Oltre al Covid-19 anche la Dad miete vittime: aumentano malessere psicologico e suicidi tra i giovani
Il Covid-19 ha accentuato i malesseri psicologici soprattutto tra i giovani. I suicidi sono in aumento del 30%: seconda causa di morte tra i giovani dai 10 ai 25 anni
Il 4 dicembre dell’anno appena concluso, un bambino di 11 anni scelse di togliersi la vita sparandosi un colpo di pistola durante una lezione online su Zoom.
La notizia riportata in Italia dal Messaggero sconvolge il mondo. La vicenda ha luogo a Woodbridge, nella contea di San Joaquin, in California. Sul Washington Post si legge: “Il piccolo, prima di compiere il gesto estremo, ha spento il microfono e girato la telecamera dall’altra parte. A dare l’allarme la sorella che seguiva le lezioni da un’altra stanza”.
Lo studio è un motivo scatenante di stati depressivi, lo sostiene la dottoressa Tonia Samela, psicologa clinica e PhD candidata in Psicologia del comportamento e ricercatrice in un IRCCS, a ildigitale.it : “Secondo alcuni studiosi sembrerebbe che il perfezionamento maladattivo, ovvero la tendenza a pensare che una azione non sia mai meritevole di apprezzamento, la tendenza a non terminare i progetti perché non ritenuti mai adeguati e il senso di incapacità nell’operare nell’ambiente in maniera congrua alle proprie aspettative, ricoprirebbe un ruolo abbastanza importante. È come se alcune persone non riuscissero a trarre soddisfazione da nessuna impresa portata a termine”.
Il fenomeno preoccupa anche in Italia
Ulteriori dati sono forniti da Huffingtonpost.it che spiegano il fenomeno in corso. Riportando le parole di Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, si scopre che: “I tentativi di suicidio e autolesionismo sono aumentati del 30%“. Dal mese di ottobre ad oggi, quindi con l’inizio della seconda ondata, si è notato “un notevole rialzo degli accessi al pronto soccorso con disturbo psichiatrico, nel 90% dei casi sono giovani tra i 12 e i 18 anni che hanno cercato di togliersi la vita”.
“L’autolesionismo esiste da sempre: il 20% degli adolescenti in Italia e il 25% in Europa si fa del male. Tra le attività di autolesionismo c’è anche il tentativo di suicidio che è la seconda causa di morte per i giovani tra i 10 e i 25 anni dopo gli incidenti stradali. Questo fenomeno da ottobre si è acutizzato”.
Sara Marsili, psicologa-psicoterapeuta di orientamento cognitivo-comportamentale e specializzata nel trattamento di disturbi d’ansia, panico, fobie e DCA, si pronuncia così: “L’aumento dei suicidi nelle fasce giovanili non può purtroppo stupirci in questo momento storico. L’isolamento sociale e relazionale è stato accentuato dal lockdown. Se già in precedenza i giovani facevano fatica a vivere una realtà diversa da quella virtuale, oggi gli è stato praticamente imposto. Infatti fanno sempre più fatica a vivere relazioni vere e questo indebolisce ogni capacità di sapersi relazionare con il prossimo e di sviluppare capacità adeguate”.
Il Covid-19, la Dad e le conseguenze
Una fascia della popolazione ha ricevuto minor attenzione rispetto a lavoratori e medici: parliamo del mondo dell’istruzione.
Già dalla prima metà di quest’anno, varie petizioni hanno spopolato su internet per fermare – come altri Paesi europei quali Olanda, Regno Unito, Francia, Germania e Spagna hanno fatto – l’esame di Stato. Questa richiesta è dovuta al fatto che il metodo di insegnamento e conseguente apprendimento adottato dalle direttive anti-Covid, quindi la Dad (Didattica a distanza), è risultato inefficiente.
È evidentemente necessario esplicare chi sono i veri protagonisti della Dad: gli adolescenti. E sono proprio coloro che stanno affrontando un duro periodo della loro vita. Una fase in cui si inizia a capire chi si è e chi si vuole essere, fase messa a dura prova dagli ambienti sociali che si frequentano, quali, soprattutto, la scuola: quest’ultima diventa la culla di quel che sarà il proprio ruolo nella società, dove si impara ad adattarsi al contesto e riuscire a spiccare tra la folla per le proprie facoltà. Se questa pseudo-società viene meno, di conseguenza viene meno anche l’adattamento al contesto acquisito dallo studente e quindi le proprie abilità di connessione a relazioni interpersonali crollano.
La conseguenza di questa ambientazione forzata in un habitat che non è stato fatto proprio dall’individuo, è il carico cognitivo – in termini tecnici psicologici – quindi un aumento di stress, ansia, paura, rabbia che può talvolta causare delle scelte fatali: il suicidio.
Ludovica Petetta, psicologa clinica, esprime le sue considerazioni riguardo la nuova metodologia di insegnamento a distanza:”La Dad dovrebbe essere più interattiva e coinvolgere in maniera più dinamica gli alunni; potrebbe essere sfruttata per insegnare loro a usare programmi come Power Point ed Exel e a fare ricerche imparando a individuare le fonti, insomma, a usare Internet e tutti gli strumenti che ci offre in maniera efficiente”.
“L’autonomia dei ragazzi va potenziata e stimolata, devono imparare a far da soli e a chiedere l’aiuto quando necessario. Il saper fare da soli aumenta l’autostima e il senso di efficacia, fattori protettivi estremamente importanti contro la depressione“.
Luoghi comuni nella vita vera
Sui social si leggono commenti raccapriccianti. Sotto alle notizie che parlano di questi disagi degli adolescenti, molti utenti sminuiscono il problema, adducendo a problemi ben più gravi nel mondo e ricordando chi la gioventù la passò sotto le bombe della Seconda Guerra Mondiale.
Ma queste critiche sono costruttive? Assolutamente no. Gli utenti, attaccando i ragazzi in difficoltà, non vogliono riconoscere il disagio che stanno vivendo le nuove generazioni. Sono comportamenti privi di empatia, che non fanno che aumentare lo stato di frustrazione e incapacità dei più giovani.
Sappiamo tutti quanto quest’ultimo anno sia stato difficile e faticoso, tra lockdown e restrizioni sociali. I commenti online, la solitudine, lo studio imposto in condizioni anormali e le copiose notizie riguardo i defunti a causa del Covid-19 hanno attaccato duramente la stabilità mentale dei ragazzi. Questi come si sono difesi? Si sono difesi?
Il cellulare permette un contatto con gli amici o con la fidanzata, ma può essere questo paragonato ad un caffè preso al bar e due risate? No. Durante la quarantena non ci sono stati contatti tali che abbiano potuto prevenire ed aiutare soggetti in difficoltà, individui che non sapevano a chi fare affidamento.
E di nuovo, qualcuno potrebbe rispondere “bisogna esporre le nostre paure ed i nostri problemi ai genitori”. Davvero? Tutti i figli desiderano essere fonte di orgoglio per i propri genitori e, soprattutto nell’età adolescenziale si tenta di diventare grandi e poter fare decisioni autonomamente.
L’idea che i genitori possano essere d’aiuto a studenti, maggiormente se frequentanti istituti superiori o università, è fallace. Pertanto, alcuni studenti si ritrovano in uno stato estremo, volendo eliminare il problema alla radice ponendo fine alla propria vita. Pensare che alcuni ragazzi vedono il suicidio come una soluzione ai propri problemi è devastante, ma questa è una realtà che non più essere ignorata, va cambiata.
La psicologa Petetta risponde così a questa problematica: “Quando un ragazzo sceglie di suicidarsi c’è sempre un dolore insopportabile in lui che percepisce come insuperabile, per cui sente inutile ogni tentativo di richiesta di aiuto.
“Il periodo attuale ha portato a una slatentizzazione – manifestazione di un fatto in precedenza latente – dei sintomi ansiosi-depressivi. Sicuramente l’infodemia – circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento -, la diffusione di fake news e lo stato comune di allerta e ansia hanno accentuato la comparsa di questi sintomi.
La psicologa aggiunge che “i genitori dovrebbero imparare a comunicare con i figli utilizzando un ascolto non giudicante e veramente interessato; porre attenzione alle loro abitudini, ai compagni, alla modificazione dei ritmi sonno-veglia e delle abitudini alimentari. Necessario fare rete con tutti gli adulti di riferimento che si occupano di loro (insegnati, allenatori, parenti, …)”.
Aiuto psicologico in Italia, ancora un’utopia?
Purtroppo in Italia non abbiamo la cultura della salute mentale. Agli psicologi spesso ancora viene attribuito il nomignolo di “strizza-cervelli” e tutti coloro che seguono uno psicoterapeuta vengono etichettati come “malati”. È vero, è una malattia, ma non viene seguita adeguatamente come un’altra qualsiasi patologia che infetta parti del corpo che non siano il cervello.
Aiutare tutti coloro che soffrono di psicopatologie non è pertanto semplice in una società un po’ all’“antica” come quella italiana. Ma possiamo fare molto nel nostro piccolo, nelle nostre case e nelle nostre scuole.
Spesso è anche difficile leggere tra le righe delle parole di una persona. Alla base di qualsiasi discontento psichico-emozionale c’è la depressione, e seguendo le statistiche, nelle ultime foto della maggior parte dei casi suicida, questi vengono immortalati con il sorriso.
Ciononostante non bisogna darsi per vinti: se si ha la sensazione che una persona cara ha intenzioni suicide ci si può rendere disponibili, interessarsi ai problemi che la persona sta affrontando in tale momento e mai tirarsi indietro, si potrebbe salvare una vita.
L‘huffingtonpost.it propone questi atteggiamenti per salvare i ragazzi in difficoltà: “Dobbiamo supportarli e dotare di strumenti per affrontare questo momento storico anche quei ragazzi che risorse non ne hanno. Dovremmo poi lavorare su ciò che rinforza la salute mentale, cioè famiglia e scuola, e potenziare le strutture psichiatriche sul territorio, dato che le Asl hanno impoverito fortemente i servizi di neuropsichiatria infantile. La buona notizia è che dalle malattie mentali si guarisce”.
Su questo fronte la politica italiana ha fatto un grande passo avanti: è stato da poco firmato un protocollo CNOP-MIUR proprio per fornire agli studenti e al personale docente supporto psicologico in questo periodo di emergenza da Covid-19 per prevenire lo sviluppo di sintomatologie legate all’ansia e all’incertezza.
di Maddalena Temperini
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