Test sierologici: il punto della situazione all’UniPR

Come funziona e che risultati ha ottenuto la campagna di screening sierologico promossa dall'Università di Parma

L’Università di Parma è impegnata a garantire la sicurezza agli studenti, ai docenti e al personale dell’Ateneo nello svolgimento delle rispettive attività. Infatti, dal 7 settembre 2020 ha avviato una campagna di screening sierologico per il rilevamento del virus SARS-CoV-2, agente eziologico responsabile del COVID-19.

In questo progetto, inaugurato in corrispondenza con l’inizio delle attività universitarie, l’obiettivo è quello di garantire una maggiore sicurezza, offrendo la possibilità di verificare l’eventuale contatto pregresso con il virus. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Rossana Cecchi, docente di Medicina Legale, Direttrice del Centro Servizi per la Salute, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro e referente universitario per COVID-19 dell’Università di Parma.

L’iniziativa, attualmente, ha raccolto le adesioni di 3418 persone, comprendendo sia gli studenti e sia il personale dell’Ateneo. Un dato che unisce ben 2980 test effettuati dal 7 settembre al 2 novembre, alle 438 prenotazioni previste al momento fino al 16 novembre. Il test, gratuito e su base volontaria, ha registrato maggiore partecipazione da parte degli studenti: la cifra infatti, si stima che corrisponda al 70% dei controlli effettuati, da considerare tenendo presente la superiorità numerica rispetto al personale dell’Università. Sono risultate positive al test sierologico rapido 154 persone, di cui una sola effettivamente positiva al tampone successivamente eseguito.

Come orientarsi tra i test

Innanzitutto, è necessario sottolineare quali sono le differenze. Secondo il Ministero della Salute, attualmente sono disponibili tre test per individuare o meno l’infezione da SARS-CoV-2: molecolari, antigenici e sierologici.

Il test molecolare è quello più affidabile ed utilizzato per rilevare la presenza del virus. Esso consiste in un tampone simile ad un lungo cotton fioc che viene effettuato a livello naso/oro-farigeo per prelevare dei campioni di muco e saliva. Una volta eseguita l’operazione, il campione viene analizzato con l’utilizzo di specifici reagenti e macchinari che elaborano la reazione a catena della polimerasi dopo la trascrizione inversa di RNA virale (RT-PCR, Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction). Ovvero, viene ricercata la presenza del materiale genetico virale. Avviene “l’amplificazione dei geni virali maggiormente espressi durante l’infezione – per questo motivo, secondo quanto riportato nella circolare ministeriale 29 settembre 2020 – l’analisi può essere effettuata solo in laboratori altamente specializzati, individuati dalle autorità sanitarie, e richiede in media dalle due alle sei ore”. È un’indagine più scrupolosa, per questo richiede delle tempistiche di elaborazioni maggiori.

Per i test antigenici o test rapidi, la raccolta del campione avviene con lo stesso procedimento descritto precedentemente: viene eseguito un tampone naso/oro-faringeo, ma l’elaborazione successiva si focalizza sulla ricerca degli antigeni del virus. Per individuare queste proteine virali, identificate come pericolose ed estranee all’organismo dal sistema immunitario, è necessario un tempo inferiore e la stessa ricerca è meno approfondita rispetto a quella mediante il test molecolare.

Infine, con i test sierologici si ricerca la presenza di anticorpi contro l’infezione da SARS-CoV-2. Nel procedimento si analizza un campione di sangue e in esso vengono ricercate le immunoglobuline, di tipo IgM e di tipo IgG. La presenza delle IgM indica che il sistema immunitario è entrato in contatto da poco tempo con il virus, mentre le IgG implicano che la trasmissione è avvenuta molto più in precedenza, si tratta di una vera e propria traccia lasciata dal virus. Esiste il test sierologico ‘tradizionale’ e il test sierologico ‘rapido’: con il primo, per il quale serve un prelievo di sangue venoso, viene analizzata la quantità delle immunoglobuline presenti; per il secondo, invece, basta una goccia di sangue perché è di tipo qualitativo, quindi si va solamente a rilevare la presenza (o l’assenza) delle immunoglobuline e non la loro quantità.

La procedura

È proprio quest’ultimo, il test sierologico ‘rapido’, ad essere eseguito dal personale sanitario medico del Servizio di Medicina Preventiva dell’Università con la collaborazione dei medici in formazione in Medicina del lavoro. L’iniziativa impegna più persone che solo temporaneamente si stanno dedicando a questo progetto rispetto ad altri compiti da svolgere all’interno delle strutture universitarie. Il team di lavoro è composto da un totale di sei dipendenti di Medicina Preventiva, un Medico di Medicina del Lavoro e nove Medici specializzandi in Medicina del Lavoro. Il personale sanitario effettua i test presso l’Ambulatorio dell’Unità di Medicina Legale al Dipartimento di Medicina e Chirurgia e in un ambulatorio allestito presso il Centro Polifunzionale del Campus.

Documento rilasciato a seguito del test

Il primo contatto avviene telefonicamente al numero 0521 033101 oppure via mail all’indirizzo smedprev@unipr.it per concordare un appuntamento. Nei giorni successivi, seguendo le indicazioni concordate, si può effettuare il test dopo una breve raccolta di informazioni. Viene infatti eseguito previo rilascio del consenso informato, in cui ogni volontario al test comunica alcune informazioni personali: il suo ruolo all’interno dell’Università; se ha già eseguito altri test per il COVID-19; se è entrato in contatto con un soggetto positivo e se ha presentato delle sintomatologie nei giorni precedenti al test. A seguito viene praticato il prelievo della goccia di sangue necessaria al controllo, che viene depositata nel tester (una piccola scatoletta di plastica), nel quale sono presenti delle sostanze chimiche che reagiscono alla presenza delle immunoglobuline. In questo caso, vi sono due asticelle, una per le IgM e una per le IgG, ed un’ulteriore di controllo che permette di verificare la validità del test. Una volta effettuato questo percorso, sarà solo necessario attendere per circa 15 minuti il risultato del test.

“Se una persona risulta positiva alla IgM o alle IgG o a tutte e due, viene fatto il tampone immediatamente nella stessa giornata. Se le persone risultano positive alle Ig, non vuol dire che sono positive al virus, significa che hanno avuto un contatto” chiarisce la Prof.ssa Cecchi. Il tampone del soggetto positivo alle immunoglobuline viene portato al Laboratorio di Igiene e Sanità Pubblica, diretto dalla Prof.ssa Cesira Pasquarella. In particolare l’attività di sorveglianza virologica SARS-CoV-2 è svolta sotto la responsabilità delle Prof.sse Paola Affanni e Maria Eugenia Colucci del Dipartimento di Medicina e Chirurgia. Si tratta di un laboratorio di riferimento regionale che sta svolgendo sorveglianza nel territorio di Parma e provincia. La Prof.ssa Cecchi descrive il processo precisando che: “Si fa in modo che i dipendenti e gli studenti sappiano tutto in tempo reale, senza perdere giorni di lavoro o di studio attendendo il risultato, perché nell’arco di 24 ore ogni persona riceve la sua risposta”. Se dovesse risultare positivo anche il tampone, i dati sarebbero inviati all’AUSL che avvierebbe le attività di contact tracing per la persona positiva.

L’obiettivo dell’Università di Parma

Come riportato dal Ministero della Salute: “I test sierologici sono utili nella ricerca e nella valutazione epidemiologica della circolazione virale in quanto sono uno strumento importante per stimare la diffusione dell’infezione in una comunità”. Infatti, come già detto, il test sierologico rapido non ricerca lo stato attuale di un’infezione, ma studia e ricerca il possibile contatto pregresso con il virus. Proprio per questo la campagna è stata avviata in corrispondenza del ritorno del personale e degli studenti dopo i mesi di lockdown e i mesi estivi. L’obiettivo del Rettore Paolo Andrei, riferisce Rossana Cecchi, era proprio quello di garantire un rientro in sicurezza mettendo a disposizione questo screening, oltre ad aule e ambienti di lavoro riorganizzati tenendo conto dell’emergenza in atto.

Tutti i dati raccolti eseguendo i test formeranno un contributo statistico epidemiologico. Oltre all’immediato utilizzo dei risultati, infatti, le informazioni raccolte in anamnesi con le persone che si sottopongono al test (contatto con altri positivi, sintomi riscontrati) incrociati con l’effettivo esito del test, possono fornire ulteriori informazioni preziose sul comportamento del virus. Inoltre, la sintesi dei risultati ottenuti dalla campagna potrebbe divenire oggetto di pubblicazione o informazioni utili per la Regione e l’AUSL per ulteriori ricerche: un valido e prezioso contributo per poter studiare e comprendere ancora forme e modalità di trasmissione del COVID-19.

Proprio per questa finalità della campagna di ‘studio preventivo’,  l’Università sta valutando se impegnarsi a riproporre nuovamente il test anche a chi l’ha già effettuato. In caso di necessità i test verranno effettuati in maniera mirata per controllare determinate realtà, mentre altre continueranno ad essere seguite, come i centri sanitari di Odontoiatria e Veterinaria dell’Università che non sono sotto il controllo della sorveglianza sanitaria dell’ospedale.

Nel descrivere questa scelta preventiva compiuta dall’Università, la Prof.ssa Cecchi sottolinea anche tutto il lavoro di collaborazione effettuato anche con l’AUSL territoriale e non solo: gli stessi studenti giocano un ruolo di primaria importanza perché sono i primi a segnalare tempestivamente il loro stato di salute per mettere in sicurezza anche tutti gli altri. Come è illustrato nella procedura per la gestione di casi sospetti o accertati di positività COVID-19, che l’Ateneo ha inoltrato a tutta la comunità universitaria, con le misure adottate si controlleranno tutte le situazioni di positività, prendendo le massime precauzioni. Per esempio, se dovesse essere accertata la positività di uno studente, la segnalazione verrebbe: inviata al Servizio di Medicina Preventiva dei Lavoratori UniPR; comunicata al referente del Corso di Studio che mediante l’utilizzo dell’app UniPR può rintracciare insieme ai docenti la presenza dello studente all’interno delle aule universitarie e individuare gli altri studenti potenzialmente a rischio; dopodiché tutti i dati raccolti verrebbero comunicati dalla referente COVID-19 dell’Università all’AUSL.

“L’impressione che ho è che si sta creando veramente la coscienza, la consapevolezza di far parte di una comunità e come tale bisogna collaborare tutti per il bene comune – afferma la docente Cecchi – il successo dipende da tutti noi, dal nostro comportamento e non solo da quello di alcune persone”.

di Michela Dalla Benetta

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