Covid-19: la Cina ricomincia, il racconto di un parmigiano a Shanghai

TRA SCETTICISMO E OTTIMISMO, IL PAESE TORNA LENTAMENTE ALLA NORMALITÁ DOPO OLTRE TRE MESI DI LOCKDOWN TOTALE

La Cina vuole ripartire. Dopo quasi 3 mesi in piena emergenza, si cerca di ritornare alla quotidianità, pur sempre tenendo sotto controllo la situazione attuale. Commovente e pieno di speranza il video di come il personale medico e sanitario cinese ha festeggiato l’ultimo paziente dimesso dall’ospedale di  Wuhan. Sotto quelle mascherine, un sorriso liberatorio che ha riempito a tutti il cuore.

Ospedale da campo in Cina. Foto: agi.it

LA RISPOSTA DEL GOVERNO ALL’EMERGENZA – La linea attuata dal Governo cinese si è dimostrata, fino ad ora, in grado di far fronte a questa emergenza. Dopo un ragionevole periodo di smarrimento, si è cercato in tutti i modi di arginare il contagio e da subito il Governo si è adoperato per allestire ospedali da campo mirati al contenimento ed al trattamento esclusivo di pazienti positivi al Covid-19. Risultata vincente la scelta di una chiusura totale precoce, sia in entrata che in uscita, di quelle zone a massimo rischio di contagio, come la ormai famosa città di Wuhan, denominate zone rosse.

Per avere un’idea più chiara dell’epidemia da Covid scoppiata in Cina, abbiamo sentito un parmigiano trasferitosi da anni in Cina. Davide Bambozzi è un lavoratore per la sede di Shanghai di una azienda parmigiana ed è ormai stabile da più di tre anni in Cina.

“Come credo l’80% dei cinesi, mi trovavo fuori casa per i festeggiamenti del Capodanno, racconta Davide. La diffusione del virus è infatti cominciata proprio in concomitanza con una delle più sentite ricorrenze cinesi. Un sentito appuntamento festoso che, in quelle circostanze di ritrovamento sociale, ha costretto migliaia di persone a ritrovarsi bloccate nelle zone in cui si erano spostate per onorare questa ricorrenza.  “Mi ero recato fuori dalla mia città (ossia Shanghai) e mi sono trovato ad essere bloccato in questa cittadina, a Chingao per la chiusura dei confini e ci sono rimasto per quasi 2 mesi”, spiega infatti Davide.

LOCK-DOWN, MA NON IN TUTTA LA CINAÈ stata attuata la chiusura totale per limitare la diffusione del virus a Wuhan e altre zone, ma non ha interessato tutte le città. Il ‘lock-down‘ è stato operativo solo per alcune zone ad altissimo rischio, le cosiddette zone rosse. “In altre città come Shanghai, o dove mi trovavo, valutate ad un rischio inferiore – racconta Davide – si è chiusa l’intera zona, ma con la possibilità di uscire di casa in sola evenienza di necessità come l’acquisto di generi alimentari e medicinali”. Anche nelle zone meno colpite e più isolate dai centri cittadini, quando si rendeva necessario uscire di casa per fare la spesa, si è notato come tutti indossassero i presidi medici di protezione indicati dalle autorità.

COME HA REAGITO LA POPOLAZIONE? – Misure così ferree hanno permesso la gestione ottimale dell’intera emergenza in Cina. Secondo Davide, la buona riuscita delle misure adottate è in gran parte merito del senso di responsabilità delegata al singolo cittadino: “Devo dire che sono rimasto piacevolmente colpito dalla collaborazione della popolazione. L’adesione dei cittadini cinesi rispetto alle normative emanate è stata considerevolmente importante; ha permesso di ridurre al minimo l’occasione di nuovi contagi, in una volontaria e decisiva cooperazione sociale“.

Degno di nota è anche l’impiego di forze di polizia ed altri operatori sul territorio, “la cosa più importante è stata – racconta Davide – impiegare un numero enorme di risorse umane, e non solo, per rifornire tutta la popolazione delle zone di lockdown“.

Colpisce come si è fatto fronte efficientemente all’approvvigionamento di generi alimentari e di prima necessità nelle zone rosse. Un importante contributo è stato dato anche dalle aziende private nel settore alimentare, che si sono rese altamente disponibili. Come racconta Davide, “in alcuni casi vi sono stati esempi di fornitura gratuita e il conseguente rifornimento di alimenti coadiuvati dai supermercati”.

 

Questa la situazione nelle zone più colpite. Ma nelle zone della Cina che non sono entrate in totale ‘lockdown‘, era possibile l’uscita delle abitazioni, anche se consentita solo in caso di primissima necessità. All’entrata dei supermercati erano posizionati dispenser di soluzioni disinfettanti per le mani e poi si compilava un modulo per consentire l’accesso. “Ad ogni supermercato si effettuavano rigidi controlli, ma le persone si prestavano volontariamente con grande senso civico nell’adempienza delle regole.”

LA SITUAZIONE SUL FRONTE ITALIANO – In Italia la situazione si è aggravata circa un mese più tardi rispetto alla Cina. “Penso che l’Italia si sia mossa forse con qualche giorno di ritardo, ma è comprensibile; del resto chi poteva aspettarselo? – commenta Davide – Anche qui in Cina abbiamo avuto un primo momento di disagio, però quasi subito colmato. Come la Cina è ed è stata ad esempio all’ Italia, così l’ Italia dovrebbe essere, per gli altri Stati europei, il modello di riferimento.”

IN CINA SI RIPARTE, MA CON LE DOVUTE PRECAUZIONI – Ad oggi in Cina, ‘focolaio primordiale’ di questa pandemia, si comincia a vedere la luce in fondo al tunnel. Dopo quasi tre mesi di emergenza piena, la situazione sta notevolmente migliorando. Negli ultimi giorni si sono registrati tuttavia nuovi casi che, seppur in numero esiguo, hanno reso necessaria la chiusura precauzionale dell’intera provincia di Henan (600.000 abitanti), oltre che l’intera regione autonoma di Hong Kong. Nonostante questi nuovi sviluppi, le autorità competenti dichiarano di non allarmarsi ed escludono la possibilità di nuovi focolai.

“Si comincia, quindi a tornare alla quotidianità” – continua Davide – “Certo tutte le strutture di aggregamento sociale a maggior rischio come università, scuole, cinema e teatri sono ancora chiusi, ma tanta gente è tornata a lavorare.”

Si è passati al livello 2 di emergenza, che prevede condizioni meno stringenti ma comunque ben delineate e  volte a salvaguardare la salute collettiva. Si può quindi ricominciare a circolare, ma con delle precise limitazioni. Sono stati riaperti i voli nazionali e attivati i trasporti pubblici ma le forze di polizia gestiscono tutto il traffico. “Qui esiste un sistema informatico di monitoraggio del traffico di persone in entrata ed in uscita – spiega Davide – É un sistema che tramite la misurazione della temperatura e mediante un questionario telematico effettuato al momento, restituisce un feedback sul livello di rischio. I possibili risultati vanno dal verde (livello minimo) al rosso (livello massimo), passando per il giallo, che è il livello intermedio”.

Foto: flickr.com

Alcune categorie di lavoratori sono tornate alle loro mansioni. Per esempio per i ristoratori o categorie affini è stata permessa l’apertura; il tutto sotto l’occhio vigile delle autorità sul territorio. “Ancora poche persone si recano al ristorante -spiega Davide- ma lentamente hanno cominciato a riempirsi. Ottimisticamente spero di poter essere di ritorno in Italia entro la fine dell’estate”, conclude Davide. 

MA PICCOLI NUMERI RICHIAMANO L’ATTENZIONE- É vero, tutto sta ripartendo in Cina. Ma la notizia di nuovi casi, seppur in minimo numero, non passa certo inosservata. Solo ieri sono stati registrati 32 casi di contagio da Covid-19, tutti importati da paesi stranieri. In contrasto positivo la notizia che la città di Wuhan, focolaio dell’intera epidemia, ha revocato tutte le misure che erano ancora in forza, dopo quasi tre mesi di completo lockdown.

Citando i dati rilasciati e validati dagli enti preposti alla Sanità ed al controllo dell’emergenza cinesi, dall’inizio dell’epidemia, si sarebbero registrati nel Paese solo 3.331 decessi su un totale di 81.740 contagi. Si avrebbe quindi un tasso di guarigione pari al 94,4%, come riporta la testata open.online.

Non sono mancate tuttavia perplessità da parte dei Paesi occidentali sui numeri forniti. Scetticismo anche da parte della comunità scientifica, che rimane dubbiosa riguardo al numero totale dei morti, specialmente se confrontato con gli analoghi dati raccolti in Europa e nel resto del mondo. Anche l’intelligence Usa ha dichiarato alla Casa Bianca che il Governo cinese avrebbe fornito ‘volontariamente’ dati falsati su contagi e decessi da Coronavirus, come riporta in un articolo IlFattoQuotidiano.

Innegabile però, è che la Cina si stia lentamente riprendendo e che l’epidemia nel Paese si stia a poco a poco dissolvendo, fornendoci un qualcosa di più che un semplice barlume di speranza.

di Mattia Mucci

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