“Gli occhi della guerra”: il giornalismo di Fausto Biloslavo

LECTIO MAGISTRALIS SUL GIORNALISMO DI GUERRA: RISCHI E GARANZIE DI UN MESTIERE 'AVVENTUROSO'

Dalla pagina Facebook di Fausto Biloslavo

Venerdì 21 febbraio, presso il dipartimento di Giurisprudenza, di studi politici e internazionali dell’Università di Parma si è svolta la conferenza ‘Gli occhi della guerra’. L’incontro verteva sulla conoscenza di questa realtà e, più in particolare, sulle sue sfaccettature, raccontata da chi l’ha vissuta direttamente e da chi ne è stato testimone.

L’evento, organizzato da Priamo Bocchi, membro di CheckpointPasta e da Jacopo Tagliati, presidente di Azione Universitaria, ha avuto come ospite protagonista il reporter di guerra Fausto Biloslavo. Il giornalista triestino ha dedicato la propria carriera a indagare le dinamiche di vari eventi storici: dalle foibe, all’invasione sovietica in Afghanistan; dal conflitto afghano-talebano, alla battaglia di Tripoli. Nel corsa della conferenza, Biloslavo ha infatti mostrato spezzoni di alcuni documentari e reportage da lui creati.

Da giovane, insieme a due giornalisti vicini alla destra triestina, Biloslavo fonda l’Albatross Press Agency, un’agenzia di stampa, con numerose collaborazioni tra cui Panorama, Tg1, Avvenire, L’Europeo fino ad arrivare al lavoro stabile presso Il Giornale.

I MASSACRI DELLE FOIBE – La conferenza si è aperta con la proiezione di un reportage girato in Slovenia negli anni Novanta, periodo in cui Biloslavo si è occupato dei massacri delle foibe. Nel ricordare il 10 febbraio, giornata in memoria delle vittime delle foibe, il noto giornalista afferma: “Nessun crimine se è avvenuto giustifica un altro crimine” riferendosi all’uccisione di oltre 250.000 persone – italiani, serbi, croati, sloveni, bosniaci e montenegrini – sotto ordine di Tito, perchè accusati di essere fascisti. “Ma anche se fossero stati fascisti non avevano diritto a un processo?”  continua Biloslavo, il quale rimprovera all’Italia di trattare le foibe ancora come un tabù.  Al contrario, in Slovenia da qualche tempo è stata istituita una commissione governativa a riguardo.

L’ANGELO DI KABUL – In aula viene proiettata  la fotografia di un bambino/soldato in Uganda e la prima cosa che risalta sono proprio gli occhi del bambino: è da essi che  Biloslavo prende l’ispirazione per il titolo del libro fotografico Gli occhi della guerra. A riguardo, Biloslavo commenta :”Gli occhi della guerra sono questi, l’uomo che si aggrappa alla vita anche se sa che la vita gli sta sfuggendo. Gli occhi della guerra sono gli occhi dei civili , ma anche gli occhi di noi giornalisti che andiamo a raccontare il lato oscuro dell’umanità”.

Successivamente viene mostrata un’altra fotografia commovente che ritrae un bambino con delle protesi al posto delle gambe. Biloslavo spiega: “Questo bambino è chiamato l’angelo di Kabul in quanto è un simbolo di speranza per una pace futura e per tutti gli afghani che hanno perso le gambe per colpa delle mine”.

I SOLDATI ITALIANI – Fausto Biloslavo si sofferma anche sul ruolo dei soldati italiani che combattono a Kabul, al fianco degli afghani, contro i talebani. Mostra un video che ritrae i soldati italiani all’opera, tra bombe e carro armati, pronti ad agire contro il nemico. Pur lodandone il coraggio, però, il giornalista ammette: “Vale la pena combattere per il proprio paese, non per altri paesi”.

Racconta poi un aneddoto della sua esperienza in Afghanistan. Un giorno, mentre stava girando uno dei suoi soliti servizi, i Talebani arrivano a 50 km da Kabul, e lui decide di documentare lo  scontro ravvicinato tra la fazione afghana e quella talebana. In quella circostanza capisce che avrebbe dedicato la sua vita a fare il giornalista di guerra. Grazie e a causa del lavoro che intraprende assiste così a battaglie spietate, in cui esseri umani rischiano la vita tutti i giorni senza un motivo fondante. “Non esistono mai missioni di pace, come si sente spesso dire in televisione, esistono solo missioni di guerra. E la guerra è sempre brutta, sporca e cattiva” commenta il reporter.

L’IMMIGRAZIONE TERRESTRE – L’ultimo racconto del  giornalista riguarda un tema diffuso e assai famoso: l’immigrazione. Oltre all’immigrazione marittima che proviene dall’Africa ed è diretta verso l’Italia, esiste anche una immigrazione terrestre, ossia quella di chi parte dalla Bosnia nord-occidentale per arrivare in Europa. Questa è una tappa della rotta balcanica che inizia in  Turchia e passa attraverso Grecia, Macedonia, Serbia e quindi Croazia.

Ogni anno intorno ai 20.000 immigrati illegali intraprendono questo lunghissimo viaggio a piedi, ma solo il 10% passa al primo tentativo. La polizia croata, infatti, utilizza i droni per individuare dall’alto eventuali migranti. Se vengono fermati, non si arrendono e riprovano ancora finché non riescono a passare il confine. “Questi sono i miei occhi della guerra. Ogni volta che torno a casa mi piace prendere il treno perchè passa lungo la costiera, il golfo di Trieste, e ogni volta mi tornano in mente quei momenti drammatici e capisco una cosa fondamentale: siamo dannatamente fortunati a vivere da 70 anni in pace”.

Dopo questa immersione nei racconti e nelle emozioni, Biloslavo si sofferma a parlare del suo mestiere definendolo: “Una passione, una attrazione fatale” della quale non può fare a meno. Confessa che il giornalismo di guerra è un mestiere per giovani e, scherzando, dice che sarebbe giunta l’ora per lui di andare in pensione. Ma non si fa vedere dispiaciuto per questo, anzi, ammette che è giusto dare spazio ai giovani e quindi cedere il testimone. Anche se per via del tempo in cui viviamo e con l’avvento di internet e i social, l’articolo di giornale ha perso quella sua superiorità ed esclusività e, purtroppo, ha lasciato spazio a qualcosa di fugace e non approfondito.

Biloslavo rievoca, infine e con un filo di nostalgia, qualche caro amico che ha perso durante il tragitto, per colpa del rischio che riserva questo mestiere: “Un mestiere pericoloso, ma affascinante”.

 

di Maria Caterina D’Urso

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