Unipr e Covid-19, il Rettore Andrei: “Diritto allo studio non è parola vuota”

INTERVISTA PER RACCONTARE LA MODALITÀ MISTA, I PROVVEDIMENTI PER I FUORI SEDE E LE PREOCCUPAZIONI DEI MESI DI EMERGENZA. ASSICURA: "NESSUNO RESTERÀ INDIETRO"

Università Torri Paolotti

L’anno accademico era iniziato sulla scia dell’entusiasmo per il riconoscimento dell’Anvur, che aveva consacrato l’Ateneo di Parma fra i migliori in Italia. A novembre l’inaugurazione del nuovo anno con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Poi l’emergenza sanitaria. Il contrasto al Covid-19 ha costretto l’Università di Parma a un ripensamento pressoché totale delle modalità di erogazione dei suoi servizi, affinché il percorso degli studenti non subisse nessun drastico arresto. Giorno dopo giorno, delibera dopo delibera. Limiti e virtù del più importante sistema sociale, deputato alla formazione culturale e professionale dei cittadini di domani, sono emersi inesorabilmente nel tempo della crisi. E oggi l’Università di Parma non può esimersi dal progettare un nuovo domani, consapevole della sua forza, con un unico grande obiettivo: non lasciare indietro nessuno.

LEZIONI ONLINE E IN PRESENZA – Il Rettore Paolo Andrei, in un lungo intervento a ParmAteneo, ha indicato i principi con cui da settembre si costruirà la modalità mista, in attesa di tornare in aula senza limitazioni, ma non prima del prossimo anno.

“Puntiamo a un rientro alla normalità graduale perché siamo convinti che la didattica in presenza sia imprescindibile. Alla base delle scelte compiute stanno dei punti fermi: primo fra tutti l’obiettivo di tornare a godere della didattica in presenza, per la sua valenza pedagogica e formativa, tanto per gli studenti quanto per i docenti. Un secondo pilastro è strettamente legato all’evolversi dell’emergenza sanitaria: saranno prese precauzioni per l’accesso agli spazi, perché dobbiamo assolutamente garantire la sicurezza a chi vi accede. Infine nella delibera del CDA saranno spiegate le linee guida d’Ateneo, che saranno calate nelle singole realtà di dipartimento, molto diversi tra loro, a cui vogliamo garantire flessibilità nella gestione dei corsi e quindi dei singoli insegnamenti”.

È possibile quindi dedurre che le attività dei laboratori potranno godere di maggiori concessioni, ma non solo: sarà favorita anche l’accoglienza delle matricole, per le lezioni zero per esempio. “A questo si associa un principio di equità tra studenti- spiega ancora il Rettore Andrei – si terrà conto da un lato delle esigenze sanitarie, dall’altro delle difficoltà economiche insorte o che insorgeranno. Garantire a tutti il normale svolgimento in presenza, sfruttando la modalità mista, significa fare ricorso a una presenza scaglionata e compensata in gruppi. Al tempo stesso è assicurata la possibilità di frequentare almeno per il primo semestre, anche a chi non sarà presente fisicamente in aula. Per farlo ci doteremo di strumentazioni che possediamo solo in parte e doteremo anche gli studenti degli strumenti adeguati”.

Il complesso di norme sulla modalità mista, discusso in Senato Accademico, approderà in CDA in questi giorni. Nel frattempo la didattica a distanza è stata implementata per via del periodo di emergenza, servizio quest’ultimo che potrebbe essere accolto con favore da chi non può dedicare tempo pieno allo studio, come gli studenti lavoratori. Ma l’idea di corsi di laurea telematici non è nei pensieri del Rettore. “Il sentire comune degli studenti e dei colleghi docenti dice che non vogliamo assolutamente trasformarci in università telematica. Usare strumenti tecnologici per tenerci in contatto si è rivelato sorprendente, come l’esperienza di alcuni docenti ha mostrato, creando dei circuiti di condivisione anche al di là dei contenuti del corso. Ma non sarà il nostro futuro”.

L’urgenza ha impresso un’accelerazione nell’adozione di strumenti e prassi informatiche, utili a prescindere dall’emergenza. “Stiamo affinando il servizio per il primo semestre, incrementando lo sforzo, così possiamo acquisire competenze utili a nuove proposte. In alcuni corsi, associare alle normali lezioni in aula anche altri momenti interattivi o supporti informatici, potrebbe completare il quadro dell’insegnamento. In aula si potrebbe quindi dedicare più tempo a cose che assolutamente vanno fatte in presenza. Non penso che ci sia la volontà da parte di nessuno, sicuramente non la mia, di andare online – afferma irremovibile – Siamo convinti della valenza della didattica in presenza, che non è unidirezionale, anche i docenti si nutrono dello scambio con gli studenti”.

AFFITTI E CANONI – Resta da capire se effettivamente gli studenti ci saranno ancora a settembre. Molti di loro – come dimostrano le battaglie delle associazioni di questi mesi – hanno recesso i loro contratti di affitto in città o li stanno mantenendo con difficoltà. Da parte delle istituzione si è attivata una collaborazione e un dialogo che secondo Andrei non sono una novità in Emilia Romagna: “Il rapporto che esiste con le rappresentanze studentesche è importante, su Parma e anche a livello regionale. Il consiglio degli studenti ha sollecitato con una dialettica significativa il dibattito, per adottare misure di contrasto alle difficoltà che presto saranno soprattutto economiche per le famiglie. La Regione Emilia-Romagna, attraverso Er.go e gli assessori di riferimento, sta ipotizzando interventi per calmierare gli affitti, e lo stesso stiamo facendo con il Comune per sfruttare a pieno tutte le possibilità di dare risposte concrete sul tema. So che è un punto delicatissimo – incalza il Rettore – prendiamo ad esempio le residenze: l’Ente ha sospeso il pagamento delle rette. È stata un’azione immediata, mentre al momento l’idea sul tavolo è quella di un sostegno per i canoni agli studenti fuori sede con necessità e che versino in situazioni di disagio economico”.

CALO ISCRIZIONI PER IL PROSSIMO ANNO? – La riflessione sul futuro pone all’attenzione delle università anche una temibile tendenza, quella del possibile calo delle iscrizioni. Nel mese di aprile, quando era in lavorazione già il Decreto Rilancio, era stato il Ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi a lanciare l’allarme, prospettando una riduzione delle matricole del 20%, come è avvenuto già nel 2008.

“Sì, temo un calo delle iscrizioni – afferma il Rettore – non tanto per Parma, quanto per la società italiana. È una problematica per il sistema universitario tutto. Meno iscritti, significa meno laureati, cioè meno cittadini formati: l’università svolge un ruolo sociale fondamentale. Il diritto allo studio non è una parola vuota, esiste perché si creino sempre le condizioni affinché tutti abbiano accesso alla formazione, non solo abbattendo le barriere economiche. In questo senso credo si possa fare di più: il Decreto Rilancio è un provvedimento di risposta alla crisi che drammatizza ulteriormente il tema del diritto allo studio, preesistente. Occorre un intervento economico deciso in favore delle Università. Spesso siamo indotti a pensare che i finanziamenti all’università vadano dispersi. Non è così, i fondi non servono a maggiorare gli stipendi dei dipendenti. Gli investimenti possono garantire più posti di lavoro a giovani ricercatori in gamba che non andranno all’estero e permettono l’accoglienza di un numero maggiore di studenti, che non è un vezzo. Significa avere più laureati competitivi e maggiore accesso a una vita sociale piena attraverso cultura e formazione, è un fatto educativo”.

Lo stesso Ministro Manfredi era stato pungolato dalla critica per aver lasciato che gli Atenei italiani affrontassero l’emergenza in autonomia. “Nel primo mese di crisi, quando eravamo presi dallo stravolgimento delle abitudini per tutti noi, ero dell’idea ci volessero più linee dirette uguali per tutti, per scongiurare il rischio di fuga in avanti di qualche ateneo che potesse fare polemiche non conformi al comune sentire – conferma Andrei – Nel tempo ho avuto modo di apprezzare invece l’elasticità resa agli atenei: sono stati fissati dei principi e quindi, è stata lasciata alle singole situazioni un margine di flessibilità. Non so dire se è stato l’approccio migliore, però ha permesso a tutti noi rettori di confrontarci in modo significativo durante la Conferenza dei Rettori, e ho riscontrato forte collaborazione tra gli atenei. Il ministro è stato presente nel momento delle scelte importanti non tanto per l’emergenza ma per il dopo, che è l’oggi. I fatti hanno smentito la mia iniziale sensibilità e l’autonomia ha spinto gli Atenei ad assumersi responsabilità”.

L’oggi è anche il momento per lasciarsi alle spalle una parte del pericolo. Dalla scelta di non aprire le aule quel 25 febbraio, passando per l’incertezza delle due settimane successive fino alla notte dell’8 marzo, quando l’etichetta di ‘zona rossa’ su Parma ha sgretolato ogni speranza che si trattasse di un mostro passeggero.

“Riavvolgendo il nastro erano due le preoccupazioni più grosse – racconta ancora il Rettore di Parma – Subito gli studenti Erasmus che erano all’estero. Abbiamo intessuto relazioni con tutti loro gestendo il problema dei rientri, che non per tutti è stato possibile. Sono intercorsi rapporti con la Farnesina per capire le condizioni in cui si trovavano i ragazzi, le possibilità di volo e la situazione sanitaria nei Paesi ospiti; frattanto eravamo in contatto con le famiglie. Siamo riusciti a gestire quei momenti con impegno. C’era anche il pensiero di non far perdere agli studenti il tempo dedicato al loro programma di studi, con ripercussioni sulla carriera accademica. L’altra preoccupazione è stata legata sicuramente ai fuori sede presenti a Parma, sia stranieri che italiani, per assicurare loro garanzie sulla salute e sui loro rientri. Infine, la scelta di chiudere e di passare subito alle modalità a distanza, con umiltà, sapendo che stavamo sperimentando per la prima volta la messa online di tutte le attività didattiche. Non sapevamo né se tecnicamente saremmo riusciti a reggere questa situazione, né se l’avremmo fatto in modo efficace e accettabile. Ricordo un certo sconcerto nel volto di molte persone all’idea che tutto sarebbe diventato telematico. Nell’adattabilità ho trovato la risposta di docenti e studenti. Era importante che nessuno studente subisse la drastica interruzione del proprio percorso e i numeri ce ne danno atto”.

di Sofia D’Arrigo

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