Tre giovani infermieri. Tre storie di coraggio contro il Coronavirus

QUANDO IL COVID-19 CAMBIA LA VITA DI TRE NEOLAUREATI

Tre giovani menti brillanti, non solo dotate di coraggio e senso di altruismo, ma anche di buona volontà. Abbiamo raccolto tre storie molto attuali di tre ragazzi che sono nel mondo dell’infermieristica e in questi giorni la loro carriera si sta muovendo in una strana direzione. In una direzione che non si aspettavano minimamente. Nessuno del resto se lo aspettava. Il mondo fatto da ospedali e ambulanze li sta chiamando a gran voce. La battaglia da sconfiggere è la stessa per tutti, quella contro il Coronavirus. Ma loro, insieme ai medici, lo fanno in prima linea. A Parma la situazione è grave, in questi giorni è in corso il picco di contagi anche se si spera che il numero non salga ancora. L’impegno di questi tre ragazzi è notevole perché nonostante la loro giovanissima età sono pronti a sostenere i colleghi e a contribuire per assistere tutti i malati.

I tre giovani sono Laura Becchi (studentessa al terzo anno di infermieristica e volontaria in Croce Rossa), Anastasio Moothen (infermiere neolaureato e volontario di Croce Rossa) e Martina Marchesini (infermiera laureatasi l’anno scorso e già in servizio sulle ambulanze addette al Coronavirus).

Laura Becchi è al terzo anno di infermieristica e in questi giorni, a pochi mesi dalla sua laurea, si trova già nei reparti più sotto stress. In questo momento la sua carriera, che deve ancora svilupparsi al di fuori dall’università, si evolve molto in fretta. La sua presenza è un misto tra volontariato e tirocinio.

“Ho una visione ampia del problema perché mi trovo nel clou dell’emergenza. – spiega Laura – È una situazione molto critica e ho potuto vedere che per molti anziani la situazione si aggrava dopo l’ospedalizzazione. La componente particolarmente difficile da gestire per gli infermieri è quella psicologica. I problemi sono tanti, dall’indossare costantemente i DPI (dispositivi di protezione individuale come i guanti o la tuta, n.d.r.), alla paura di prenderci il virus, siamo umani anche noi”. Laura parla dell’aspetto che più l’ha colpita, il fatto che nonostante l’esperienza questa situazione mette a dura prova tutti gli infermieri e medici nell’aspetto psicologico. “La gestione psicologica sia nostra che del paziente è difficile. I pazienti sono coscienti fino alla fine, rimangono coscienti fino all’ultimo e sono coscienti che stanno morendo. Muoiono da soli, a causa dell’assenza dei parenti per ragioni di sicurezza, e quindi si aggrappano a te”.

“La parte più dura è quando questi pazienti ti chiamano per farti comporre il numero della moglie perché la vogliono sentire per l’ultima volta, del figlio o dei loro parenti più prossimi. ‘Non voglio morire da solo’ è la frase più sentita. Devi dare un po’ di tempo a tutti ed è la parte più complicata. La componente psicologica è molto dura. Ma ci sono anche dei pazienti che migliorano. Pazienti, anche anziani, che rispondono bene e vengono dimessi. E queste situazioni ti fanno sentire meglio rispetto al vedere continuamente dei finali non positivi. Queste situazioni sono due piatti della bilancia che dobbiamo saper equilibrare. È un’esperienza più unica che rara, ma noi stiamo facendo un buon lavoro, stiamo dando il massimo e speriamo che si arrivi presto al culmine e che la situazione si risolva presto”.

A raccontare il proprio impegno in questo momento difficile è anche Anastasio Moothen, infermiere da pochi giorni. Si è laureato online, con un mese d’anticipo per prestare subito servizio alla comunità contro questa emergenza. Anastasio è anche volontario della Croce Rossa di Parma dove, a poche ore dalla sua laurea, si è trovato in turno sulle ambulanze più critiche come volontario.

“La mia carriera sta partendo adesso e hanno velocizzato la procedura di laurea perché possiamo essere utili sul territorio parmense in questa grossa emergenza. C’è bisogno di noi. Ci siamo laureati in 44, tutti rigorosamente online. Anche se i neolaureati non sanno a cosa vanno in contro perché non hanno mai potuto vedere un caso di Coronavirus dal vivo e non hanno mai fatto pratica. Ma nel mondo del volontariato il fattore cambia molto. Abbiamo potuto apprendere nelle associazioni di volontariato sanitario cosa ci aspetta. La difficoltà principale è avere contatti con persone e in reparto ci sono diverse criticità. Io ho come obiettivo quello di lavorare nell’emergenza territoriale. A livello universitario non vi è stata grande formazione per far fronte a questo perché non ci si aspettava certo un evento pandemico di questa entità, non avremmo mai immaginato un evento così grosso. Io ho avuto modo di sviluppare il mio interesse anche con la mia tesi su un discorso di NBCR (Nucleare biologico chimico radiologico, n.d.r.) che mi porta ad avere una maggiore competenza sul caso e la formazione del personale in questo evento come per esempio l’uso dei DPI e la difficoltà psicologica. Appena riceverò l’abilitazione da parte dell’ordine degli infermieri inizierò questo viaggio dove il mio aiuto, come quello dei miei colleghi, è particolarmente necessario e dove ho già avuto modo di poterlo in parte vivere sulle ambulanze della Croce Rossa per il trasporto di persone affette da Covid. La mia laurea è nata in una pandemia, ed è come se un soldato appena formato venisse mandato direttamente in guerra”.

Martina Marchesini, invece, si è laureata l’anno scorso ed oggi è in servizio sulle ambulanze del 118: “Io collaboro per uno studio infermieristico che si occupa di emergenza territoriale. Noi infermieri siamo stati ingaggiati per il trasporto dei contagiati da Coronavirus che devono essere a bordo di un’ambulanza dedicata al virus oltre poi che all’emergenze che copriamo normalmente. La mia vita da quando c’è il Coronavirus è cambiata: ho dei turni lunghi e stressanti in cui devo affrontare dei pazienti anziani che si aggravano maggiormente e spesso ipossici (ovvero con un livello di ossigeno nel sangue molto basso). Dal lato umano è una situazione psicologicamente difficile perché spesso i pazienti hanno paura e con loro i parenti. Non mi sarei mai aspettata nulla di quello che abbiamo studiato in Igiene all’Università”. Alla pressione e stress si aggiungono poi le difficoltà materiali, “le risorse vengono spesso a mancare perché il tempo è poco e i pazienti sono tanti, ma non deve mai mancare l’empatia verso le persone, perché si devono soccorrere delle persone agitate che stanno molto male. Quello che mi prometto di fare è proteggermi da tante emozioni negative ma anche di metterci il cuore in quello che faccio per fare stare meglio queste persone come missione della mia stessa vita“.

di Nicolò Bertolini

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