Primarie Democratici USA: è corsa a due Biden-Sanders

NEGLI USA LE PRIMARIE DEL PARTITO DEMOCRATICO SONO ARRIVATE ALLA PRIMA SVOLTA. IL VOTO DEL SUPER TUESDAY HA DECISO I DUE IN GARA

Negli Stati Uniti, come ogni 4 anni, è arrivato quel momento in cui uno dei due maggiori partiti politici (oppure entrambi) scelgono il loro candidato per le elezioni presidenziali. L’appuntamento elettorale quest’anno sarà il prossimo 3 novembre, il martedì successivo al primo lunedì del mese di novembre, come da tradizione. Nel 2020 la competizione più rilevante è però quella interna al Partito Democratico. Infatti i Dems dovranno eleggere il candidato che sfiderà il presidente uscente Donald Trump.

 Mentre l’attenzione mediatica è concentrata sul candidato sfidante, il Partito Repubblicano ha già scelto il suo candidato. Forti del quadriennio trascorso con Trump alla Casa Bianca, i Repubblicani hanno infatti confermato il miliardario newyorkese come loro candidato, tramite l’appoggio fornito dal Comitato Nazionale del Partito. Tuttavia, la conferma ufficiale arriverà solo dopo la fine delle primarie e la Convention che si terrà tra il 24 e il 27 agosto. Anche se la campagna non sortisce alcuna sorpresa, dato il pieno appoggio della leadership di partito al Presidente uscente, è comunque prassi avviare la competizione nel partito dell’elefante.

IL MECCANISMO DELLE PRIMARIE: L’ELEZIONE DEI DELEGATI – I due partiti sono soliti eleggere il proprio candidato, per la corsa alla Casa Bianca,  attraverso il meccanismo delle primarie. Questo ricalca in maniera abbastanza fedele l’elezione semi-diretta del Presidente. Durante le primarie, infatti, si vota Stato per Stato per un totale di circa 3979 delegati. I delegati, eletti direttamente dai cittadini lungo un periodo che va da febbraio a giugno, sono coloro che avranno il mandato di eleggere direttamente il candidato alla Convention del partito (quella democratica si terrà dal 13 al 16 giugno). Dunque, il sistema elettorale Usa non prevede che il cittadino elegga direttamente il candidato politico in gara, ma un suo delegato. Sarà poi questo a votare direttamente il candidato, ma nel farlo sarà vincolato alla scelta di colui per il quale si era precedentemente schierato.

COS’É IL SUPER TUESDAY? – La competizione è ormai cominciata da poco più di un mese. Ci sono state 5 giornate di voto, che hanno coinvolto già 18 Stati. Martedì 3 marzo si è tenuta la quinta tappa del percorso, il cosiddetto Super Tuesday, uno dei momenti più importanti delle primarie. Si tratta infatti del giorno in cui  14 Stati USA votano tutti assieme, attraverso il meccanismo prima descritto, assegnando un terzo del totale dei delegati ‘in palio’, durante questo lungo tour elettorale. Il voto del Super Tuesday per la sua portata è il primo vero crocevia, poiché dal suo esito è spesso possibile fare i primi bilanci. Inoltre, questa giornata è solitamente il momento nel quale la competizione subisce la sua più importante svolta e definisce i due principali candidati alla nomination.

In questa occasione, la scrematura dei candidati che intendevano correre per le primarie del partito dell’asinello è stata piuttosto lunga. Per questa competizione elettorale erano inizialmente previsti ben 27 candidati democratici, una cifra record nella storia delle primarie americane. Tuttavia, oggi i candidati ancora in corsa risultano essere soltanto tre. Molti dei 27, infatti, avevano lasciato la competizione prima ancora della prima tornata elettorale in Iowa.

LA SVOLTA DEL SUPER TUESDAY- Il Super Tuesday 2020 ha dunque dato una parziale definizione di quel che sarà la competizione all’interno del Partito Democratico americano. Il risultato dello scorso martedì ha chiarito la posizione dei due maggiori candidati: Joe Biden e Bernie Sanders. Con loro tuttavia rimane, seppur attardata e senza possibilità effettive di vittoria, la rappresentante delle Hawaii Tulsi Gabbard. La parlamentare hawaiana ha finora raccolto solo 2 delegati e incredibilmente ancora rimane nella corsa per l’elezione del candidato democratico.

Il risultato della quinta tornata elettorale, che ha coinvolto 14 Stati, tra cui gli importantissimi Stati della California e del Texas, ha confermato le due tendenze venute fuori in maniera evidente nelle tappe in Iowa, New Hampshire, Nevada a South Carolina. Joe Biden e Bernie Sanders sono i due maggiori favoriti alla nomination democratica. L’ex vice-presidente di Barack Obama, Biden, aveva iniziato la sua campagna in maniera stentata, tuttavia la vittoria schiacciante in South Carolina e il trionfo in 8 dei 14 Stati, tra cui il Texas, lo scorso martedì, lo ha fatto balzare in testa con 670 delegati, contro i 574 di Bernie Sanders, forte degli ottimi risultati conseguiti in precedenza e della vittoria in California.

CORSA A DUE – Da una parte Joe Biden, candidato inevitabilmente collegato all’immagine di Obama, ha una forte presa sull’elettorato afroamericano e sull’elettorato più moderato del Partito Democratico, tratto che lo vede sicuramente più adatto agli occhi della governance del Partito per la competizione contro i Repubblicani. Dall’altra parte Sanders, che invece ha maggiore popolarità negli Stati in cui è forte la tradizione democratica. Le posizioni politiche di stampo socialista del senatore del Vermont non sono viste di buon occhio da buona parte della governance. Il timore è infatti che le sue posizioni troppo estreme non convincano l’elettore moderato che oscilla tra Democratici e Repubblicani.

ENDORSEMENTS E CAMPAGNE ELETTORALI – Come sempre però, in una competizione elettorale USA fanno parte del gioco pure i meccanismi di propaganda e la diffusione sul territorio. Forte dell’esperienza 2016, il Comitato Elettorale di Sanders risulta oggi quello con le maggiori possibilità tra i due. A controbilanciare la maggiore capacità del Comitato Elettorale di Sanders, Biden può presentare un ampio seguito di sponsor eccellenti, primo fra tutti Barack Obama, quantomai stella polare degli elettori democratici. Oltre all’ex-presidente, si sono uniti anche alcuni di coloro che si sono ritirati dalla competizione durante queste primarie: tre dei più importanti candidati ritiratisi, Pete Buttigieg (vincitore del voto in Iowa), Amy Klobuchar e Michael Bloomberg hanno infatti appoggiato pubblicamente Biden in seguito al loro ritiro.

Elizabeth Warren (Foto: Flickr)

L’AGO DELLA BILANCIA – Non ha ancora annunciato alcun sostegno Elizabeth Warren, invece, ultima a ritirarsi dalla competizione. La senatrice del Massachusetts non ha però escluso di poter appoggiare in seguito uno dei due candidati. Il suo avvicinarsi a Sanders, candidato a cui sembrerebbe più politicamente affine, potrebbe far pendere l’ago della bilancia a favore del candidato del Vermont. Anche perchè la Warren, prima di naufragare durante i 5 appuntamenti delle primarie, è stata nei mesi autunnali una delle favorite alla nomination. Numeri e situazioni in via di definizione, dunque, ma ancora molto confusi. Ad ogni modi, durante la Convention di giugno saranno necessari 1991 delegati per essere certi della vittoria e della conseguente nomination come candidato per il Partito Democratico.

In questa situazione molto indecisa e con la presenza, per quanto non ingombrante, di un terzo candidato, si potrebbe prospettare anche l’arrivo ad una Convention in cui nessuno dei due candidati raggiunga la soglia necessaria. Appuntamento dunque alla Convention per l’elezione del candidato.

 

di Stefano Francesco Utzeri

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