Una giornata da dimenticare. Oppure da ricordare per sempre
ALLUVIONE A PARMA. IL PUNTO DI VISTA DI CHI HA PRESO LA PALA ED E' ANDATO AD AIUTARE
16.40
Il cellulare inizia a vibrarmi nella tasca dei pantaloni: è un’amica di montagna. Aspettavo la sua telefonata. Rispondo, convinta che ci saremmo – finalmente – messe d’accordo per quell’aperitivo che rimandavamo dal mio ritorno in città, dopo l’estate. “Qui è un disastro. Scappa di lì, se arriva giù quello che è partito di qua, stavolta si allaga anche Parma”. Rimango allibita: non trovo nemmeno le parole per chiedergli se vada tutto bene. Continua a raccontarmi; dell’acqua che dai campi inondava la provinciale, della piscina di Berceto travolta dall’acqua, di Baganza che – uscito dal letto – aveva sommerso tutto ciò che trovava nel suo cammino, della pioggia così abbondante da scorrere per le strade del paese. Sono incredula. Poi la telefonata si interrompe e da quel momento, per cinque giorni, non sono più riuscita a mettermi in contatto con lei, complici le linee telefoniche saltate. Ero rimasta così, a metà tra il dispiacere per quello che era successo a lei e la paura di quello che forse poteva accadere a Parma. Ho guardato la pagina on line della Gazzetta di Parma: Calestano era già invasa dall’acqua, Baganza aveva fatto danni a San Vitale e le foto della Parma erano preoccupanti.
Ho chiamato mio fratello. Siamo andati insieme sul Ponte Caprazucca a vedere il torrente: il rumore dell’acqua è la cosa che più mi è rimasta impressa. La Parma ‘voladöra’ l’avevo già vista nel 2000; allora l’acqua era sì ai limiti, ma scorreva piano; mentre adesso si infrangeva contro i pilastri del ponte e trasportava ogni sorta di cosa. Questa volta nemmeno le casse d’espansione serviranno. Dal Ponte di Mezzo la situazione pareva ancora più critica: i due occhi laterali erano già chiusi dall’acqua e una catasta di legna sembrava prepararsi a bloccare anche l’occhio centrale. I ponti sono transitabili: il vigile corre da una parte all’altra del ponte, telefona, controlla se si alza il livello, ma non chiude. Ci affrettiamo a mettere in salvo tutto ciò che possiamo dal negozio di papà: le mensole in alto straripano di roba, attorno alle porte abbiamo sistemato qualche panno, nella speranza che – se arriva – assorba l’acqua. Piano piano il livello dell’acqua diminuisce. Il Baganza è uscito al Ponte dei Carrettieri: è arrivato a Barriera Bixio e a Piazzale Santa Croce. A noi è andata bene: dobbiamo, per un pelo, rimettere solo a posto tutto.
Alla sera ciò che vedo intorno a me, da Barriera Bixio a via Varese e via Milazzo è tristezza. C’è una desolazione che uno che non ci è stato non può nemmeno immaginare. Ti lascia basito, con le mani in mano. Da martedì a venerdì ho messo gli scarponi e i guanti, ho recuperato una pala e sono andata a spalare. E’ stato il mio modo per non sentirmi impotente. Non credevo ai miei occhi: c’erano abitazioni distrutte, dove l’acqua era arrivata anche nel salotto. Ho visto armadi pieni di vestiti in mezzo alla strada, ricoperti dal fango; frigoriferi, automobili, lavatrici…tutto da buttare. Non c’era nemmeno il tempo di una foto, finivi di aiutare in una casa e già il vicino ti chiamava. Non ho mai visto tanta devastazione, e non ho mai visto tanta solidarietà. Nella disperazione più totale, c’era sempre chi sorrideva, chi era pronto a ripartire, chi – siccome non aveva nulla da darti – distribuiva banane per la merenda. All’inizio sembrava tutto inutile: buttavi fuori dalle case acqua e fango e i garage non si svuotavano mai, come se ci fosse un buco – nascosto – da dove l’acqua uscita rientrava. Con il passare dei giorni, iniziavano a vedersi i risultati; cresceva la soddisfazione e la gente – finalmente – vedeva la luce e la fine. Nelle strade regnava il silenzio, solo il rumore dei mezzi di soccorso, delle pale che raschiavano l’asfalto e dei mobili che venivano lanciati fuori dai garage. Si lavorava e basta. Dove c’era un piazzale, era ricolmo di oggetti che provenivano dalle case e dalle cantine: a passarci davanti si stringeva il cuore. E’ un’esperienza che non avrei mai voluto vivere, ma che sono contenta di aver vissuto.
Il Baganza nasce sui miei monti. E’ il posto delle pescate in compagnia, dei picnic estivi, delle passeggiate con gli amici e dello studio all’aria aperta. Non l’ho mai visto così e non pensavo avere una forza così dirompente. E’ come se mi avesse tradito. Mentre attraversavo il ponte dei Carrettieri per andare a spalare, lo guardavo – ora tranquillo nel suo letto – e pensavo: “Baganza, ma che cavolo hai fatto?”. Parma è forte, comunque, e si rialzerà. Si è già rialzata. Speriamo non cada più.
(Video tratto dal canale YouTube del Comune di Parma)
Bellissimo! Grazie!