Ligabue e Vitaloni: La forza vitale della natura in mostra a Palazzo Tarasconi

Uno sguardo alla mostra dedicata al maestro Antonio Ligabue e allo scultore iperrealista Michele Vitaloni

Galli, galline, mosche, volpi e aquile impresse sulla tela; ma anche leopardi, tigri, giraffe affiancati da altri animali della savana che le pennellate di Ligabue sembrano catturare nel loro respiro.  Ligabue e Vitaloni – Dare voce alla natura‘ è la mostra dedicata alle opere del grande Antonio Ligabue e dello scultore iperrealista Michele Vitaloni. Ideata e progettata da Augusto Agosta Tota, Marzio Dall’Acqua e Vittorio Sgarbi, in collaborazione con la Fondazione Ligabue, la mostra è attualmente chiusa al pubblico a causa delle ultime normative anti covid-19.  La durata dell’esposizione è però prevista fino al 30 maggio 2021, e le visite dovrebbero riaprire il prossimo 3 dicembre, salvo differenti indicazioni del Governo. Teatro della mostra è Palazzo Tarasconi, aperto per la prima volta al pubblico come spazio espositivo. 

La forza vitale della natura

“La rassegna – spiega Augusto Agosta Tota – presenta i capolavori di Ligabue, affiancati dalle sculture di Michele Vitaloni, suo epigono contemporaneo, entrambi attratti dal mondo della natura, degli animali selvatici e della loro forza vitale. Una mostra insieme affascinante e ricca di spunti di riflessione molto attuali che, oltre a essere una delle iniziative inserite nel calendario di Parma capitale italiana della cultura 2020+21, darà modo al pubblico di scoprire un nuovo e suggestivo spazio espositivo, nel cinquecentesco Palazzo Tarasconi, nel cuore della città ducale”. Organizzata dal Centro Studi e Archivio Antonio Ligabue di Parma, essa presenta 83 dipinti e 4 sculture di Ligabue e una quindicina di sculture di Michele Vitaloni. L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo bilingue (italiano e inglese) con la riproduzione di tutte le opere esposte e saggi dei curatori.

L’itinerario si apre con le sculture di Ligabue, accompagnate da alcune opere di Vitaloni; brevi scritti degli organizzatori aiutano lo spettatore ad entrare in un meraviglioso mondo zoomorfo. Il percorso è accompagnato da suoni di versi animali, che contribuiscono a creare un’esperienza ancora più immersiva. Il gigantesco rinoceronte di Vitaloni è posizionato all’ingresso del percorso vero e proprio, quasi a fare la guardia come Cerbero per gli Inferi. Ma di inferno non si tratta: l’architettura dello spazio espositivo fa entrare in un’altra dimensione, dove lo spazio-tempo si annulla a favore della contemplazione delle meraviglie che la natura offre.

Cesare Inzerillo, a capo dell’allestimento – di grande impatto visivo e teatrale – ha creato un’atmosfera di fusione fra pittura e scultura. Le sale candide e senza fonti di luce naturale accompagnano il pubblico in una sorta di catarsi: per capire profondamente la pittura di Ligabue occorre spogliarsi di tutte le superficialità e osservare con uno sguardo puro, del fanciullino pascoliano.

Gli animali feroci di Ligabue

Lo spettatore si addentra nell’immaginario creativo di Ligabue, analizzando gli argomenti più frequentati dall’artista. Le lotte dei galli si distinguono tra loro solo per lo sfondo, mentre le belve africane sembrano uscire con impeto dalla tela, in tutta la loro maestosità. Il nucleo principale delle opere è dedicato al mondo naturale: ambientazioni della bassa padana, con la quotidianità del lavoro nei campi e la semplice vita campagnola. Il regno animale è composto da galli, galline, vacche e altri animali agresti. La maggior parte dei quadri a soggetto bestiale si riferisce però a quello selvatico, dove protagonisti sono tigri, leoni, leopardi, iene, che Ligabue vedeva sulle pagine dei libri e poi dipingeva, dopo un attento studio. Si identificava con loro a tal punto da assumerne gli atteggiamenti: ruggiva spaventosamente e imitava l’atto di azzannare la preda.

Come ha scritto il poeta e scrittore Raffaele Carrieri, “Ligabue in una sola giornata, dipendeva dalla stagione, dal tempo, dall’umore, dall’amore, poteva essere coniglio e lupo, gallo e farfalla, giaguaro e tigre”. “Gli animali che Ligabue vede nella foresta – dichiara Vittorio Sgarbi – sono simboli di forza, di energia, emblemi di un desiderio di libertà, di riscatto. Ligabue, uomo umiliato ed emarginato, come pittore si afferma e vince attraverso la potenza gloriosa dell’animale. La tigre domina la foresta, la sua aggressività è vincente, ma la sua vittoria è pericolo, è la dimensione bellicosa dell’umanità. Ligabue parla di sé, definisce il suo mondo, visto e immaginato, e comunque reale. E se parla di se stesso, non parla con se stesso perché non deve comunicarsi niente”.

Il percorso si conclude con l’ultimo dipinto, non troppo dissimile stilisticamente da un disegno di un bambino: è abbozzata una casa, un prato, un albero…la morte ha colpito Ligabue prima che potesse terminarlo.

Gli Autoritratti e il disagio interiore

Una stanza circolare raccoglie gli autoritratti, come se si trattasse di un santuario. Ligabue non ritraeva la sua persona con intento estetico o autocelebrativo: come dice Sgarbi, erano piuttosto un grido di aiuto, un intento di catturare l’attenzione, in cerca di affetto. “C’è il mondo interiore che si esibisce nei suoi autoritratti – afferma il critico d’arte – Ligabue parla con se stesso, si chiede e ci chiede qualcosa. Anche in questo caso è evidente il disagio. Ligabue si batte la testa con un sasso, cerca di scacciare gli spiriti maligni. L’autoritratto non è una forma di narcisismo, esprime la necessità di capirsi meglio, in un processo di autoanalisi. L’autoritratto è l’immagine del malessere, e Ligabue ci tiene a farlo conoscere”. I dipinti più tardi ritraggono in maniera evidente le lesioni che il pittore si procurava all’altezza delle tempie e i segni sul naso, per renderlo sempre più somigliante al becco di un rapace. Ligabue infatti era quasi ossessionato dallo zoomorfismo: passava ore davanti allo specchio per assumere l’espressione più adatta da prestare ai soggetti bestiali dei suoi dipinti. 

L’iperrealismo di Michele Vitaloni

L’eredità di Ligabue si spinge fino ai giorni nostri. Esponente della Wildlife Art e dell’iperrealismo scultoreo, Michele Vitaloni è nato due anni dopo la morte di Ligabue. Come scrive Vittorio Sgarbi sul catalogo della mostra, “Chi è vissuto abbastanza da averli visti entrambi attivi li mette uno a fianco dell’altro e ne scopre affinità che non sono soltanto determinate dalla identità dei soggetti, soprattutto animali selvaggi, leoni, tigri, leopardi, ma da energia, animazione, vita. Ne consegue, nel motivato confronto, che gli animali di Ligabue sono vivi, non dipinti. Vitaloni li riproduce per esaltarne la bellezza”. Ciò che accomuna i due artisti è l’interesse per il mondo animale, selvatico, libero. Davanti a queste sculture lo spettatore prova un cortocircuito: non è quotidianamente possibile trovarsi a distanza ravvicinata con una zebra, un ippopotamo o un leopardo. Non è semplice statuaria, perché si può quasi cogliere il respiro e il battito di queste meravigliose creature, cosa che l’ars moriendi dell’imbalsamazione non permette.

Alcune statue compiono il passo ulteriore di una parziale contestualizzazione o messa in scena: l’ippopotamo sembra galleggiare in un lago africano, mentre la nascita della tartaruga marina in “La grande schiusa” colpisce nel profondo lo spettatore.

Eventi collaterali

Dal 16 settembre al 1° novembre 2020, all’interno di uno spazio dedicato a ingresso gratuito, Fidenza Village ha accolto un capolavoro di Ligabue, Leopardo su roccia.

Il biennio 2019-2020 è stato prolifico per la figura di Ligabue: l’uscita del film ‘Volevo nascondermi‘ di Giorgio Diritti, con protagonista Elio Germano nei panni del pittore, e la pubblicazione dei libri ‘Il cuore è una selva‘ di Novita Amadei e ‘Il genio infelice di Carlo Vulpio permettono di conoscere meglio l’opera visionaria e indisciplinata di questo grande artista.

di Virginia Barilli

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