La cassa sul Baganza ci avrebbe salvato? Cosa è mancato

PREVISTA DA ANNI, MAI REALIZZATA: IL PROGETTO RIMASTO NEL CASETTO

Alluvione, Ponte dei Carrettieri su torrente BaganzaSedie, vestiti, mobili, auto: ricordi di una vita gettati nel fango.
Questo è il paesaggio in cui ci s’imbatte camminando tra le strade travolte dalla forza del Baganza.
Per raggiungere le zone più colpite è sufficiente seguire i numerosi ragazzi che, stivali di gomma ai piedi e pala in spalla, hanno deciso di contribuire per far rialzare la città.
Un esempio per tutti quello di Tommaso: “Sono qui dalle 14, ma sarei venuto anche prima se non mi fossi laureato alle 10”. Il neo-ingegnere a due giorni dall’alluvione ha preferito mettere da parte corona d’alloro e abito elegante per unirsi ai suoi compagni: “Mi è sembrata una scelta più utile per tutti rispetto a festeggiare”.
E sono sicuramente persone come lui quelle a cui si riferisce Luigi Passerini, segretario del Cus Parma, quando con fierezza afferma: “È stata una bella prova di solidarietà, se stiamo riuscendo a ripulire tutto è soprattutto grazie a questi ragazzi. Tutti hanno iniziato a darsi da fare fin da martedì mattina”.
DSC_0922 (800x530)Tra le strutture più colpite in via Po dall’esondazione avvenuta il 13 ottobre, oltre alle abitazioni, l’ospedale Piccole Figlie, il palazzetto Gino Lottici, sede del Cus Parma, e il campo scuola Lauro Grossi, luogo di allenamento per atleti e studenti. Qui, infatti, si sono riscontrati i danni maggiori, a differenza delle aree urbane più vicine alla Parma, protette dalla cassa d’espansione di Marano.
A una prima stima i danni ammonterebbero a oltre 100 milioni di euro solo in città. Tutto questo si poteva evitare? Cosa sarebbe successo se fosse stata realizzata anche la cassa di espansione prevista già dal 2011 sul Baganza?

 

Mappa delle PrecipitazioniCOSA HA FUNZIONATO E COSA E’ MANCATO – Secondo il professor Mignosa, responsabile scientifico della ricerca in materia idraulica per l’Università di Parma, “la nuova cassa sarebbe stata risolutiva, perché non solo avrebbe arginato l’esondazione ma anche trattenuto legname e detriti a monte”. Questa sarebbe dovuta sorgere tra Gaione, San Ruffino e Sala Baganza, sulla sponda destra. Ovviamente, date le ridotte dimensioni del Baganza, l’opera idraulica non sarebbe la gemella di quella di Marano, ma la sua sorellina, raggiungendo una capienza massima di 4,6 milioni di metri cubi.
La cassa di Marano, completata nel 2006 e costata 32 milioni di euro, ha funzionato correttamente: in situazione normale l’acqua passa attraverso le bocche lasciando il bacino praticamente vuoto, mentre in caso di piena, data la ristrettezza delle paratie, questa comincia a riempire il serbatoio.
Il giorno dell’alluvione, per la prima volta dalla sua inaugurazione, la cassa è stata riempita quasi completamente, con 11 milioni di metri cubi d’acqua su 12 di capienza. Successivamente, grazie alle bocche manovrabili, uniche in Emilia, l’acqua è stata fatta uscire in maniera regolare e controllata, evitando che procedesse violentemente verso la città e le zone rivierasche come Colorno (Alluvione, la notte di paura a Colorno). Se fosse stata operativa anche quella prevista sul Baganza si sarebbero sicuramente evitati milioni di euro di danni: infatti il 90% della quantità d’acqua rilevata alle ore 17 proveniva da questo torrente. La piena, misurata al Ponte Verdi, ha raggiunto il massimo storico di quasi 4 metri in seguito alle violente precipitazioni (200 mm in 6 ore).

La realizzazione di quest’opera è indispensabile per proteggere le zone colpite, senza contare che il costo complessivo è circa un quinto dei danni calcolati nella ‘zona rossa’. Il protocollo d’intesa firmato dai vari enti prevedeva una spesa di 16 milioni di euro anche se la nuova stima calcolata si aggira intorno ai 28 milioni: 8 di questi sono stati assicurati dal ministro dell’Ambiente Galletti durante l’incontro con i parlamentari parmigiani Maestri, Romanini e Pagliari.

I danni non si posso evitare ma limitare sì: se gli alvei , ad esempio, venissero puliti correttamente i corsi d’acqua tornerebbero ad essere una risorsa per la popolazione locale e non più solo un rischio, come auspicava lo scrittore Ettore Guatelli.
Fortunatamente ci sono le telecamere vicino agli argini a monitorare eventuali pericoli e dare l’allarme! Ah no, sono state spente nel 2012…

 

di Darika Fuochi, Mariasilvia Como, Martina Monti, Marco Rossi, Chiara Cammelli.

Le photogallery: Alluvione, la furia del Baganza – Il prima e il dopo, tra fango e sole

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