Lo sport ai tempi del covid

LE DIFFICOLTÀ INCONTRATE DA SOCIETÀ E ATLETI NELLA GESTIONE DELLA RECENTE CRISI PANDEMICA, SANITARIA ED ECONOMICA.

Quest’anno così difficile e critico sembra non voler mai finire. Non è mai accaduto che nella nostra storia recente ci si trovasse a fronteggiare un nemico così forte, dinamico ed enigmatico. Nel giro di pochi mesi ci siamo trovati a fare i conti con un serie sconfinata di limitazioni, che hanno messo a dura prova il nostro stile di vita, le nostre abitudini, la nostra quotidianità. Molti settori si sono dovuti adeguare alle regole imposte per la salvaguardia della salute pubblica, divenendo vittime di una crisi inevitabile.

Tra tutti, uno dei settori inevitabilmente più coinvolti, è quello dello sport. Un aspetto della nostra vita quotidiana per troppo tempo dato per scontato e che coinvolge atleti di tutte le età, famiglie, oltre a staff di tecnici, dirigenti, custodi, professionisti e dilettanti ai quali è stato richiesto un sacrificio importante. Nell’incertezza nella quale si muove ogni cittadino in questo momento, il settore dello sport naviga a vista, senza una meta precisa e con lo scopo di resistere in attesa di una ripartenza. E se il mondo professionistico per via della sua rilevanza sembra aver trovato una stabilità almeno temporanea, così non è per il mondo dei dilettanti che non ha certezze sul presente e sul futuro.

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Come cambia lo Sport dopo i DPCM

Se ci si appresta a fare una rapida disamina di come il panorama dell’Italia sia cambiato con gli ultimi DPCM, scopriremo un paese ridisegnato e suddiviso in tre zone: zona rossa, zona arancione e zona gialla. Ognuna di queste presenta una serie di norme da rispettare, che per il mondo dello sport prevedono quanto segue. Nella Zona Rossa, caratterizzata dalla massima gravità, le restrizioni sono state pesanti: l’attività motoria è stata consentita in prossimità della propria abitazione, con l’obbligo della mascherina e della distanza sociale qualora presenti altre persone. L’attività sportiva sarà possibile solo se praticata all’aperto e in forma individuale, sempre con l’osservanza della distanza interpersonale. I centri sportivi saranno chiusi al pubblico e gli unici eventi consentiti sono quelli ritenuti di interesse nazionale. La Zona Gialla consente l’attività sportiva all’aperto, sospendendo anch’essa l’uso di palestre e piscine. Vengono inoltre sospesi gli allenamenti per lo sport di base, ma vengono consentite le ore di educazione motoria nelle scuole, in quanto considerate parte integrante del programma scolastico. Sono inoltre consentiti gli allenamenti sportivi in forma individuale ma con il divieto dell’utilizzo degli spogliatoi ed il rispetto degli orari di coprifuoco. Per la Zona Arancione, valgono le stesse limitazioni della gialla specificando però che qualsiasi tipo di attività motoria non può essere svolta al di fuori del proprio comune di residenza. Non va meglio agli sport invernali e alle loro regioni che nella maggior parte dei casi vivono di turismo stagionale, che vedranno l’apertura discrezionale degli impianti ad opera delle regioni o delle province autonome.

Questa complicata situazione risulta essere particolarmente gravosa per le società sportive dilettantistiche, che vedono per forza di cose limitate le proprie attività. Una testimonianza delle difficoltà che si possono incontrare in questo periodo ci arriva da chi vive lo sport a 360°: Michele Forzinetti, istruttore di Ginnastica Artistica e giudice per la Federazione Ginnastica d’Italia. “Il momento è sicuramente complicato: come ben sappiamo, certe fasce di atleti appartenenti alle federazioni nazionali possono continuare la loro preparazione, mentre gli atleti dilettanti o quanti cercano di svolgere l’attività sportiva dal punto di vista amatoriale non possono. Come tecnico mi rendo conto quanto sia difficile in questo momento stare in palestra, i protocolli da seguire sono tanti e gli atleti non sempre riescono ad accettare le limitazioni imposte. Oltretutto con il monte ore di allenamento che è stato ridotto e le gare sospese, le società vanno in perdita di utili e tenere aperte palestre e centri sportivi diventa oneroso, in quanto il settore promozionale è abbastanza compromesso. Bisogna rimanere fiduciosi che questa epidemia passi quanto prima”.

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Il peso psicologico di non poter praticare

Chiarificatore dell’attuale situazione è anche il parere della Dott.ssa Liliana Paladini, psicologa che si occupa di adolescenti e di ragazzi che praticano attività sportiva, alla quale abbiamo chiesto chiarimenti riguardo le conseguenze psicologiche che il doppio blocco delle attività può aver sui ragazzi e sui bambini che praticano sport. “La sospensione della prima ondata – ci spiega – è stata fino a questo momento molto più dura da digerire rispetto a quella attuale, in quanto imposta in concomitanza con la chiusura delle scuole di qualsiasi ordine e grado. In questo momento in cui la didattica si svolge in presenza (tranne per le scuole superiori) e le attività sportive sono, seppur sottoposte a rigorosi protocolli e limitazioni, consentite, il distacco dei bambini e dei ragazzi dalle loro quotidiane attività risulta quindi meno gravoso. In questo momento -continua- le federazioni stanno infatti rimodulando alcuni protocolli proprio per consentire la possibilità, seppur controllata, di allenarsi e ritrovarsi. Sicuramente una mossa che farà molto bene ai ragazzi e ai bambini.

E’ inoltre innegabile pensare che l’interruzione di molte attività, tra cui quelle sportive, abbia connotato un importante cambiamento nella gestione della quotidiana routine dei ragazzi da parte dei genitori e delle loro famiglie. Pertanto è di centrale rilevanza comprendere quale sia il difficile compito che spetta ai genitori, agli educatori e ai tecnici nella gestione dei giovani atleti. Ci spiega la professoressa che, specialmente per un bambino, la fiducia e la positività trasmesse dai genitori sono di fondamentali importanza per permettere il regolare svolgimento delle varie attività giornaliere. “I bambini, specialmente quando molto piccoli, sono come degli specchi che riflettono ciò che il genitore fa, dice e dimostra Diventa perciò traumatico ciò che è traumatico per il genitore, mentre svolgono con gioia e serenità ciò che viene trasmesso e comunicato in questo modo. Per il bambino non è un peso portare la mascherina o mantenere la distanza dagli altri se questo viene impartito con leggerezza, rispetto delle regole e serenità, senza isterismi”. Contestualmente a quello delle figure genitoriali diventa centrale anche il ruolo dell’allenatore, che spesso per i ragazzi rappresenta una guida ed un modello di riferimento, che ha il compito di mantenere vivo l’interesse e la passione dei ragazzi anche senza la possibilità di praticare sport.

Con la sospensione delle attività giovanili potrebbe pertanto presentarsi il rischio che molti ragazzi, data la lunga pausa, alla ripresa potessero pensare di abbandonare precocemente le attività sportive, creando una sorta di vuoto generazionale in alcune categorie giovanili. “Questa situazione è in continuo divenire anche per noi psicologi – dice la Paladini – ma mi sento di escludere questo scenario dell’abbandono delle attività sportive. I ragazzi sono in continuo rapporto gli uni con gli altri e le loro abilità sociali, solo temporaneamente messe da parte, saranno poi facilmente recuperabili. Coloro che decideranno di smettere non lo faranno a causa di un trauma sociale, ma a causa di scarsa motivazione. Chi nutre passione e è determinato non si farà spaventare da questa situazione e troverà ogni pretesto per allenarsi e tenersi aggiornato. Caso contrario ovviamente per chi già precedentemente non era abbastanza determinato”. Insomma come conferma la psicologa: con impregno, sacrificio e dedizione si può superare un momento delicato.

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Quali aiuti e sostegni per il mondo dilettantistico?

L’Avvocato Michele Margini, presidente della neonata Assodilettanti (associazione per la tutela degli sportivi dilettanti), racconta la contorta situazione che aleggia in campo giuslavoristico intorno al mondo sportivo. Infatti l’Assodilettanti, venuta alla luce lo scorso luglio e che per il momento è attiva nelle province di Modena, Parma e Reggio Emilia, opera con lo scopo di diventare un punto di riferimento associativo per atleti, dirigenti, allenatori e tecnici dilettanti. L’associazione si preoccupa di tutelare il proprio assistito curando molteplici aspetti, da quello prettamente giuridico a quello psicologico e fisico, mediante diverse collaborazioni con professionisti del settore sportivo. L’offerta prevede un’ampia platea di figure professionali che, con tariffe agevolate, possono fornire assistenza a 360 gradi. “Il nostro obiettivo è quello di poter essere rappresentativi per i nostri iscritti – afferma il presidente Margini- nei confronti delle istituzioni sportive e statali, proponendo anche istanze di cambiamento che possano migliorare la situazione degli sportivi. Ad esempio in un periodo come quello attuale, districarsi tra i vari DPCM e regolamenti non è semplice“.

Se questo è lo stato attuale dell’arte, l’avvocato presenta la realtà complessa in cui versano le società sportive: “Sicuramente la crisi ha colpito ogni reparto della nostra realtà economica e questo ha portato un drastico calo delle sponsorizzazioni. Tutte le società nei mesi della riapertura, per riprendere le proprie attività, hanno dovuto attenersi a dei protocolli molto stringenti. Il che si è immediatamente tradotto in spese di vario genere. Dalla cartellonistica per segnalare i divieti e i vari percorsi di entrata ed uscita, ai gel, la sanificazione, le mascherine e tutta una serie di costi impegnativi per le società, che ora si trovano nel giro di uno due mesi a dover fare di nuovi i conti con una chiusura forzata”. Nonostante tutto ciò però la sua visione per il futuro è positiva e non catastrofica, come quella di molti addetti al settore. Forte anche del fatto che ci siano stati degli aiuti giunti dallo Stato ritenuti tempestivi e quantomeno considerevoli dei numerosi danni subiti dal settore dello sport dilettantistico: “Durante la prima ondata – racconta ancora l’avv. Margini – molti ritenevano che avrebbero chiuso i battenti circa il 30% delle società sportive locali, numeri altamente smentiti quest’estate con la riapertura. Sicuramente qualche società debole è stata schiacciata, ma a livello generale le società ripartiranno ancora. Sicuramente gli aiuti sia a livello federale che statale sono stati importanti. Si può sempre fare di più, ma considerando la difficile situazione economica del paese l’aiuto c’è stato, specialmente con i decreti Cura Italia ed i più recenti decreti Ristori e Ristori Bis“.

Ma da questa situazione il mondo sportivo può paradossalmente uscirne fortificato. Infatti un importante aspetto su cui si sofferma l’avvocato è la sensibilità scatenata dall’emergenza pandemica: “il mondo dilettantistico, che ha sempre agito nell’ombra, ha ricevuto per la prima volta delle forti tutele a livello statale ed un riconoscimento da troppo tempo assente per determinate figure professionali. Gli stessi lavoratori sportivi, le stesse società, che spesso si sono approfittati di una condizione di precarietà di un lavoro spesso espletato senza tutele, vincoli contrattuali o riconoscimenti assistenziali e/o sindacali, si sono rese conto a fronte dell’emergenza pandemica ed economica, del vuoto e delle problematiche che da troppo tempo aleggiavano sulle loro figure. Stanno perciò nascendo movimenti, associazioni di sportivi che prima del verificarsi di questa situazione non si sarebbero mai sognare di nascere e che ora premono perché questa situazione cambi al più presto. A questo proposito la prospettiva più interessante è quella che vede in corso di valutazione una bozza di testo unico di riforma dello sport, sensibile alle istanze di una governance che tenga conto della tutela dei lavoratori del settore e che dovrebbe essere approvata in Consiglio dei Ministri entro il 30 Novembre” – data della scadenza della legge-delega.

“In Italia – conclude l’avvocato – abbiamo la brutta abitudine di concepire superficialmente lo sport solo come hobby, un bellissimo passatempo, ma noi tutti non sappiamo che non è così. Alla base ci sono processi non solo economici ma anche sociali, di integrazione, formazione, benessere e salute. Lo sport fermo è un danno, l’attività sportiva è essenziale per tutti e specialmente per i giovani. Tenere lo sport fermo lo si può fare in una situazione di emergenza, ma nel momento in cui ci sono le possibilità di una ripartenza a rischio basso o nullo si deve ripartire“.

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Proprio a sostegno delle attività sportive e culturali è intervenuto il Comune di Parma che, in data 11/11/2020, ha stanziato cinque milioni di euro da destinare a quelle attività operanti nei settori che hanno risentito maggiormente, dal punto di vista economico, delle varie misure adottate in questi mesi per far fronte all’emergenza pandemica. Tra questi ovviamente non poteva mancare quello sportivo, che così come il settore dello spettacolo e della cultura, per via della loro natura associativa, sono stati maggiormente colpiti e limitati. Di questi cinque milioni uno è previsto unicamente per il settore sportivo. Un impegno considerevole e risoluto, che ha il preciso intento di rafforzare e non abbandonare una realtà di essenziale importanza, che da sempre promuove valori e principi basilari per la comunità. Infatti, come afferma il Vicesindaco con delega allo sport Marco Bosi: “Un milione per lo sport è un impegno molto importante. Le associazioni sportive sono fondamentali nel nostro tessuto sociale, per questo abbiamo scelta di sostenerle in maniera decisa, in modo da poter garantire la loro sopravvivenza e ripartire insieme a loro non appena ci saranno le condizioni. Andremo a sostenere soprattutto lo sport giovanile, perché è quello che ha più bisogno di essere sostenuto”.

di Edoardo Gregori e Rebecca Alessi

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