Istruzione e tv: la Rai nuovamente maestra per gli italiani

LA QUARANTENA RICHIEDE UNA DIVERSA PROGRAMMAZIONE TELEVISIVA E LA RAI NON PUNTA SOLO SULL'INTRATTENIMENTO

 

Televisione mezzo di intrattenimento e mezzo di istruzione. I due termini spesso ritenuti agli antipodi sono, in questo caso, complementari l’uno all’altro.

Oggi – in questo periodo di quarantena forzata causa Covid-19Rai Scuola e Rai Cultura hanno attuato un programma scolastico giornaliero con il quale i ragazzi si possono approcciare a diverse materie da casa. Ma, se chiedete a genitori e nonni, vi diranno che questa tradizione è molto più lunga di quel che si pensa e che la televisione che si pone come ‘grande maestra’ non è poi una novità dell’era tecnologica.

La Rai è sempre l’insegnante, il salotto è sempre l’aula, l’intrattenimento e il format televisivo sono sempre il mezzo… Cambiano solo colori e risoluzione.

CONTRO L’ANALFABETISMO – Il 3 gennaio 1954 cominciava una nuova epoca della storia italiana: era la prima volta che la Rai trasmetteva regolari trasmissioni televisive. La novità del mezzo, l’alto costo dell’apparecchio e lo scetticismo di molti limitarono nei primi tempi la possibilità di molte famiglie di comprarsi un televisore: i primi abbonati alla Rai furono solo 24 mila in tutta Italia. Nonostante questo, i numeri crebbero rapidamente già nel giro dei primi anni, la televisione rimaneva un bene di lusso che non tutti si potevano permettere. Si era quindi diffuso nella popolazione una sorta di ascolto collettivo:  in molti paesi poteva capitare la sera di vedere la gente uscire dalle proprie abitazioni per trasferirsi dal vicino più benestante o nei locali, che presto avevano capito l’impatto della televisione e se ne erano dotati.

La televisione attirava e piaceva grazie al suo format e al fascino dei suoi personaggi: nessuno voleva perdersi Lascia o raddoppia del giovane italo-americano Mike Bongiorno, la pubblicità presentata come storiella da Carosello modificò le tradizione di consumo – e contribuì alla mentalità ottimistica e positiva del boom economico -, le gambe delle Kessler scandalizzarono i più tradizionalisti. Ma gli italiani del dopoguerra erano un popolo ancora diviso e un pubblico diseducato. La televisione contribuì anche a questo, attuando un’unificazione linguistica che non si vedeva dall’Unità d’Italia: impose espressioni, battute, gusti e prodotti uguali per tutti, dai piemontesi ai siciliani, dai veneti ai sardi. Inoltre creò in un popolo diseducato e analfabeta una fiducia smisurata nelle proprie fonti: “L’ha detto la tv!” divenne una garanzia di verità. Oltre all’informazione-istruzione senza tempo del telegiornale, si imposero programmi che avevano proprio l’obiettivo di strappare gli italiani da ignoranza e analfabetismo. Parliamo di Telescuola e Non è mai troppo tardi.

Telescuola, programma andato in onda dal ’58 al ’66 sotto vari conduttori, era nata come esperimento con lo scopo di consentire il completamento del ciclo di istruzione obbligatoria ai ragazzi residenti in località prive di scuole secondarie. Non è mai troppo tardi, in onda dal ’60 al ’68, voleva invece insegnare a leggere e a scrivere a coloro che non avevano terminato gli studi.

Entrambe sostenute dal Ministero della pubblica Istruzione, non solo sono entrate nella storia della televisione italiana, ma aiutarono concretamente a risanare la piaga dell’analfabetismo: in anni dove le persone che non sapevano leggere e scrivere toccavano, in alcune zone, percentuali del 30%, questi programmi portarono al compimento degli studi un milione e mezzo di italiani. Lo fecero in un modo molto innovativo per l’epoca e quasi multimediale, con l’uso di grafici e disegni. Non è mai troppo tardi ebbe successo grazie soprattutto al suo presentatore Alberto Manzi, che riuscì ad essere il maestro comprensivo delle situazioni facendo esempi e semplificazioni ai suoi studenti, ma riuscì anche ad essere l’uomo di televisione attrattivo e dinamico che attira il pubblico.

Dimostrazione di quanto l’intrattenimento sia complice dell’istruzione in questo periodo, più per amplificare gli ascoltatori che non per la metodologia, questi programmi sono stati premiati dall’ONU e riconosciuti dall’UNESCO come mezzi meglio riusciti per combattere l’analfabetismo e sono stati esportati in tanti altri Paesi nel mondo.

CONTRO LA QUARANTENA – Quando, dal 26 di febbraio 2020 in poi, tutte le istituzioni scolastiche d’Italia sono state chiuse come misura di contenimento per il contagio, si è fatta subito sentire prepotente l’esigenza delle scuole e delle università di non bloccare i programmi: sono stati istituiti in fretta e furia piani di didattica online da casa, un po’ per non fermarsi completamente, ma anche per far vivere una quotidianità il più possibile normale agli studenti.

La televisione in generale ha attuato cambi di programmazione per far fronte alla quarantena degli italiani proponendo grandi film, saghe e programmi per tutti la famiglia. La Rai è andata oltre: si è vestita ancora una volta da professoressa e ha proposto al suo pubblico un ampio ventaglio di programmi istruttivi. Rai Scuola ha aggiunto alla sua abituale programmazione cinque ore giornaliere di lezioni di scienze, letteratura, lingue, storia, arte e filosofia. Rai Storia offre un appuntamento giornaliero con Viva la storia: 24 puntate costruite per gli studenti dagli studenti con l’aiuto di esperti. Rai Gulp e Rai Yoyo hanno invece unito l’utile e il dilettevole presentando per i più piccoli cartoni animati che danno nozioni di inglese, arte e scienza. Non solo, la piattaforma web Rai Cultura propone in streaming lezioni divise in sezioni per tutti gli insegnamenti e ha creato Scuola@casa: una guida in pillole per insegnanti e genitori sulle metodologie della didattica online, dove ci sono sezioni dedicate per preparare l’esame di maturità.

Lo stesso ruolo, quindi, in due contesti opposti. Negli anni ’60 la scarsa tecnologia e mezzi dovevano arrivare a un pubblico che per una vita aveva dato più importanza al lavoro che all’istruzione, ma che con il suo porsi come curiosa novità aveva attratto l’attenzione e aveva funzionato. Oggi, forse, la sfida è più difficile: siamo costretti in casa, circondati ora più che mai – data l’impossibilità di fare altro – dalle tecnologia e dai mezzi comunicativi e la televisione deve trovare il modo di farsi spazio tra gli altri supporti oggi più usati, deve competere con se stessa. Se negli anni ’60 aveva vinto lo scetticismo proprio per la sua capacità di fare divertire e distrarre le persone, in questo momento la Rai punta su un programma produttivo ed educativo. Probabilmente anche a scapito dello share e degli ascolti, che sono sempre più rivolti verso cartoni animati, serie tv, film e reality. Un dovere che va oltre la possibilità di guadagno e di cui la Rai ancora una volta si fa carico.

Questa emergenza, però, può essere un’occasione per tutti. Per la Rai che, sfruttando la permanenza a casa degli studenti e delle loro famiglie può cercare di valorizzare questi canali che fino a ieri erano più marginali: prima dell’emergenza lo share era dello 0,03%. Occasione per la scuola stessa che può scoprire come l’interesse suscitato da un documentario o da un programma tv attivo possa essere un metodo più efficace per insegnare e per apprendere rispetto alla classica lezione frontale (sebbene, in questo caso, online). Un’occasione per tutti noi che in questo periodo di noia non sappiamo cosa fare e che invece possiamo sfruttare le nuove piattaforme e tecnologie per imparare e arricchirci.

di Laura Storchi

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