68 anni di Massimo Troisi, il maestro che voleva solo “soffrire tranquillo”
Un omaggio alla vita e alla carriera del grande artista partenopeo
Il 19 febbraio 1956 nasceva Massimo Troisi a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli. Quest’anno avrebbe compiuto 68 anni. Lui però ne avrà per sempre 41. Troisi ha fatto ridere ed emozionare chi ha avuto la fortuna di vedere dal vivo un suo spettacolo o un film proiettato al cinema, ma continua a farlo ancora ora che non c’è più, con la sua comicità spontanea, genuina, ancora attuale.
La semplicità delle sue battute, le scene improvvisate: è questo che lo rendeva così vero e capace di arrivare a tutti, dal più colto al più umile. “Quando è morto – ha dichiarato Lello Arena, amico fraterno – mi sono detto che avrei fatto di tutto per non farlo dimenticare. Mi sto accorgendo che non serve: la gente lo ama ancora e lo amerà per sempre”. Niente di più vero. Anche perché, se ora avessimo la possibilità di riportarlo indietro, ci risponderebbe sicuro con la sua consueta ironia: “Lasciatemi soffrire tranquillo. Chi vi chiede niente a voi? Vi ho chiesto qualcosa? No. Voglio solo soffrire bene. Mi distraete. Non mi riesco a concentra’. Con voi qua non riesco… Soffro male, soffro poco, non mi diverto.”
Ricomincio da t(r)e
Troisi nasce in una famiglia numerosa da padre ferroviere e madre casalinga. All’età di 15 anni, ancora studente, si avvicina alla recitazione compiendo i primi passi nel teatro parrocchiale del paese e iniziando a far parte di un gruppo teatrale, I Saraceni, di cui facevano parte anche Lello Arena, Enzo Decaro, Valeria Pezza e Nico Mucci. Proprio dalla collaborazione con Arena e Decaro nel 1977 nasce il trio comico La Smorfia che – dopo una lunga gavetta nei teatri dell’hinterland napoletano – fa da trampolino di lancio per l’esordio in televisione.
Il trio, infatti, entra a far parte degli ospiti fissi del programma Non Stop (1976) e poi della trasmissione Luna Park (1979). In seguito allo scioglimento del gruppo, nel 1981 comincia per Troisi l’avventura nelle sale cinematografiche con Scusate il ritardo, il primo di una lunga serie di film che lo porteranno al successo e lo renderanno il simbolo della Napoli degli anni Ottanta.
Troisi, Napoli e un grande amore irriverente
Napoli è Pino Daniele, è Maradona, è Troisi. Massimo Troisi porta, infatti, nelle case di tutt’Italia il dialetto napoletano, quel suo parlare che tanto lo avvicina alla gente comune e lo rende ancora più umano: “Penso, sogno in napoletano, quando parlo in italiano mi sembra di essere falso”. Ed è proprio la sua comunicazione informale che rende le sue scene simili a chiacchierate fra amici, scene spontanee che rappresentano la quotidianità. L’attore diventa portavoce della Napoli degli anni ’80, una città di cui ci esalta tutta la bellezza, ma di cui ci mostra anche le problematiche – come quella dell’emigrazione verso il Nord Italia – con ironia e semplicità, come in una scenetta di Ricomincio da tre:
-Contadina: Voi siete napoletano?
– Gaetano: Sì, ma no emigrante, eh! No, no, pecché ccà pare ca ‘o napulitano nun po’ viaggia’, po’ sulamente emigra’, perciò uno esce, nun po’ ffa’ ‘nu viaggio, ‘o napulitano invece viaggia.
Quando in un’intervista gli viene chiesto come mai, dopo anni che non vive più a Napoli, sia uno sforzo per lui parlare in italiano invece che in dialetto, lui risponde:
“All’inizio quando sono andato via da Napoli per cominciare questo lavoro c’era anche un po’ di rabbia, il voler imporsi con la propria cultura, con il proprio dialetto. Perché erano tutti prevenuti, dicevano ‘Ma non capiamo…’ e allora io dicevo ‘No, avita capì o’ napulitan’”. Il dialetto napoletano rappresenta dunque per Troisi non solo il modo più semplice e spontaneo per esprimersi, ma ha anche un significato più profondo: è l’espressione di un desiderio di rivalsa di un Sud lasciato sempre più indietro e una sfida contro i pregiudizi sui napoletani.
Tra ironia e realtà
L’attore partenopeo utilizza l’ironia per trattare tematiche importanti, ma anche per demistificare la religione o la politica.
Ironizza sulla religione e sulle credenze del popolo: a partire dalla rappresentazione nei teatri di Maria (interpretata da Troisi stesso) e un goffo e bizzarro Arcangelo Gabriele (Lello Arena) in uno degli spettacoli che ha avuto maggior successo, fino alla scena del film Scusate il ritardo che ‘smonta’ il miracolo delle lacrime della Madonna:
-Don Pietro: Sì, la Madonna rideva!
-Vincenzo: Perché? Sempre miracolo è. Cioè na statua o ride o piange è nu miracolo. Però non lo so, pare che.. uno che va a vere’ te miette… Non lo so, secondo me era meglio pure per voi, perché accussì o professore e’ Napoli s’aveva sta’ sulu zitto, perché il legno può trasudare mica può ridere. Si è mai visto un albero o una sedia che per improvviso cambiamento di temperatura “Ahahah”, l’albero cca seggia “Hai visto? È cambiato il tempo” No, perché è impossibile.
Ma rivolge la sua attenzione anche alla politica: dal canzonare l’allora leader della Lega lombarda Bossi – che avrebbe ascoltato di nascosto le canzoni di Peppino Di Capri -, alle battute su Mussolini nel film Le vie del Signore sono finite:
– Da quando c’è lui, treni in orario, e tutto in ordine!
– Per fare arrivare i treni in orario però, se vogliamo, mica c’era bisogno di farlo capo del governo, bastava farlo capostazione.
“Pensavo fosse amore invece era…”
“Non è che sono contrario al matrimonio, però mi pare che un uomo ed una donna siano le persone meno adatte a sposarsi.”
Troisi con la sua poetica comicità ci parla dell’amore e lo mostra in tutte le sue sfaccettature. Non è solo l’amore romantico di Mario – protagonista del film Il Postino -, che si confida con Pablo Neruda e impara a trasformare i suoi sentimenti in parole.
È anche l’amore sofferto di chi viene lasciato e si confida con l’amico fidato sotto la pioggia: “La sofferenza in amore è un vuoto a perdere: nessuno ci può guadagnare, tranne i cantautori che ci fanno le canzoni”, dichiarò in un’intervista del 1992. Ma anche l’amore platonico che nasce con una donna in epoca rinascimentale, ma soprattutto, è l’amore vero, che ci mostra la quotidianità della coppia e le differenze tra uomo e donna:
-Anna: Mi piace fare l’amore con te.
– Vincenzo: Anche a me.
– Anna: E allora perché non me lo dici mai?
– Vincenzo: Che significa? Se lo faccio, ca lo facciamo accussì, vuol dire che mi piace, no?
– Anna: Eh no.
– Vincenzo: Come no? È mai visto ca mi so’ dato ‘na martellata sulla mano o mi so’ tagliato un orecchio? No. Sai perché? Perché non mi piace. È normale, Senza che uno ha da’ dicere tutt’e cose. Certe cose vanno da sé. Se uno capisce, capisce.
L’ultimo ricordo
Ciò che rende unico Massimo Troisi è la capacità di far ridere e commuovere con la stessa intensità. È questo che si comprende guardando il Il Postino, il suo ultimo lavoro cinematografico prima della morte. È un film che lascia una delicata malinconia, soprattutto se contestualizzato: l’attore necessitava di un trapianto al cuore urgente, ma scelse comunque di girare il film, poiché voleva “farlo col suo cuore”. Troisi decide di concludere la storia con un finale diverso rispetto a quello del libro a cui si ispira: con la morte del protagonista. Un po’ come a voler dare un addio al suo pubblico e lasciare un poetico ricordo della sua immagine, perché “La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve!”
di Francesca Caruso
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