“Magnifico Rettore, il nostro futuro è un’incognita”
LA LETTERA APERTA DEGLI STUDENTI DELL'UNIVERSITA' DI PARMA AL RETTORE PAOLO ANDREI
Magnifico Rettore,
in questo momento di difficoltà e incertezze, vogliamo rivolgerci a Lei, per offrire il nostro contributo alle riflessioni sul nostro futuro da studenti. Sappiamo che l’Università di Parma sta affrontando una sfida complessa contro il Covid-19, che richiede un ripensamento totale delle modalità con cui finora si è svolta la vita accademica. In questo senso, vogliamo innanzitutto ringraziarla per lo sforzo profuso dai primi giorni dell’emergenza, per garantire il prosieguo delle principali attività di Ateneo, come lezioni ed esami. Tuttavia, molte sono le criticità che ci sono e ci saranno da affrontare per tutti, studenti e docenti. Crediamo che il prossimo anno accademico sia, ad oggi, ancora un’incognita troppo grande.
Presto o tardi delle scelte andranno compiute e desideriamo che in questa fase la voce degli studenti abbia modo di esprimersi ed essere ascoltata. Non può esserci infatti cambiamento che non parta dal basso. Per questo, abbiamo individuato gli aspetti più urgenti che toccano importanti diritti degli studenti, con la volontà precisa di suggerire possibili provvedimenti. Inoltre, riteniamo altrettanto necessario raccontare l’umore di tutti noi, in questo periodo di dubbi e sconforto.
Un problema che affligge pressoché tutti gli studenti, è quello dei costi dell’università in tempi di crisi. Tra studenti dipendenti da genitori che in questo momento storico sono in difficoltà e studenti lavoratori, in difficoltà da sempre, l’università ha deciso di posticipare il versamento della terza rata. Benché questa misura rifletta i provvedimenti governativi del decreto Cura Italia, che hanno semplicemente spostato il versamento delle tasse, bisogna prendere atto di come ci si trovi davanti ad una criticità oggettiva. E non è affatto detto che ad epidemia terminata tutto possa tornare alla normalità. Anzi, le previsioni giudicano naturale una crisi economica ad epilogo funesto di quella sanitaria, che andrà a colpire soprattutto gli studenti, sorpresi da una nuova realtà quotidiana e dubbiosi riguardo al futuro.
Il punto d’incontro tra le esigenze della macchina amministrativa universitaria e la situazione finanziaria degli studenti potrebbe essere rappresentata innanzitutto dall’eliminazione della mora sul pagamento di seconda e terza rata per l’anno accademico attuale, oltre alla possibilità di sostenere l’esame di laurea entro e non oltre la sessione autunnale, senza per questo dover sopportare oneri aggiuntivi. Inoltre, se il calcolo del contributo universitario personalizzato si basa sulla situazione economica fotografata dall’ISEE, è necessario osservare come il documento in questione sia riferito ai redditi percepiti nell’anno fiscale 2019, non contemplando le circostanze attuali. Appare quindi ragionevole un discorso che tenda ad estendere l’area di chi beneficia della riduzione delle tasse, per includervi anche chi nel 2020 ha visto ridotta la propria capacità reddituale, e si troverebbe nella condizione di non riuscire a sostenere le spese al giorno d’oggi.
Un’altra questione importante per la nostra sicurezza è l’organizzazione delle aule nell’eventuale ripresa delle lezioni a settembre. Naturalmente confidiamo nel fatto che in quel periodo la situazione del lockdown possa essere attenuata; tuttavia, ci saranno ancora norme di condotta da rispettare – lo sappiamo già -, su tutte il distanziamento sociale. Non si potrà fare a meno, allora, di un’adeguata strutturazione degli spazi in vista della ripresa delle lezioni, pur consapevoli che la prospettiva della didattica a distanza prima, e della modalità mista poi, sono le previsioni più probabili. Ma è bene ribadire che i corsi online non sono la nostra prima scelta. La didattica a distanza destinata con tutta probabilità a durare fino al primo semestre del prossimo anno, per quanto abbia agevolato e provveduto nell’immediato a non stravolgere del tutto le nostre attività, va rivalutata in molti punti. Non tutti i professori si sono premurati di elargire lezioni live o registrate; alcuni corsi destinati ad un apprendimento più laboratoriale hanno dovuto riadattare i programmi, adottando un approccio solo teorico. La consideriamo una mancanza grave. Ancora, questione strumentale: non tutti disponiamo di connessione adatte per reggere le piattoforme adottate o dispositivi sufficienti a garanzia di una buona resa delle ore di studio. Che ne sarà degli studenti che non ne possiedono perché impossibilitati economicamente all’acquisto?
Abbiamo tutti una gran voglia di tornare a rivivere le lezioni nelle aule, a confrontarci faccia a faccia con i colleghi e con i professori. La riapertura della biblioteca per noi è un buon segnale per il ritorno alla normalità, ma sappiamo che nel caso delle aule servirà maggiore contenimento. Siamo certi che si possa trovare una soluzione.
Nella mutabilità assoluta che ha coinvolto i nostri stili di vita e le prospettive future, ciò che invece non è cambiato, pandemia o meno, è la pretesa dei professori di preparare esami attraverso libri i cui costi risultano proibitivi. Per un esame da 6 CFU si arriva a consigliare quattro libri, per un esborso equivalente a tre o quattro settimane di spesa di generi alimentari di uno studente medio. Si considera inoltre che alcuni libri sono solo “consigliati”, altri invece prevedono che dalle loro pagine se ne studi solo una parte, quasi sempre superiore al 15% tollerato dalla SIAE per le fotocopie, ed altri ancora sono obbligatori ma solo per i non frequentanti, salvo poi non rientrare nel novero degli argomenti oggetto di domande d’esame. Ci si chiede allora se non si possa “asciugare” le richieste per favorire la fluidità dell’apprendimento e tutelare nel contempo le esigenze economiche degli studenti. Le possibilità sono molteplici: dispense, utilizzo di pdf, ebook o persino estratti fuori copyright da scaricare attraverso sistemi come Google Libri. Si chiede di cogliere l’occasione di digitalizzare le lezioni per adeguare anche i testi da utilizzare.
La raggiungibilità dell’università attraverso i mezzi pubblici è la chiave del successo degli atenei e va detto che fin qui Unipr ha sempre cercato di favorire la mobilità in autobus, potendo sfruttare le sue sedi distaccate e ben due linee dedicate agli spostamenti universitari verso il campus, con numerosi rinforzi negli orari di punta e una politica di alleggerimento dei costi degli abbonamenti per gli studenti, in sinergia con l’azienda di trasporti locale. Tuttavia, alla luce delle nuove circostanze che impongono un maggiore distanziamento sociale va ripensato l’intero sistema, che certamente garantisce agli studenti corse frequenti durante tutto l’arco della giornata, ma spesso lo fa attraverso una copertura comunque insufficiente, data l’elevata probabilità di trovare autobus con un numero di passeggeri oltre la capacità consentita. Se prima era un sacrificio che si poteva anche sopportare, ora bisogna individuare dei rimedi efficaci. Se poi l’ingresso ad orari scaglionati che si profila dalle discussioni politiche è certamente una soluzione percorribile, diventa necessario individuare modalità di trasporto alternative ma ugualmente sostenibili. Si potrebbe perciò lavorare con la Tep per individuare le modalità con cui istituire linee dedicate, riservate agli studenti di ogni facoltà.
Se Parma poi è famosa per essere una “città ciclabile”, ci si chiede dunque se sia così utopistico immaginare degli incentivi per gli studenti che decidessero di raggiungere l’Ateneo a piedi oppure in bicicletta. Sempre a riguardo delle due ruote; diventa significativa l’istituzione di un tavolo con il Comune per inaugurare una collaborazione volta al potenziamento del servizio di bike sharing, purtroppo ancora poco in voga a Parma, che potrebbe diventare utilizzabile senza iscrizione, con la possibilità di sbloccare le bici presenti negli appositi stalli attraverso la Student Card in possesso degli iscritti.
Gli studenti fuorisede, si sa, costituiscono una percentuale importante all’interno della nostra Università. Centinaia di noi hanno fatto ritorno dalle proprie famiglie, altri hanno scelto di restare in città in attesa di sapere quando potranno rientrare a casa. L’incertezza ha guidato le nostre mosse in questi mesi: abbiamo lasciato sospese le nostre attività, i nostri compagni di studio e la socialità tipica di ogni studente, riponendo speranza nel tempo, confidando nelle indicazioni della scienza e affidandoci alla lungimiranza della politica. Paghiamo affitti a vuoto, ma non potremo farlo ancora a lungo. Le bollette continuano ad arrivare, così come ci siamo responsabilmente organizzati per il reperimento dei libri. Chi è rimasto a Parma, ha continuato a fare la spesa per il proprio sostentamento. Nel frattempo, i nostri genitori sono rimasti a casa da lavoro, anche le occupazioni saltuarie che diversi studenti svolgono per necessità, sono cessate. Molti hanno già lasciato la propria stanza e, di conseguenza, la città, valutando che fosse comunque meglio rinunciare alla vita da fuori sede piuttosto che piegarsi alle logiche di proprietari rimasti sordi al bisogno del momento e a normative assenti in materia di affitto, utili a regolare casi di emergenza come quello che stiamo vivendo. I più fortunati hanno ricevuto uno sconto, una sospensione; altri sono legati a doppio filo con i vincoli della borsa di studio e attendono di sapere cosa aspettarsi per il nuovo anno accademico, per scegliere se rimanere a Parma, potendo ancora contare sui sussidi o se il costo della vita universitaria risulterà troppo gravoso per un servizio che quasi certamente sarà erogato per metà da settembre.
Chiediamo di poter limitare le perdite. L’Università non elargisce solo sapere; non forma automi specializzati, ma generazioni di uomini e donne che rappresentano il futuro della società. Per molti, è l’occasione di diventare indipendenti, di avere accesso alle possibilità del mondo, intraprendendo attività e stili di vita che avranno scelto per sé. Siamo fuori sede e pendolari, soprattutto. Abbiamo puntato tutto sulle nostre capacità e le abbiamo messe a servizio della città. Scegliendo Parma, abbiamo contribuito a incrementare l’economia della città, anche se in piccola parte. Non siamo solo beneficiari dei servizi, ma coloro che danno sostanza al tessuto sociale del luogo: facciamo la spesa nei vostri supermercati, allunghiamo le fila delle vostre associazioni, scriviamo sui vostri giornali. In questo tempo di riflessione e studio per le decisioni importanti che è chiamato a compiere, vogliamo la garanzia di risposte chiare che tengano conto della nostra salute in prima istanza, ma anche della nostra precisa volontà di poter continuare a beneficiare dell’istituto chiamato Università.
Desideriamo tornare a calpestare i corridoi universitari: luogo di conoscenza, di scambio, di dibattito e crescita. Chiediamo di poter frequentare, in modo sicuro, gli ambienti che la vita universitaria ci offre: biblioteche, aule studio, laboratori. Chiediamo di non sottovalutare questi aspetti, di non ritenere la didattica a distanza l’unica soluzione per ovviare a questa situazione.
Ci affidiamo a lei Rettore.
Grazie
Studenti dell’Università di Parma
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