Come i videogiochi hanno conquistato il mondo

IL SAGGIO "IL VIDEOGIOCO" DI LORENZO MOSNA RACCONTA IN MODO LUCIDO E ANALITICO LA STORIA DI QUESTO MEDIUM

Il mercato dei videogiochi ha un fatturato di gran lunga superiore al cinema e alla televisione; non è un caso che all’Università di Parma da quest’anno è stato dedicato un corso ai videogiochi. Sebbene quasi tutti, nella nostra vita, abbiamo giocato al Gameboy, alla Playstation o a giochi al computer, solo i più appassionati hanno approfondito questo tema anche sul piano teorico. Un primo approccio in tal senso è reso possibile dal libro Il videogioco. Storia, forme, linguaggi, generi, scritto dal docente dello IULM di Milano Lorenzo Mosna e pubblicato nel 2018 da Dino Audino Editore.

Il libro comincia narrando la storia dei videogiochi partendo dal 1947, quando i ricercatori americani Thomas Goldsmith ed Estle Mann brevettarono il primo apparecchio elettronico per giocare. La storia prosegue con la nascita dei primi videogiochi ad ampia diffusione, e l’invenzione delle console, toccando le prime due grandi crisi del settore, avvenute nel 1977 e nel 1983. Due crisi che colpirono nel profondo l’industria videoludica americana, ma che in compenso lasciarono emergere con forza quella giapponese, che era molto più aperta alle sperimentazioni. L’autore continua raccontando la nascita di numerosi generi, da quelli d’azione agli sportivi, da quelli d’avventura a quelli educativi. Verso la conclusione si spiega come oggi non sia più solo una passione per “nerd sfigati” come un tempo, bensì una forma d’intrattenimento rivolta a un pubblico di massa.

Il saggio ha il merito di spiegare con chiarezza e in modo scorrevole questo argomento anche a un pubblico di non addetti ai lavori, la cui curiosità verrà ulteriormente stimolata. Ma soprattutto, Mosna cerca di sfatare i pregiudizi secondo i quali il videogioco non sia una vera forma d’arte, riuscendo a bilanciare passione e razionalità. Come spiega nella prefazione Gianni Canova, rettore dello IULM e tra i più famosi critici del cinema italiani: “C’è un sostanziale misoneismo nella cultura accademica italiana: lo si vede bene nell’ostilità con cui le nostre Università hanno cercato di tenere a debita distanza i media novecenteschi, riservando lo stesso trattamento diffidente e sospettoso prima al cinema, poi alla televisione, quindi ai video game. Ogni nuove generazione ha dovuto combattere per vedere riconosciuta dignità culturale a forme di intrattenimento […] che si facevano largo nella società, fecondavano l’immaginario, trasformavano le relazioni individuali e collettive con il tempo, il corpo, lo spazio”.

L’autore critica chi dice che i videogiochi fanno male ai bambini e creano troppo dipendenza: in alcuni paesi, per esempio, si vuole far riconoscere tale condizione per legge. A tal proposito, Mosna ha ricordato che in passato anche i fumetti, i cartoni animati e persino i dolci avevano ricevuto la stessa accusa: emblematica è la citazione, che appare nell’introduzione del libro, tratta da un quotidiano tedesco che accusava i distributori di caramelle di spingere i giovani a “commettere una varietà di azioni criminali”: era il 12 luglio 1900, e se da allora sono cambiati i nomi, la sostanza è sempre la stessa.

di Nathan Greppi

 

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