“And the Oscar goes to…” : 10 numeri per la notte più lunga dell’anno

IL MEGLIO (E IL PEGGIO) DI UN'ANNATA DA RICORDARE

Negli USA le stagioni sono 5. Tra queste, forse non da tutti la più attesa, ma indubbiamente la più chiacchierata, è la Awards Season, ossia la stagione dei premi cinematografici, una lunga escalation che conduce all’ambita statuetta dorata, l’Oscar. Se si vive dall’altra parte del mondo, quella che sarebbe una cerimonia pomeridiana/serale, si trasforma in una nottata da trascorrere (per chi abbia il desiderio, ma soprattutto la forza di farlo) all’insegna di innumerevoli spot pubblicitari e mai troppi caffè. Tant’è che, una volta giunti al termine di questa piccola impresa titanica, ci si potrebbe ritrovare a dare anche un po’ i numeri… dovuti al sonno o a una scarica di gioiosa adrenalina.

0, COME GLI OSCARS VINTI DA THE IRISHMAN

Il film di Martin Scorsese è stato particolarmente snobbato in questa edizione. Sarà stata forse la durata (circa 3 ore e mezza) della pellicola a penalizzarne la visione da parte dei quasi 8500 votanti della giuria dell’Academy? O il fatto che sia un film di Netflix e che il colosso dello streaming non sia visto di buon occhio dall’industria cinematografica hollywoodiana? L’unica certezza è che quando il proprio film riceve 10 nominations, ma si torna a casa a mani vuote, la soluzione migliore è non prendersela (e non prendersi troppo sul serio), ma apprezzare i premi di cui si dispone, anche quelli più improbabili.

Martin Scorsese con il volpino della figlia Francesca e il Sonny Bono Visionary Award vinto per The Irishman al Palm Springs International Film Festival.

1, NESSUNO E CENTOMILA.

Lo scorso anno, l’attore Kevin Hart rinunciò al suo ruolo da presentatore a seguito di proteste dovute a suoi passati commenti omofobi ritrovati su Twitter. Per la prima volta, la cerimonia si svolse senza presentatore, ma gli ascolti furono in ascesa. Forse sperando di replicare l’esito (ma ahimè il risultato è stato opposto), anche gli Oscars 2020 si sono svolti senza presentatore. O meglio senza una figura principale, ma numerosi ospiti che hanno introdotto le varie nominations e si sono lanciati in siparietti comici più o meno riusciti. Tra questi, forse il migliore (o il peggiore, a seconda dei punti di vista) è quello di James Corden e Rebel Wilson, membri del cast dell’adattamento cinematografico del musical Cats. Il film è stato accolto freddamente da pubblico e critica, in parte, anche per la cattiva qualità della computer grafica riscontrata da molti, già nel momento della comparsa online del trailer. I due attori hanno così deciso di assegnare, vestiti da gatti, l’Oscar ai migliori effetti speciali (vinto da 1917).

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DAL 2 AL 4: CHE FATICA VINCERE UN OSCAR!

Un numero lega due attrici, ma in maniera molto diversa. Scarlett Johannson quest’anno era nominata in 2 categorie: miglior attrice protagonista e non protagonista, rispettivamente per Storia di un matrimonio e Jojo Rabbit, perdendo in entrambe. Per quanto riguarda la prima, a trionfare è stata Renée Zellweger (che in molti ricorderanno nei panni di Bridget Jones) per la sua interpretazione nel film Judy, aggiudicandosi così la sua 2° statuetta della carriera. Per la seconda, invece, ha vinto Laura Dern (alla sua 3° nomination), proprio per Storia di un matrimonio, nel quale interpreta l’avvocato del personaggio della Johannson. Figlia di due attori, Bruce Dern e Diane Ladd, Laura è la prima in famiglia ad aggiudicarsi l’ambita statuetta e, allo scoccare della mezzanotte, ha anche potuto festeggiare il suo compleanno nel migliore dei modi.

C’è stato poco da festeggiare invece per 1917, partito come grande favorito, ha tuttavia concluso la cerimonia solamente con 3 premi tecnici (oltre ai già citati effetti speciali, si è aggiudicato miglior sonoro e miglior fotografia): una magra, ma pur sempre apprezzabile, consolazione.

Mentre il numero fortunato per Joaquin Phoenix e Brad Pitt è stato il 4: entrambi hanno dovuto aspettare la loro quarta nomination attoriale per vincere l’ambita statuetta, rispettivamente per le loro ormai famose e acclamate interpretazioni in Joker e C’era una volta a Hollywood. Basta solo non arrendersi e persistere, anche con tanta pazienza, come ci ha insegnato Leonardo DiCaprio, che per vincere un Oscar è dovuto arrivare a 6 nominations.

DA EMINEM A BILLIE EILISH: 5 MOMENTI MUSICALI

Tra una premiazione e un’altra vi è stato spazio per le 5 canzoni in gara (per non farsi mancare nulla, c’è anche l’Oscar per la miglior canzone), ma non solo. Si sono esibiti anche altri ospiti, tutti annunciati precedentemente, tra i quali la giovane rivelazione Billie Eilish. O quasi tutti: dopo 18 anni dall’Oscar vinto con Lose Yourself per il film 8 miles, totalmente a sorpresa, è comparso Eminem, cantandola. Tra un iniziale spaesamento generale del pubblico e una standing ovation finale, è diventata virale la reazione del caro Martin Scorsese, evidentemente provato da questi ‘intermezzi canterini’. In fondo, chi siamo noi per criticarlo? Bisogna ammettere che chiunque in Italia abbia visto gli Oscar in diretta, anche solo per un momento, si è rivisto in lui.

6 E 7: I NUMERI DELLA DOLCEZZA

Jojo Rabbit, un film che in molti hanno paragonato a La Vita è Bella di Roberto Benigni per il candore con cui viene trattato un tema come la Seconda guerra mondiale e, in questo caso, il nazismo, nonostante le sue 6 nominations, non era tra i favoriti, ma si è aggiudicato una delle statuette più importanti della serata: quella per la miglior sceneggiatura non originale.

L’irriverente regista, attore e sceneggiatore neozelandese Taika Waititi (che nel film interpreta un Adolf Hitler immaginario, amico del bambino protagonista) ha ritirato il premio, diventando così il primo Maori a vincere un Oscar.

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7 minuti, invece, sono bastati al cortometraggio animato Hair Love per vincere nella propria categoria. 7 minuti in cui un padre afroamericano si cimenta nell’impresa di acconciare i capelli della piccola figlia. Si tratta di un progetto scritto e diretto da un ex giocatore di football, Matthew A. Cherry, realizzato partendo da una campagna di crowdfunding nel 2017: l’obiettivo era raggiungere 75.000 dollari. Si è arrivati a quasi 300.000.

8 REGISTE AGLI OSCARS ED ELSA ALLA (NONA) POTENZA

Come ogni anno, i commenti sugli abiti sfoggiati dalle star non sono mancati. Per quanto riguarda quest’edizione, a far particolarmente parlare di sé è stata l’attrice Natalie Portman, ma per un motivo particolare: sulla cappa di Dior che ha indossato, vi erano ricamati i cognomi di 8 registe. 8 autrici di film acclamati dalla critica, ma tra loro nessuna ha ricevuto una nomination nella categoria miglior regia. Tra loro: Greta Gerwig (Piccole Donne), Lorene Scafaria (Hustlers – Le ragazze di Wall Street), Lulu Wang (The Farewell) e Céline Sciamma (Ritratto della giovane in fiamme).

9 è il numero di doppiatrici internazionali che hanno accompagnato Idina Menzel, voce originale di Elsa nel film di animazione Frozen, durante l’esibizione della canzone Into the Unknown: dal Giappone alla Danimarca, dall’America Latina alla Russia. Tra loro non c’era la nostra Serena Autieri ma, in un modo o in un altro, l’Italia e gli italiani sono quasi ovunque.

10 LETTERE: UN SOLO VERO VINCITORE

Ecco che allora, in un film compare In ginocchio da te di Gianni Morandi. “Nulla di strano”, direte voi, se non fosse che il film in questione è sudcoreano ed è stata la rivelazione di questa stagione dei premi.

10 febbraio.Oscar 2020

Pubblicato da Gianni Morandi su Lunedì 10 febbraio 2020

Parasite, del regista Bong Joon-ho, ha vinto 4 statuette: miglior sceneggiatura originale, miglior film straniero miglior regia e soprattutto miglior film, diventando la prima pellicola non in lingua inglese a vincere quest’ultimo premio. Sono bastate le reazioni del cineasta asiatico per esprimere i sentimenti collettivi: stupore, incredulità e tanta gioia. In uno dei suoi discorsi di ringraziamento, elogia il suo modello, Martin Scorsese, dando il via a una standing ovation e ricordandone una citazione letta da giovane, che da allora lo ha ispirato: “Più si è personali e più si è creativi”.

Con grande talento e umiltà, è lui il grande vincitore di quest’anno. Tanti speravano nel trionfo di Parasite, ma non in molti ci credevano davvero. Eppure è (quasi miracolosamente) successo e questo storico risultato sarà stato meritatamente festeggiato dal cast e soprattutto dal regista.

Di Federica Mastromonaco

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