L’emergenza che non si voleva vedere: il caso della Spagna

GLI STUDENTI ITALIANI IN ERASMUS IN SPAGNA RACCONTANO L'EMERGENZA COVID-19 AFFRONTATA PER MOLTI IN RITARDO

Coronavirus Spagna

L’emergenza Coronavirus, seppur di portata mondiale, nelle ultime settimane ha visto un aggravarsi della situazione sanitaria in alcuni paesi rispetto ad altri. È il caso, per esempio, della Spagna nella quale il Coronavirus sta crescendo in modo esponenziale. I casi sono passati da 2 a 100 in una settimana, il giorno successivo da 100 a 1.000 e da 1.000 a 4.000 in quattro giorni.

LA SITUAZIONE CORONAVIRUS IN SPAGNA –  I numeri hanno continuato a crescere vertiginosamente anche dopo la messa in atto delle prime misure restrittive emanate il 14 di marzo. Per questo motivo lo scorso sabato il capo del governo Pedro Sanchez, raggiunti i 72.000 infetti e i 5.690 morti per Covid-19, ha annunciato pubblicamente l’inasprimento delle misure di contenimento che prevedono l’isolamento per tutti coloro che non svolgono attività essenziali fino al 9 aprile. Tuttavia questo ha scatenato molte polemiche sia nell’opposizione che tra gli alleati di governo. I partner di Sanchez, tra cui Unidas Podemos, spingevano per misure più drastiche già da tempo ma il governo, fino al 28 marzo, è stato riluttante ad inasprire ulteriormente le restrizioni al movimento, opinione che è cambiata dopo aver visto aumentare il numero dei morti nello scorso weekend.

Adesso però a spaventare il governo non è solo il numero dei morti e la portata del contagio ma la rapidità a cui il virus si propaga. Le autorità infatti temono e prevedono un collasso del sistema sanitario nazionale. Anche la Spagna, come l’Italia, a causa dei grandi numeri di contagiati, si ritrova in difficoltà non solo per quanto riguarda l’affollamento delle terapie intensive ma anche nel reperire materiali sanitari basilari come camici e mascherine. Si legge di questo su El Pais: “Mentre ci si avvicina o si è già al culmine dei casi di Coronavirus e gli ospedali traboccano di pazienti gravi che devono essere ricoverati in reparto o in terapia intensiva, gli operatori sanitari che si occupano di questi pazienti sono lasciati indifesi. Ogni giorno, sui social network o attraverso i loro rappresentanti sindacali, riportano come improvvisano camici protettivi con lenzuola chirurgiche o come riutilizzano materiale come le maschere, che sono usa e getta. Nei territori più colpiti dalla crisi, come Madrid e la Catalogna, si effettuano questi test solo sui malati gravi e sugli operatori sanitari, il che rende impossibile sapere quante persone sono realmente infette”.

IL GOVERNO SPAGNOLO SI È MOSSO IN TEMPO? – Intanto si cerca di dare una spiegazione alla rapidità di diffusione del contagio che, secondo i virologi, potrebbe essere determinata da numerosi fattori e ha aperto un grande dibattito interno nel Paese sulla tempestività ed effettività delle misure di contenimento. Alcuni, tra cui Daniel López Acuña, professore associato della Scuola Andalusa di Sanità Pubblica, attribuiscono la diffusione così rapida del virus al fatto che il primo focolaio fosse a Madrid, uno dei centri nevralgici e produttivi del paese. Sempre secondo Acuña si può attribuire l’alta crescita del numero dei casi al ritardo delle misure di contenimento che avrebbero dovuto essere imposte molto prima seguendo il modello d’azione italiano. Come afferma in un’intervista: “In Italia è stata maggiormente ridotta la mobilità intorno ai primi focolai, mentre in Spagna è rimasta alta nei giorni precedenti alla dichiarazione dello stato di allerta”.

Tuttavia, nonostante anche in Italia si sia discusso sul ritardo dei paesi confinanti nel prendere provvedimenti, la percezione della popolazione spagnola nei confronti dell’operato del governo sembra essere abbastanza positiva. Su questo argomento sono stati intervistati alcuni studenti e lavoratori spagnoli chiedendo la loro opinione sulle misure prese riguardo la quarantena e tra loro non sembra esserci nessun dubbio sul fatto che il governo abbia agito nei tempi previsti. Tutti gli intervistati convengono sul fatto che sarebbe stato impossibile prevedere un così alto tasso di contagi poiché la situazione è esplosa in un intervallo di tempo molto ristretto. Ad esempio Alejandro, studente nell’Università di Murcia, ci racconta: “Lo stato di allerta è stato dichiarato al momento giusto, non aveva senso averlo fatto prima. Forse alcune misure avrebbero dovuto essere adottate prima, come la chiusura di campi di calcio, teatri, cinema e la chiusura dei voli verso paesi con un gran numero di persone infette, come l’Italia o la Cina, o almeno l’effettuazione di più controlli negli aeroporti. Ma per quanto riguarda la quarantena credo che sia stata fatta al momento giusto e sì, sta indubbiamente aiutando a rallentare a poco a poco la curva delle persone infette.”

Le critiche rivolte all’operato del governo spagnolo, che avrebbe sottovalutato la gravità della questione, si basano sul fatto che non abbiano considerato la situazione italiana come un campanello d’allarme. Se avessero seguito l’andamento del virus in Italia infatti, avrebbero potuto prevedere e prevenire la tragedia che stanno vivendo. Sempre su El Pais il giornalista spagnolo Pablo Ordaz afferma nel suo editoriale: “Per quanto possa sembrare incredibile la situazione in Italia – a sole due ore di volo da Madrid o Barcellona – era ancora vissuta come qualcosa di alieno, forse esagerato. Nonostante i dati sempre più allarmanti provenienti dalla Cina e dall’Italia, in Spagna ci è voluto tempo per reagire e per percepire l’entità del contagio locale. Il 9 marzo, quando le scuole di Álava e Madrid sono state chiuse, Sánchez ha partecipato alla cerimonia di chiusura del congresso dei lavoratori autonomi, insieme al presidente della comunità autonoma di Madrid e al sindaco della capitale. Ci sono abbracci, strette di mano e la foto formale di tutti insieme e felici. Quel giorno, i positivi sono saliti fino a 1.204 e 24 persone sono morte”.

La mancata presa di coscienza del governo ha fatto sì che anche tra i cittadini spagnoli sembrava non esserci consapevolezza della gravità della situazione, nonostante i media riportassero la grave situazione italiana. “All’inizio sembrava una cosa molto lontana, anche quando in Italia il numero di persone infette iniziava a essere preoccupante. Da quando è stato dichiarato lo stato di allarme vedo che la gente è consapevole della gravità e non pensa che ‘si tratti di una normale influenza’. La maggior parte delle persone rispetta la quarantena e non lascia le proprie case se non per il necessario”, conclude Alejandro.

Tra coloro che però sembrano essersi resi conto della pericolosità della situazione ancor prima che venisse dichiarato lo stato di emergenza, ci sono gli studenti italiani che si trovavano in Spagna per il periodo di mobilità Erasmus.  Marco, studente italiano in Erasmus a Cordoba afferma: “Ci siamo resi conto in anticipo della gravità della situazione rispetto alla società spagnola e abbiamo applicato le stesse misure preventive imposte dallo Stato italiano ancor prima che i colleghi spagnoli si adoperassero a riguardo. Purtroppo inizialmente il problema è stato sottovaluto da molti e oggi ci ritroviamo in questa situazione critica anche per questo motivo”.

GLI STUDENTI ITALIANI IN SPAGNA – Dal 14 marzo, quando il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di allarme, anche le frontiere terrestri sono state chiuse, dopo che la Spagna, come quasi tutti i paesi in Europa, ha sospeso il trattato di Schengen (che prevede la libera circolazione all’interno dei paesi membri dell’Unione Europea) per contenere la diffusione del virus. A pagarne le conseguenze e ritrovarsi in una situazione scomoda sono stati proprio gli stessi studenti Erasmus che, oltre a vivere l’esperienza di studio all’estero in maniera del tutto inaspettata, sono rimasti bloccati in quarantena lontani dalla propria famiglia.

“È davvero un paradosso – racconta Alice, studentessa in Erasmus a Murcia  – non poter uscire di casa essendo lontana dalla tua vera casa. Ovvio non è l’Erasmus che pensavo di vivere. Io sto bene perché sono stata fortunata ad avere una coinquilina gentilissima che mi ha invitato a venire a passare questo periodo a casa sua a Lorca con la sua famiglia. Se fossi dovuta rimanere da sola a Murcia tutti questi giorni credo che sarei andata in depressione. Mi ha molto deluso il fatto che per chi vuole tornare in Italia è praticamente impossibile”.

Tra gli studenti c’è chi ha deciso di rientrare in Italia, usufruendo delle soluzioni create dalla Farnesina per il rimpatrio,  ma non senza riscontrare problemi. E’ il caso di Marco e di molti altri ragazzi che hanno deciso di passare il periodo di isolamento con le proprie famiglie. “Dopo vari giorni di riflessione, io e alcuni amici, abbiamo deciso di tornare in Italia grazie ad uno dei voli speciali messi a disposizione da Alitalia. Abbiamo valutato pro e contro della scelta e siamo giunti alla conclusione che un Erasmus durante un periodo così difficile, chiusi in casa e lontani dalla famiglia, non può essere vissuto al meglio. Sono stati messi a disposizione diversi voli in partenza da Madrid e da Malaga con destinazione Roma Fiumicino. Nonostante l’emergenza il costo dei biglietti è stato piuttosto elevato e non ci sono state né una buona comunicazione, né un buon coordinamento tra i vari enti (ambasciata, Farnesina, Alitalia, università), generando ulteriore confusione tra chi aveva intenzione di rimpatriare”.

Proprio per questi motivi un gruppo di studenti Erasmus italiani, al momento in quarantena nella Città di Murcia, ha deciso di unirsi e scrivere una lettera di protesta per la cattiva gestione del loro rientro da parte delle autorità competenti. Le motivazioni della loro protesta sono principalmente il costo, la disorganizzazione e l’insicurezza del viaggio da sostenere. Questi tre problemi a detta degli studenti sono stati determinanti perché molti studenti fossero costretti a rinunciare a tornare a casa.

Qui una parte della lettera:

“Vi scriviamo questa mail a nome della maggior parte degli studenti Erasmus che si trovano in Spagna. Abbiamo preso visione ieri dei voli di Alitalia che sono stati istituiti per permetterci di tornare a casa, e abbiamo delle osservazioni da fare in merito. Innanzitutto ci è sembrato assurdo scegliere come aeroporto di partenza quello di Madrid, centro di diffusione del Covid19 che ad oggi conta quasi 6000 casi. Potrebbe essere una buona opzione per chi già si trova lì o nelle vicinanze, non di certo per chi dovrebbe affrontare ore di pullman per arrivare. Purtroppo anche raggiungere l’aeroporto di Malaga non è per niente semplice. I collegamenti sono ovviamente ridotti a causa del virus, e per questo motivo giungere agli aeroporti sopra indicati ci è risultato veramente complesso.

Altro tasto dolente, il costo di questo viaggio. Noi ci siamo accorti della presenza di questi voli, in seguito ad una mail inviata da alcune università alle 19 e grazie soprattutto al passaparola tra studenti. Quando siamo entrati sul sito dell’Alitalia il prezzo era già arrivato a 200€. Cifra a cui si devono sommare spostamenti (quando possibili) con i mezzi qui in Spagna più quelli necessari una volta arrivati a Roma Fiumicino. Come potete immaginare non siamo tutti residenti nella capitale, anzi… Il prezzo totale si potrebbe aggirare intorno ai 350/400€. Siamo in estrema difficoltà in questo periodo e sostenere una spesa del genere di certo non è alla portata di tutti. Spesa a cui si aggiunge l’inevitabile e quasi sicuro rischio di essere contagiati, visto che i voli vengono riempiti senza neanche lasciare un posto libero tra un passeggero e l’altro.

La più grande preoccupazione degli studenti dunque è quella che una cattiva gestione dell’emergenza e del loro rimpatrio possa essere causa di maggiori contagi. Sperando che nelle prossime settimane le misure di sicurezza e l’organizzazione di entrambi i paesi migliorino, così che gli studenti possano rimpatriare senza rischi per la propria salute e quella delle loro famiglie.

di Melissa Marchi

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*