatto le persone e dare loro la possibilità di scambiarsi idee, idee che non devono essere valorizzate a pagamento. Quindi il messaggio che passa è molto chiaro: la politica si deve fondare su idee genuine, e non su la sponsorizzazione di una voce. Twitter si muove rapido e senza pensarci due volte (in primis con le azioni ma anche con dei Tweet) passa un unico messaggio: la politica non si compra.

FACEBOOK AGISCE DIVERSAMENTE – Il social più famoso del mondo, la nota piattaforma che ha cognato il valore dei like, dice no alla sfida lanciata da Twitter, che rinuncia a delle entrate in nome della correttezza. La politica qui si può pagare. Mark Zuckerberg si è espresso al riguardo, in seguito al sollevamento della questione e ha affermato chiaramente che il suo social non intende rinunciare alle inserzioni politiche a pagamento, poiché “è complicato farlo e non è giusto che le società private censurino i politici”. La potenza della F blu continua a dire sì a chi ha più soldi per alzare la bandiera. Ed è sempre su questa piattaforma tuttavia che vediamo una alternativa politica diffondersi. Come sostiene la proprietà di Twitter, le belle idee risaltano da sole grazie alla condivisione gratuita degli utenti. Non è politica pagata,  non sempre.

“La rivoluzione, in questo Paese, si fa giusto sui social” sostiene il giornalista Andrea Scanzi. Ecco quindi quanto diventa fondamentale fare trasparenza e non farsi amplificatori di fake news, soprattutto sui social. “Temo che i social network possano mascherare delle solitudini perché sono conversazioni a distanza, certo, ci aiutano a essere più informati, a verificare in tempo reale la veridicità delle notizie, non potremmo più vivere senza, ma pensare che quella sia la compagnia mi sembra piuttosto critico, soprattutto per dei giovani” dichiara invece il giornalista Gad Lerner che porta alla luce un’altra triste verità, siamo sempre più connessi ma alla fine sempre più soli con il ticchettio delle dita sulla tastiera. 

Il web ci ha insegnato il potere dell’’effetto di rete‘: quando connettete le persone e le idee, esse crescono” sostiene giornalista e saggista statunitense, direttore di Wired USA Chris Anderson che infatti pone il punto sull’aspetto positivo che queste reti possono avere. Capaci di diffondere un’ideologia o un pensiero che può potenzialmente rimbalzare da un capo all’altro del globo in poche ore. Le idee nuove e la rivoluzione possono nascere e si può fare anche sui social. Ma finchè non ci sarà “giustizia e parità” saranno strumenti facilmente manipolabili. Se a controllare cosa è vero e cosa è falso è una multinazionale dai profitti miliardari grazie alle inserzioni a pagamento, come è possibile pretendere che questo accadrà? Ma una speranza c’è, quando per esempio vediamo nascere movimenti totalmente spontanei, partiti dal basso e da giovanissimi. 

E’ il recente esempio del movimento “Sardine” nato in Italia per manifestare principalmente contro il “modo di fare politica” di Matteo Salvini, ex ministro a capo della Lega. Un movimento che si pone l’obiettivo di dire basta ai soprusi della politica, nei linguaggi e nei modi, nato anche senza avere a disposizione grossi finanziamenti, anzi nessuno proprio. E’ l’esempio di come dai social si arrivi alla piazza, per gridare la propria voce e dire basta ai soprusi della “mala politica”. 

di Nicolò Bertolini

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