Violenza di genere? È un problema di tutti ed è giusto che se ne parli

È iniziato il 6 novembre il laboratorio sulla violenza di genere organizzato dal Comitato Unico di Garanzia di Parma, volto a sensibilizzare in tema di violenza sulle donne

violenza di genere

Come affrontare un tema complesso come quello della violenza di genere? Il Comitato Unico di Garanzia dell’Università di Parma (CUG) ci riesce con il laboratorio interdisciplinare sulla violenza di genere, organizzato in collaborazione con il corso di laurea unipr in Servizio Sociale. Cinque diversi incontri che si tengono online sulla piattaforma Zoom, rivolti a studenti e studentesse dell’Ateneo di Parma di corsi di laurea diversi. Futuri avvocati, giornalisti, assistenti sociali, medici, infermieri e psicologi che forse si scontreranno con il tema della violenza sulle donne durante la propria carriera. Un problema complicato, che richiede la collaborazione di competenze diverse, per questo il laboratorio punta molto sull’interdisciplinarietà. Il primo incontro ha registrato più di 400 presenze, tra studenti e professionisti.

Ad introdurre il laboratorio è stata la Prof.ssa Veronica Valenti, associata di Diritto costituzionale all’Università di Parma e membro del Comitato Unico di Garanzia (CUG). La Prof.ssa Valenti ha spiegato perché è importante parlare della violenza di genere, una violazione dei diritti umani che ha conseguenze gravi sulla salute fisica e psicologica delle donne. Un problema che pare essersi aggravato nei mesi scorsi durante il lockdown, periodo che ha evidenziato come spesso le violenze avvengano all’interno della famiglia, tra gli spazi delle mura domestiche.

La Convenzione di Istanbul: definizioni, forme e caratteristiche della violenza di genere

La prima parte dell’incontro ha visto l’intervento dall’avvocata Arianna Enrichens, consigliera di fiducia dell’Ateneo di Parma, avvocata del Telefono Rosa e del Centro Antiviolenza della Città di Torino e coordinatrice del laboratorio. L’avvocata Enrichens ha descritto la Convenzione di Istanbul (Consiglio d’Europa del 11/05/2011), che definisce cos’è la violenza di genere (violenza degli uomini contro le donne) e indica quali sono le azioni da intraprendere per far fronte a questo problema. Le azioni che tutti gli stati europei dovrebbero adottare sono quattro: prevenzione, protezione, monitoraggio e punizione.

L’esistenza di un sistema repressivo che stabilisca leggi per condannare chi compie violenze verso le donne non è dunque sufficiente a limitare questo fenomeno. Sono indispensabili anche campagne di prevenzione nelle scuole che diffondano i concetti di parità di genere e di cultura della non violenza, sopprimendo quegli stereotipi che costituiscono la società contemporanea. Così come è necessario fornire forme di protezione e di sostegno alle vittime di violenza e ai loro testimoni.

Quali sono le forme di violenza sulle donne? L’intervento dell’avvocata Enrichens si è focalizzato sul riconoscimento, la distinzione e la descrizione delle varie forme della violenza di genere. Accanto alla violenza fisica, più semplice da dimostrare in tribunale per richiedere forme di protezione urgenti, esistono altre forme di violenza su cui l’avvocata ha posto l’attenzione: dalla violenza psicologica, che comporta atteggiamenti lesivi della dignità e dell’autostima della vittima, con intimidazioni, insulti e minacce da parte del maltrattante; alla violenza sessuale, atto imposto contro la volontà della donna; alla violenza economica, finalizzata a creare una dipendenza finanziaria dal partner; fino allo stalking, reato di recente introduzione nel codice penale, per la sua natura persecutoria e protratta nel tempo.  

In tutte le forme della violenza di genere esistono dei passaggi ciclici che tornano e si ripetono nel tempo. Generalmente il maltrattante può avere dei comportamenti altalenanti nei confronti della donna, alternando fasi amorevoli, affettuose, definite fasi di ‘luna di miele’, a fasi di forte tensione, fino a sfociare nella fase di violenza vera e propria.

La ciclicità di questi passaggi finisce per indurre la donna a perdonare il partner e a credere in un suo miglioramento. Tuttavia gli episodi di tensione e maltrattamento, caratterizzati da rabbia e scoppi d’ira, sono spesso campanelli d’allarme di una situazione che potrebbe degenerare in ulteriori episodi di violenza, fino all’epilogo più drammatico del femminicidio. La condizione di subalternità femminile e la mancanza di potere economico da parte delle donne sono fattori di rischio, causati da una diffusa educazione sessista. Un’educazione che ha profonde radici culturali e sociali, che incentiva l’uomo a reprimere le proprie emozioni, mentre impone alla donna atteggiamenti di sottomissione e repressione.

 

La narrazione della violenza di genere 

La seconda parte dell’incontro è stata tenuta dalla dottoressa Chiara Cacciani, redattrice della Gazzetta di Parma, che ha affrontato il tema del rapporto tra violenza di genere e mezzi di comunicazione. Come viene narrata la violenza di genere nei titoli dei giornali e sui social network? Quali sono gli elementi che saltano subito all’occhio del lettore in un titolo come “Il gigante buono e quell’amore non corrisposto”?

La dottoressa Cacciani ha invitato a fare attenzione ad alcuni elementi ricorrenti in questa tipologia di titoli: la gelosia, il dolore per la separazione, il rifiuto di tornare assieme da parte della donna. Così lo stalker diventa un innamorato troppo passionale, lo stupratore un fidanzatino alle prime armi. Una narrazione di questo genere non aiuta certo a sensibilizzare il pubblico sulla questione della violenza di genere, spiega la dottoressa, ma anzi ottiene l’effetto opposto, spostando l’attenzione del lettore dal colpevole alla vittima.

I giornalisti e le giornaliste hanno una grande responsabilità: fungono da filtro attraverso il quale il pubblico entra in contatto per la prima volta con queste storie. Per questo devono fare estrema attenzione alla scelta delle parole, senza cedere al richiamo di un titolo sensazionalistico che sacrifichi l’oggettività per catturare l’attenzione.

Essenziale è l’uso di parole appropriate, per dire le cose come stanno. La dottoressa Cacciani ha insistito molto sul termine femminicidio e sull’importanza che esso compaia negli articoli dei giornali, così da presentare il fatto per quello che è: non un raptus, non amore, ma omicidio. L’omicidio di un uomo ai danni di una donna.

Con questo obiettivo è nato nel 2017 il Manifesto di Venezia, firmato da giornalisti e giornaliste che si battono per la parità di genere nell’informazione e per il rispetto di quanto affermato dalla Convenzione di Instanbul. I firmatari del Manifesto si impegnano “per una informazione attenta, corretta e consapevole del fenomeno della violenza di genere e delle sue implicazioni culturali, sociali, giuridiche”. Un passo importante per chi si occupa di informazione, che si impegna a raccontare la violenza in modo attento e consapevole.

La violenza di genere è un problema che riguarda tutti

Nel corso della conferenza, la Cacciani ha presentato l’attività dell’associazione parmense ‘Maschi che si immischiano’, di cui è fondatrice e membro. ‘Maschi che si immischiano’ nasce nel 2016 dal desiderio che la questione della violenza di genere non riguardi solo le donne. “Perché dovete essere sempre e solo voi a parlare di femminicidio? Cosa possiamo fare noi uomini?”.

Da questa domanda è nata l’idea di un’associazione di uomini che si occupasse della questione, con iniziative e campagne di sensibilizzazione sulla responsabilità maschile. In particolare la dottoressa ha ricordato l’iniziativa dello scorso anno ‘Scegli che uomo 6′, che proponeva agli uomini brevi riflessioni sul loro modo di interpretare alcuni ruoli, come quello di marito o di padre. La campagna aveva lo scopo di spingere gli uomini a riflettere sul proprio comportamento, su quali stereotipi avessero interiorizzato e su cosa fare per liberarsene. 

maschi che si immischiano

Dalla pagina Facebook Maschi che si immischiano

C’è molto lavoro da fare, quindi, per riconoscere, trattare e affrontare la questione della violenza di genere. Sicuramente, però, quello del CUG è un importante passo avanti nel lavoro di sensibilizzazione e informazione.

I prossimi incontri si terranno nei giorni 13, 19 e 27 novembre, mentre l’incontro conclusivo sarà giovedì 3 dicembre. 

 

di Cristina Baldi e Martina Rosati

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