Universitari e imprese: le sfide del 2020

L'emergenza sanitaria ha aggravato la situazione economica italiana, accrescendo le preoccupazioni degli giovani studenti universitari. Quale sarà il loro futuro nel mercato del lavoro?

Dalla pagina Facebook: Università di Parma

L’Italia da Covid  sta proiettando la realtà lavorativa degli studenti universitari in una sospensione futura, in cui la normalità ha lasciato il posto ad una serie di incertezze e precarietà. Molti studenti universitari si ritrovano catapultati in un tunnel di preoccupazioni, rallentamenti burocratici e mancanza di servizi da parte delle università e ad aggravare  i loro timori c’è la situazione economica italiana, a cui il primo lockdown aveva già spezzato una gamba e adesso rischia di spezzare anche la seconda. Di fronte a questa situazione precaria, quale sarà il futuro di milioni di giovani aspiranti professionisti in un mercato del lavoro già incerto ancor prima della pandemia e più che mai adesso?

Oggi, gli studenti si ritrovano infatti con un pugno di domande tra le mani: richieste di maggiori e migliori informazioni sullo svolgimento delle lezioni online; sulle pratiche burocratiche da seguire; sui tirocini che ora non possono più esser fatti in presenza ma in smart working, cosa che il più delle volte rallenta o blocca la carriera dello studente e il raggiungimento della laurea.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Spotted UniPR (@spottedunipr)

I docenti, dal canto loro, in attesa di direttive dai ‘piani alti’ si sono ritrovati a dover reinventare il modo di fare didattica, approcciandosi a un metodo telematico che non sempre va incontro alle possibilità e capacità di tutti i docenti. I pochi esami svolti in presenza hanno dovuto seguire  procedure totalmente diverse, mentre quelli online spesso hanno risvegliato la creatività di molti professori che per evitare brogli e copiature hanno sottoposto i propri studenti a richieste in alcuni casi imbarazzanti. Il tutto nella speranza di essere supportati da una buona rete wifi.

Una situazione, pertanto, difficile.

Le aziende puntano sulle Soft e Hard skills

Cosa potrebbero richiedere le aziende e le pubbliche amministrazioni a un pubblico di futuri lavoratori? Subiranno in pieno un cambio di rotta nella ricerca e scelta del personale o resteranno ancorate ai propri criteri rimasti invariati dalla realtà del pre-Covid? Sono tutte domande a cui effettivamente si fatica a rispondere. Ciò che però sembra essere un fattore sempre determinante nella domanda di lavoro è la richiesta di formazione e di forte intraprendenza.

Lo conferma un ciclo di conferenze dal titolo Next generation, a cura di Talent Garden, in cui hanno preso parola importanti esponenti del mondo imprenditoriale. Nel corso della conferenza  del 15 Ottobre, tra gli ospiti,  hanno partecipato Giovanni Brianza, vicepresidente e direttore Strategy Corporate Development & Innovation Edison; Massimiliano Garri, chief Innovation & Information Officer Terna;  Roberto Cingolani, chief Technology & Innovation Officer di Leonardo e Andrea Griva, presidente SEI.

In un intervento, Giovanni Brianza sottolinea: “Diventa fondamentale la cultura dell’intraprendenza all’interno delle aziende, le competenze sono poi un punto chiave, sia le soft skills ma soprattutto le hard skills’. Quello che tendenzialmente un’azienda cercava nel periodo pre-covid erano infatti le soft skills: leadership, capacità comunicativa, empatia, creatività e spirito di gruppo. Oggi però, queste qualità vengono poste in secondo piano, in quanto si dà priorità alle hard skills: conoscenza di una o più lingue straniere, competenze informatiche, corsi di formazione.

Dal ciclo di conferenze di Next generation è poi emersa l’esigenza di  investimenti in ricerca e sviluppo e di competenze trasversali che sappiano creare nuove figure professionali in grado di utilizzare la digitalizzazione  come strumento. Lo conferma anche Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, che ha partecipato al secondo ciclo di conferenze, nella giornata del 16 Ottobre.

“Il Museo è una startup,  abbiamo concepito un dialogo fra tradizione e innovazione; c’è un grosso processo di ripensamento, di rinnovamento all’interno delle istituzioni attraverso le competenze trasversali; è importante facilitare il processo di innovazione di digitalizzazione”.

Che cosa ne pensano gli studenti?

Dopo aver  invitato  alcuni studenti  dell’Università di Parma ad esprimere  il proprio parere attraverso la compilazione di un questionario sulle prospettive del mondo del lavoro nell’Italia post-covid, è emerso  il desiderio per una maggiore innovazione da parte delle aziende. Secondo gli studenti, infatti, le imprese dovrebbero incentivare start-up universitarie che credano nel potenziale degli studenti italiani, così da renderli più motivati a raggiungere i propri obiettivi. Non solo: gli studenti vorrebbero che lo Stato allargasse i finanziamenti  agli atenei italiani e c’è anche una richiesta per rendere la formazione di ogni singolo studente più completa possibile,  ampliando e definendo i tirocini formativi  in modo da rendere il passaggio università-mercato del lavoro  meno irruento. Investire, quindi, sarebbe il termine che gli studenti prediligono in questa Italia fatta di incertezze con un futuro lavorativo sfocato.

Una delle preoccupazioni maggiori è infatti che in futuro le aziende privilegeranno determinate figure professionali a scapito di altre. Un timore che in alcuni casi convince gli studenti a cambiare indirizzo verso corsi di laurea con una prospettiva lavorativa più rosea. Lo abbiamo chiesto ad alcuni studenti dell’Università di Parma, ricevendo pareri contrastanti. Il 60 % di quanti hanno risposto al questionario ha detto di voler mantenere il proprio percorso di studi, mentre  il  40 %  ha messo in discussione la propria scelta formativa universitaria in relazione  alla possibilità di trovare in futuro un impiego in quel dato ambito, questa percentuale riguarda soprattutto  le facoltà non scientifiche.

Ma nonostante queste percentuali, ciò che emerge dal questionario è comunque una generale fiducia nelle risorse del proprio corso di laurea, sia esso scientifico, o umanistico. Molti studenti restano infatti radicati alla propria scelta universitaria, indipendentemente dalle preoccupazioni evidenti, che al contrario incentivano gli universitari a sviluppare le famose skills richieste dalle aziende, con l’obiettivo di sviluppare capacità trasversali che sappiano abbracciare diversi campi.

Il pensiero generale può essere racchiuso nell’opinione di una studentessa: “Se permettessi a qualcosa di invisibile e molto presente oggi, di influenzare il mio percorso, non avrebbe fallito il sistema ma avrei fallito io’’.

 

di Simona Gallo

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*