Computer quantistici: cosa sono e che rivoluzione porteranno?

UN COMPUTER CON ESPONENZIALE VELOCITA' DI CALCOLO, CAPACE DI OLTREPASSARE I LIMITI DI UN TRADIZIONALE PROCESSORE

Sempre più attuale e dibattuta è la sperimentazione di nuovi computer che sfruttano la meccanica quantistica per incrementare esponenzialmente la quantità d’informazioni di cui si fanno carico. Benché si stia solo iniziando a comprendere la loro portata dirompente, molte sono ancora le perplessità sulle loro modalità d’impiego.

Lo scorso mercoledì 27 novembre, presso l’orto botanico di via Farini a Parma, si è tenuta una conferenza incentrata sulla storia e sui recenti sviluppi del computer quantistico estendendo l’indagine a Leonardo, il supercomputer che verrà presto ospitato a Bologna. Alla presentazione hanno partecipato Roberto de Renzi – docente ordinario di Fisica generale e Direttore del dipartimento di Scienze Matematiche, Fisiche e Informatiche dell’Università di Parma – e il ricercatore, Alessandro Chiesa. L’evento, promosso dall’Università di Parma, è parte del progetto ‘Facciamo conoscenza‘, una serie di appuntamenti pensati per ‘Parma 2020’.

LEONARDO A BOLOGNA – Leonardo è un supercomputer tutto italiano che il Consiglio Europeo ha promosso per il progetto internazionale finalizzato alla creazione di una rete europea di super computer. Ad annunciarlo durante una conferenza stampa tenutasi gli scorsi giorni presso il Ministero dell’Istruzione, il Ministro del Miur, Massimo Bussetti. Sarà il Tecnopolo di Bologna a ospitare quello che oggi è ritenuto essere il computer più potente al mondo. Esso sarà capace di eseguire 270 milioni di miliardi di operazioni al secondo. Una macchina in grado di garantire sviluppi tecnologici sempre più importati in molti ambiti: biomedico; meteorologico; naturalistico. Il computer verrà assemblato e testato entro fine 2020.  Eppure lo stesso Leonardo impallidisce di fronte a quello che sarà un vero e proprio spartiacque per il progresso informatico, l’avvento del computer quantistico 

Alessandro Chiesa sui frigoriferi quantici

DAI COMPUTER TRADIZIONALI A QUELLI QUANTISTICI: QUANTO È  LUNGO IL PASSO? – Quando parliamo di computer quantistici ci riferiamo a dispositivi capaci di effettuare, nel giro di pochi minuti, un insieme di operazioni che un tradizionale computer impiegherebbe anni a compiere. Un dispositivo elettronico, dunque, capace di oltrepassare i limiti di un tradizionale computer eseguendo contemporaneamente e in brevissimo tempo una serie elevatissima di calcoli. Ciò che differenzia un computer tradizionale da un computer quantistico è l’unità minima d’informazione, che nel primo caso è il bit, nel secondo caso il qu(antum)bit. Quest’ultimo è in grado di contenere un numero di informazioni superiore a quello che un comune e diffusissimo bit può oggi contenere. Ciò è reso possibile dalla natura subatomica del qubit. Esso, a differenza della sua controparte, riesce a mantenersi contemporaneamente nei due stati (più comunemente detti 0 e 1); una proprietà, tuttavia, non inalterabile. Infatti, nel momento stesso in cui si cerca di misurarlo per comprenderne il valore, questa unità degraderà al bit, rivelando una sola delle due informazioni. Questo modo alternativo di pensare e costruire i calcolatori ha ormai diverse decine di anni di ricerca alle spalle. I primi qubit furono realizzati già negli anni ’80 grazie agli studi del fisico Paul Benioff. Per tutto questo tempo, la sfida al progresso è consistita nello scale up, ovvero nel tentativo di gestire allo stesso tempo un vasto numero di qubit.

Ma il vero ingrediente che consente a queste insondabili particelle di operare è da ricercarsi nell’ambiente. Nei computer tradizionali il flusso delle informazioni passa attraverso i transistor, componente elettronico realizzato con materiali semiconduttori, come il silicio, che vengono usati come interruttori per permette o impedisce il transito della corrente all’interno del circuito elettrico. Questi elementi usati per la conduzione di corrente stanno per giungere al loro limite di miniaturizzazione, processo che dal 1965, con la legge di Moore, aveva garantito l’innovazione e l’efficienza energetica dei dispositivi elettronici. Non è questo il caso per i computer quantici che, invece, sfruttano i superconduttori, particolari materiali che azzerano la loro resistenza elettrica quando raffreddati a temperature molto basse, tali da approssimarsi allo zero assoluto (-273 °C). Per ottenere queste condizioni, sono stati realizzati frigoriferi quantisticiLa grande difficoltà di rendere commerciabili questi dispositivi nasce proprio dall’esigenza dei qubit di lavorare a temperature bassissime, in assenza delle quali vengono meno tutte le peculiarità del qubit stesso. Trovare una soluzione che consenta a questa unità di informazioni di lavorare a certe condizioni, e a costi non esorbitanti, è un aspetto su cui ancora si sta dibattendo.

Paola Verrucchi – ricercatrice e docente di Fisica presso l’Università di Firenze

IL GATTO CHE SPIEGA LA QUANTISTICA – La premessa alla comprensione del comportamento dei qubit è che i computer quantistici trovano il loro fondamento in spazi così infinitesimali da renderne ostica la loro comprensione in quanto fondata su concetti spesso controintuitivi. La legge fondamentale che regola queste particelle è il principio di sovrapposizione coerente di stati, ovvero una condizione ipotetica che viene esemplificata nel paradosso del gatto di Schrodinger. In entrambi i casi, sia il qubit sia il gatto hanno pari possibilità di andare incontro a un risultato piuttosto che a un altro. La loro condizione finale è sconosciuta a chi conduce l’esperimento fintantoché questi non li osserva. L’atto stesso di guardare, forza la natura a prendere una decisione: da una parte lasciare vivere o uccidere il gatto, dall’altra fare assumere alle particelle un valore piuttosto che un altro. Uno dei postulati della meccanica quantistica, spiega Paola Verrucchi del Consiglio nazionale delle ricerche, nonché docente di Fisica presso l’Università di Firenze, è che se si osserva “un sistema quantistico per mezzo di un apparato di misura, inevitabilmente lo si perturberà”. Sempre la Verucchi compara l’atto dell’osservare a quello proprio degli infanti “che di fronte ad un oggetto sconosciuto non si accontentano di guardarlo, ma cercano di toccarlo, annusarlo, possibilmente assaggiarlo, hanno cioè bisogno di interagire con esso”.

Dwave – il computer quantistico di Google

QUANTIFICHIAMO IL PROGRESSO: GOOGLE E IBM – Gli scienziati di Google, guidati da Frank Arute, vantano la capacità di aver dimostrato che un processore quantistico sia in grado di risolvere in tre minuti un calcolo che un computer tradizionale compierebbe in diecimila anni. Questa scoperta, eloquentemente nota come supremazia quantistica, ha posto le basi per l’inizio di una nuova pagina della storia dell’informatica, che rimane, comunque, ancora tutta da scrivere. La notizia dell’esperimento di calcolo ben riuscito, e di cui Google rivendica la paternità, è uscita pochi giorni fa su Nature. Sycamore è il nome dato al calcolatore contenente 54 qubit che ha reso quest’impresa possibile. Non felici degli ultimi eventi i ricercatori di IBM, impegnati anch’essi nel buon funzionamento del proprio computer quantistico, si sono trovati battuti nei tempi dalla “squadra avversaria”. Secondo quanto dichiarato da IBM, però, non sarebbero attendibili le dichiarazioni rilasciate da Google, dal momento che il calcolo dall’azienda sperimentato non equivarrebbe a nessun risultato che non sia in grado di ottenere anche un normale computer, seppur con un margine minimo di tempo in più: circa due giorni e mezzo. Sicuramente notevole, ma non straordinario. Tuttavia, le polemiche sono state messe a tacere da prove che parrebbero essere inconfutabili. Soltanto un dubbio ancora permane. Cosa ne impedisce la commercializzazione? Daniel Sank, ingegnere in elettronica quantistica, afferma che una delle sfide che le aziende stanno affrontando in questi anni è il miglioramento del tasso di errori dei superconduttori. Si parla anche di ‘decoerenza’, ovvero della perdita del contenuto informativo dei qubit. Esso si verificano in diverse circostanze legate a fenomeni fisici: dalle vibrazioni, al contatto tra i qubit con altre particelle, al cambio di temperatura. I ricercatori si stanno così ingegnando nel campo della microfabbricazione per potenziare la struttura atomica di queste preziose unità di memoria. 

MODALITÀ D’IMPIEGO – Edward Allen, chief scientist di Lockheed Martin, azienda americana e globale impegnata in aerospazio, difesa e sicurezza, spiega alcuni usi di queste macchine. Si otterrà una riduzione del fabbisogno energetico, una mobilità (estesa ai viaggi interplanetari) rivoluzionata con capacità di prendere decisioni in tempo reale, quindi autonome dalla Terra. Linkliesta parla di previsioni sullo sviluppo inedito dell’intelligenza artificiale, adibita al calcolo delle probabilità, quindi “perfetta per il calcolo quantico, con prospettive fantasmagoriche in settori disparati: dall’industria all’automotive, fino alla medicina”. La chimica potrà studiare le modellazioni molecolari come nel caso dell’idrogeno per la produzione di energia, ma è applicabile anche “dalle  celle solari alla farmaceutica, fino alla produzione di fertilizzanti”. Non ultima è la crittografia che vedrà nei prossimino decenni l’obsolescenza dei metodi di sicurezza, militare e civile.

Se finora si è parlato di come materialmente l’informazione viaggia nei computer quantistici, un altro ambito che andrà sviluppandosi nel tempo sarà il vantaggio quantistico, ovvero gli algoritmi, quindi il linguaggio di programmazione, da utilizzare. Sebbene la ricerca in questo campo non sia mancata, non si è ancora giunti alla sua formulazione. A gravare è la limitata presenza di qubit. L’ipotesi più accreditata consiste nella realizzazione di un’architettura ibrida che vedrà un computer tradizionale controllare uno quantistico. In questo modo sarà possibile utilizzare linguaggi di programmazione già noti con l’aggiunta di elementi appartenenti al mondo della quantistica. Allo stato attuale, il quantum computing è solo un miraggio che sta lentamente ma incessantemente diventando più concreto per gli addetti ai lavori. Le parole di Raffaele Mauro, Managing Director di Endeavor Italy, descrivono sinteticamente questo scenario:  “Molte delle macchine oggi esistenti sono di fatto dei chip basati su hardware specializzato inseriti in dei grandi frigoriferi che li portano a temperature prossime allo zero assoluto, oggetti grandi, costosi e complessi che difficilmente saranno nelle nostre case nel medio termine”. Tuttavia come dalla macchina di Turing sono nati computer sottilissimi dal peso di pochi grammi, in un futuro non troppo lontano anche noi potremo assistere a una nuova rivoluzione con altri impieghi talmente innovativi da non essere stati ancora pensati.

di Francesco Scomazzon e Anna Zappulla

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