Anche se veg è comunque un Hamburger: lo dice il PE
L'hamburger vegano può essere definito come tale. Lo ha deciso l'Unione Europea, di fronte a un mercato in forte crescita
Hamburger o non Hamburger questo è il dilemma. Così si esprimerebbe un Amleto 2.0 davanti alla nuova questione culinaria del secolo: gli hamburger possono essere solamente di carne oppure anche vegetali? Una domanda alla quale ha provato a rispondere il Parlamento Europeo che con la sentenza di fine ottobre ha espresso il suo parere.
Il veggie burger per ora è salvo
Ben quattro emendamenti respinti e tantissime polemiche passate e future, ma l’hamburger vegano-vegetariano per ora è ammesso. Così è stato decretato da Bruxelles, che ha approvato la dicitura ‘hamburger’ anche per gli hamburger vegani/vegetali. Respinti dunque gli emendamenti esposti alla PAC (Politica Agricola Comune) che proponevano di vietare la definizione tipica dei prodotti a base di carne, per quelli che al loro interno non ne contengono nemmeno lo 0,1%.
Il tema era stato sollevato, alcune settimane prima, all’interno della riforma di una parte importante del programma di sovvenzioni agricole dell’Ue – come riportato da La Stampa– che regola la produzione e il commercio dei prodotti agricoli, compresi gli alimenti di origine sia animale sia vegetale.
Il Parlamento, in particolare, ha respinto l’emendamento 165 che richiedeva che i termini attribuibili ai prodotti a base di carne, attualmente utilizzati, fossero esclusivamente riservati a quest’ultimi e non affibbiati a parti vegetali o vegane. L’hamburger può dunque avere ufficialmente diverse consistenze e composizioni dal classico a base di carne a quelli veggie.
Quello veg è un mercato in crescita
Il mercato dei prodotti vegani e vegetariani, più conosciuti come ‘veg’, è in continua crescita come riportato dallo studio effettuato dall‘Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy che ha analizzato nello specifico il numero di prodotti a base vegetale ed il loro andamento sul mercato. Come infatti riportato dal Giornale di Sicilia lo studio ha sottolineato che i prodotti registrati e dichiarati come ‘veg’ siano il 5,0% dei circa 76mila prodotti alimentari rilevati, con un’incidenza pari al 4,8% sul giro d’affari globale del food di largo consumo.
Tali prodotti registrano una crescita delle vendite del +5,1% nell’ultimo anno. Un risultato estremamente positivo anche se lievemente in calo rispetto a quello dei dodici mesi precedenti dove si registrava una crescita attestata intorno ad un +7,4%.
Questi dati cavalcano l’onda degli studi pubblicati nel 2019 dal Good Food Institute che, concentrandosi sulle vendite effettuate negli Stati Uniti, hanno attestato un valore del mercato green di circa 4,5 miliardi di dollari con l’aumento delle performance della vegan meat fino ai sostituti caseari.
Come si può notare dal grafico del TGFI, il valore dei prodotti vegetali/vegani a partire dal 2017 ha subito un incremento notevole del 18% nel primo anno e dell’11% nel secondo.
Se poi i dati vengono analizzati per ogni singolo prodotto la crescita può variare, risultando meno impetuosa e può attestarsi intorno al 2-4% per quanto riguarda la vendita al dettaglio. Se poi andiamo ancora più nel profondo della questione e ci concentriamo sui prodotti veggie si può ben vedere come, nel 2019, ci sia stata una crescita tra il 15-20% con un valore commerciale di circa 801 milioni di dollari ed un 5% in più dell’anno precedente.
Primi in classica i sostituti del latte, con una crescita intorno al 40% – con un +30% rispetto alla precedente annualità – ed un giro di denaro quantificabile all’incirca sui 2 miliardi di dollari.
Sulla scorta di questi dati è interessante analizzare l’ulteriore dato che emerge da questo studio e che potrebbe far comprendere con maggiore chiarezza anche la scelta intrapresa dall’organo europeo sulla denominazione degli hamburger vegetali. Stando infatti sempre allo studio sopra riportato, risulta d’aiuto l’istogramma realizzato con i dati raccolti sulle vendite, nello stesso periodo temporale, tra i prodotti a base vegetale e quelli convenzionali.
Nello specifico concentrandosi sulla tanto discussa carne, si può notare come la ‘carne convenzionale’ si attesti attorno al 2,2% superata di circa 7,4 punti dalla carne a base vegetale (tufo, seitan, soia). In tutti gli ambiti i prodotti green superano di molto le vendite dei prodotti convenzionali. Lo si può notare anche dal latte che riporta una perdita del -3,2% per quello d’origine animale, ma una crescita del 5,6% per quello d’origine vegetale. La differenza maggiore la si nota per lo yogurt e per le uova: nel primo, fra la scelta vegetale e quella animale vi è un differenza del 42,6%, mentre per le uova questo stacco è del 30,4%.
Restano esclusi i prodotti sostituti del latte
Va comunque chiarito che la commistione nell’etichetta tra prodotti a base animale e prodotti vegetali può valere solamente per i prodotti di carne. Su questo punto la Corte di Giustizia dell’UE è stata chiara già anni fa – come riporta Repubblica – stabilendo che le denominazioni ‘latte’, ‘burro’, ‘yogurt’, ‘formaggio’ e varie possono essere usate solo ed esclusivamente per i prodotti lattiero-caseari, cioè effettivamente derivati dal latte.
Infatti, a farci caso negli scaffali del supermercato non si trovano mai denominazioni del tipo ‘yogurt di soia’, ‘latte di tofu’ bensì descrizioni come ‘cremoso alla soia’, ‘bevanda al tofu’.
È stata dunque fatta una distinzione tra materia prima e materia lavorata, mantenendo intatto il nome per la prima categoria (latticini e tutti i suoi derivati) e variandolo per la seconda. Perciò ampio spazio alle definizioni di ‘burger vegetale’, ‘affettati vegetali’ e ‘ragù vegano’ con buona pace dei carnivori.
Nel corso degli anni, dunque, un prodotto che in precedenza era ritenuto di nicchia oggi si sta invece rivelando una vera e propria potenza tanto da far parte dei mercati internazionali con una posizione di tutto rispetto, vedendo incrementare le proprie vendite di anno in anno con percentuali rilevanti.
Un prodotto che prometterebbe, nel caso dei sostituti della carne, di eguagliarne e riprodurne alla perfezione sapori, modalità di cottura ed aspetto. Il tutto tramite dei lieviti geneticamente modificati (legemoglobina di soia) che altererebbero il sapore degli ingredienti vegetali.
Può questo bastare per ritenere un burger con tali caratteristiche alla pari di uno di pura carne? A voi l’assaggio.
di Ricardo Cisilino
Scrivi un commento