Coronavirus, flashmob e il limite sottile tra solidarietà e buonismo

COSA CI RICORDEREMO DI PIÙ DOPO QUESTA QUARANTENA? FORSE PROPRIO I FLASHMOB CHE TIRANO FUORI IL LATO PIÙ BUONO MA ANCHE DIVERTENTE DEGLI ITALIANI

I primi accordi di chitarra si sono levati a Benevento, dai balconi di un centro abitato che si è in poco tempo trasformato in 15 minuti di musica ed evasione dalla realtà. A ruota le città d’Italia hanno replicato con libere iniziative e appuntamenti fissi diffusi dai social. I flashmob della solidarietà resteranno forse negli annali di questo tempo segnato dal Coronavirus, un po’ come quel “Poo po po po po poo po” del 2006.

Prima ancora dei tamburini e delle casse fuori dalle finestre, altre iniziative spontanee erano sorte nei luoghi più simbolici dell’emergenza: gli ospedali. A Parma, i vetri del Maggiore si sono riempiti in pochissimo tempo di messaggi di solidarietà e dei disegni colorati dai piccoli, rivolti a medici e infermieri, ma anche ai pazienti bisognosi del ricovero. Una catena di parole che hanno scandito il ritmo incessante delle corsie. Questa è Borgotaro, qui il sindaco Diego Rossi a deciso di diffondere l”Inno di Mameli’ dagli altoparlanti. Un modo per dare coraggio alla popolazione, in casa per contrastare il contagio. Ad alleviare la situazione di restrizione anche ‘Il mio canto libero’ di Lucio Battisti.

 

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La vita in casa ai tempi del Corona Virus (vagamente ispirato alla storia di C. T. e M.) #skysport #iorestoacasa #andràtuttobene @skysport

Un post condiviso da Marco Cattaneo (@marcocattaneoof) in data:

Lo storyteller parmigiano Nicola Gennari ha lanciato una raccolta di video per raccontare la quarantena, e anche CUS Parma Calcio sensibilizza tutti a rimanere a casa condividendo il video a puntate del giornalista Sky Marco Cattaneo che spiega l’emergenza COVID 19 con un interessante racconto voce e disegni. Decine di modi creativi hanno smosso il web in questi lunghi giorni di cattività, con un pensiero costante alle prime linee. Medici e infermieri sono i destinatari principali anche del video dell’associazione Zona Franca, che si limita ad applaudire lo sforzo dei sanitari. Proprio l’applauso è uno dei flashmob ricorrenti dai balconi di tutta Italia, anche se la forma di evasione preferita resta quella di improvvisare cori dai balconi sulle note di canzoni sempreverdi e italianissime.

“Dalla dark ambient alla tekno.. c’è qualcosa di deprimente in tutto ciò, ma fuori le palle e usiamo la testa, e soprattutto prendiamo a mazzate sto c**** di virus 🤟” – scrive Martian sul suo canale YouTube, proponendo la musica come antidoto a questi strani giorni. E ancora un intero DJ set montato sul tetto di un palazzo di Roma, zona Monteverde, fa risuonare l’inno di Mameli per tutto il quartiere.

Lo scampanio del Duomo domenica 15 marzo è risuonato in città confortando le cucine delle case dove il giorno festivo si è ridotto uguale a tutti gli altri e in quella intonazione collettiva ciascuno si è potuto sentire meno solo, meno impaurito e probabilmente anche sollevato per qualche ora da angoscianti pensieri ricorrenti. #Andràtuttobene è un grido unanime, una reazione tutta italiana, persino nei suoi eccessi trash…

Probabilmente è più facile in questo delicato momento in cui chiunque è sottoposto a una pressione psicologica notevole, sublimare la morte anziché affrontare un flusso di pensiero scomodo; probabilmente le iniziative che definiamo solidali e che destiniamo a tutti gli altri, sollevano in primis noi, se non altro perché ci tengono occupati per alcune di quelle interminabili ore di cui all’improvviso sono fatte le nostre giornate. Non a caso, si è scatenata una contro reazione da parte di chi osserva una certa contraddizione nell’atteggiamento degli italiani: “Il buonismo che imperversa in questi tempi di coronavirus è stomachevole – esordisce il dott. Magnolfi, direttore del Dipartimento di Medicina Specialistica della Usl 8 di Arezzo – Improvvisamente ci scopriamo tutti buoni, tutti italiani, tutti patrioti, tutti disponibili verso il prossimo, tutti pronti a rispettare le regole. Forse perché improvvisamente ci siamo scoperti vulnerabili, fragili, esposti al virus e alla ruota della fortuna che il virus fa girare”. Beppe Fiorello ha alzato la voce sulla necessità di tornare ad accettare la realtà mortifera che stiamo vivendo: “Camion militari per portare le bare dei morti e ancora si canta sui balconi, si fanno battutone spiritose su questa tragedia epocale, si fanno happening sui social – ha scritto sul suo profilo Twitter – Dobbiamo fare tre giorni di lutto nazionale, rispetto per i morti e le loro famiglie, social sì ma senza fare festa”.

Tuttavia, mentre lo stivale rivela la sua resilienza e ottimismo, ci sono altre comunità che non hanno riscoperto il valore dell’umanità; in America il sentore del mostro alle spalle ha mostrato il DNA di un popolo a cui se levi la libertà, per prima cosa si mette una pistola in mano. Un negozio di armi a Los Angeles aveva code che si estendevano lungo tutto l’isolato – scrive The Associated Press – mentre nello stato di Idaho uno store ha posto dei limiti alle vendite dopo che i suoi scaffali erano stati svuotati. I rivenditori affermano che la frenesia per gli acquisti è alimentata dal fatto che molti si sentono disperati, si comportano in modo imprevedibile, e si convincono di doversi proteggere. Anziché fare scorta di carta igienica, si mettono in tasca pallottole, perché mors tua vita mea. Lo ha testimoniato anche l’influencer italiana ClioMakeUp, che vive con la famiglia a New York, ma la settimana scorsa ha comunicato su Instagram di essersi allontanata dalla città, perché preoccupata dal clima che si stava creando, essendo tra l’altro al termine di una gravidanza e bisognosa di circostanze più serene. 

A questo punto, viva l’Italia.

 

Di Sofia D’Arrigo

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