Il cinema e il tempo: tre conferenze a Palazzo del Governatore

UNA TRE GIORNI CHE TRASPORTA NEL MONDO DEL CINEMA GRAZIE A UN PERCORSO ATTRAVERSO LA MOSTRA "TIME MACHINE", TRA LE SALE DEL PALAZZO DEL GOVERNATORE

Tra le mostre organizzate in occasione di Parma 2020 vi è Time Machine, allestita al Palazzo del Governatore e dedicata al rapporto tra il cinema e il tempo. Un tema complesso al quale sono state dedicate, dal 17 al 19 febbraio, tre conferenze nell’edificio in piazza Garibaldi.

IL TEMPO CINEMATOGRAFICO E L’IMPORTANZA DEL MONTAGGIO – Lunedì 17 febbraio Antonio Somaini, professore di Teoria del cinema, dei media e della cultura visuale alla Sorbonne Nouvelle – Paris 3 – oltre che uno dei curatori della mostra – ha accolto e accompagnato in qualità di interprete e mediatore i due ospiti della giornata: Raymond Bellour e Christa Blümlinger.

Raymond Bellour, foto di robbemaria, Pinterest.it

Bellour è tra i fondatori della disciplina di studi sul cinema, con contributi fondamentali all’analisi dei film e a quella delle dinamiche temporali specifiche della Settima Arte. Egli ha spiegato che all’inizio della sua carriera non era possibile lavorare su singole immagini fisse dei film: negli anni ’60 si prendevano appunti durante le proiezioni e vi era un’alta probabilità di commettere errori nell’analisi delle opere. Successivamente, prima negli anni ’80 con l’arrivo delle VHS e poi negli anni ’90 con i DVD, si sono sviluppate nuove tipologie di analisi dei film, grazie alla possibilità di arrestarsi sul singolo fotogramma. L’intervento di Raymond Bellour è stato incentrato sulle problematicità del rapporto tra immagine fotografica (fissa) e cinematografica (in movimento), che è tra le questioni più complesse della teoria del cinema.

Il regista Chris Marker, foto di Erich Rau pinterest.it

A prendere la parola successivamente è stata la studiosa austriaca Christa Blümlinger: ella ha trattato la carriera del regista francese Chris Marker, di cui la sera stessa presso il cinema Edison è stato proiettato il film La jetée, composto interamente di immagini fotografiche. Tra le caratteristiche principali dell’attività di Marker, si riscontra la centralità data al montaggio, utilizzato per mettere in relazione anche dimensioni spazio-temporali apparentemente lontane e creare accostamenti volutamente improbabili.

Come avviene, ad esempio, nel suo mediometraggio Se avessi quattro dromedari (1966), in cui questa tecnica puramente cinematografica, accompagnata da una narrazione poetica, aumenta la correlazione di circa 800 fotografie scattate durante i numerosi viaggi del cineasta. Secondo Blümlinger, in tutto il cinema di Marker si può notare come vengano ‘montati insieme’ anche diversi media: fotografia e cinema, registrazioni sonore e visive.

CINEMA ALTERNATIVO – L’evento di martedì 18 prevedeva la presenza della storica del cinema Nicole Brenez, che però non è potuta intervenire per motivi di salute. Al suo posto ha parlato Antonio Somaini, che ha tradotto il discorso preparato dalla Brenez: fulcro dell’argomentazione è l’idea che il cinema sperimentale sia un insieme di prese di posizione e pratiche alternative che si scontrano con la ripetitività tipica del cinema mainstream.

La tesi della Brenez è divisa e sviluppata in 4 parti: la prima, General Time, parla di come il cinema, sin dalla sua nascita, si è confrontato con gli ambiti economico e industriale, che hanno portato allo sviluppo di tecniche per regolare il flusso temporale. Nel cinema era nata una duplice via: da un lato negli studios, dove si fanno film commerciali con schemi narrativi uniformi; dall’altro lato un cinema sperimentale che tende ad addomesticare il flusso temporale. Per spiegarlo Somaini ha proiettato un’estratto del film Berlino – Sinfonia di una grande città del 1927, del regista tedesco Walter Ruttmann, che attraverso un particolare montaggio rende l’idea dei ritmi frenetici della Berlino di quegli anni.

La seconda parte, Advance, Accelerate, Acquire, tratta fenomeni come la cinematografia ultrarapida, che usa uno scorrimento molto veloce dei fotogrammi, per captarli e poi tornare a velocità rallentata, al fine di percepire fenomeni che in condizioni normali non si  noterebbero.

Foto dal profilo FB della mostra Time Machine

La trattazione si dedica poi alla Velocità del pensiero e al Time Lapse, una tecnica quest’ultima che riduce il numero di fotogrammi per poi riprodurli a una velocità tale da accelerare i fenomeni. Il docente ha fatto l’esempio di un video di Bruce Conner, che riprese l’esplosione nucleare dell’Atollo di Bikini da più prospettive con questa tecnica.

In seguito Somaini, assieme alla co-curatrice e insegnante all’Università Sorbonne Nouvelle – Paris 3, Marie Rebecchi, ha organizzato per gli studenti una visita guidata della mostra, partendo da vecchi adattamenti del romanzo La macchina del tempo di H. G. Wells per arrivare a video d’avanguardia creati con le nuove tecnologie.

Cinematografo, Flickr.com

COME IL CINEMA MANIPOLA IL TEMPO – L’ultimo incontro ha voluto essere un ‘recap’ e Antonio Somaini ha spiegato come e perché, insieme al professore Michele Guerra e alle coordinatrici, abbia deciso di organizzare una mostra su come il cinema sia stato una macchina capace di cambiare la nostra percezione del tempo.

Partendo dal 1895, anno che convenzionalmente segna l’inizio della storia del cinema e la pubblicazione del romanzo intitolato “The time machine” di H. G. Wells, il professore Somaini ha spiegato di aver adottato – nella realizzazione della mostra – una prospettiva precisa.

Cosa significa questo? Significa seguire la visione di Friedrich A. Kittler espressa nel libro Gramophone, film, typewriter: secondo lo studioso è necessario considerare la storia dei vari media come “Time axis manipulation” (ovvero manipolazione dell’asse temporale) e in particolare quindi considerare il cinema come parte di tecniche e di apparecchi che permettono la registrazione, elaborazione e trasmissione di fenomeni sensibili che si svolgono nel tempo – ad esempio il grammofono, il fonografo ed il cinematografo.

A tal proposito, citando una famosa affermazione, Somaini ha detto di aver tentato, con l’aiuto dei colleghi, di cercare The old in the new and the new in the oldalludendo quindi alla loro volontà di mettere in relazione vecchi e nuovi media per poter cogliere i futuri possibili nel passato e gli elementi dell’antichità nelle opere odierne. Il professore ha poi illustrato come alcuni registi abbiano accorciato, accelerato o addirittura invertito il tempo tramite il potente mezzo del cinema: basti pensare all’inversione temporale della proiezione Démolition d’un mur dei fratelli Lumière, che racconta un episodio dalla fine all’inizio e viceversa.

C’è chi poi, come l’artista George Chatonsky, ha realizzato un’installazione dal titolo Terre Seconde sfruttando la capacità dell’intelligenza artificiale: questa tecnologia rielabora tutte le tracce dell’umanità su internet per poter creare delle immagini – artificiali – a loro somiglianza, sottolineando il fatto che la storia sta continuando a proporre nuovi modi di viaggiare nel tempo, attraverso media sempre più innovativi. “Il cerchio della mostra si chiude in un immaginario non lontano dai futuri possibili previamente idealizzati.”, dice il curatore: uno sguardo al passato quindi, ma sempre con un’attenzione creativa al futuro.

“Terre Seconde” di George Chatonsky, FB Time Machine

Nella seconda parte dell’incontro è intervenuta Marie Rebecchi, che ha spiegato come la mostra nasca in risposta allo slogan di Parma 2020 ovvero “LA CULTURA BATTE IL TEMPO”. Attraverso l’esposizione, infatti, si vuole dimostrare che il cinema, essendo una macchina intelligente, è da sempre capace di sperimentare la quarta dimensione spazio-tempo. La sua presentazione inizia con un riferimento ad Alice nel paese delle meraviglie per proseguire sottolineando come il cinema vanti il merito di aver mostrato l’assente: un tempo altro, un tempo che inaugura una nuova dimensione cronologicamente esasperata e che, come una vera è propria macchina del tempo, è stato capace di mostrare l’inconscio e allo stesso tempo l’esattezza del visibile. Non solo, conclude la Rebecchi: il cinema è capace di animare tutte le cose, anche quelle inerti, ed è capace di trasfigurare tutto in un ambito estetico.

 

di Federica Mastromonaco, Nathan Greppi e Krizia Loparco

 

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