Throwback to 2008

Fatti, usi e costumi: un tuffo nel passato

Ultimamente sembra di vivere un periodo che torna a guardare al passato, e che forse sta ispirando qualche regista per un sequel di Ritorno al Futuro in un’ottica più contemporanea. Sarà il Corona Virus che ha alterato e fatto in un certo senso regredire il nostro modo di vivere, sarà che il nuovo premier Mario Draghi ha riformato il governo nominando nuovi responsabili, tra i quali ritroviamo Renato Brunetta incaricato della Pubblica amministrazione, Mariastella Gelmini ministra degli Affari regionali e infine Mara Carfagna, nella posizione di ministra del Sud.

Si potrebbe parlare di un ritorno all’anno 2008, quando il Covid-19 non era neanche un possibile presagio, la DAD era realtà solo nei documentari in cui si mostrano modi vivendi alternativi e il contatto umano era tanto scontato quanto non lo è più oggi. Ma c’è ben altro: oggi relazioniamo il concetto di cambiamento al 99% dei casi con la nostra quotidianità stravolta dal virus, che ha impattato all’improvviso con il nostro percorso e ci ha depistati sbattendoci in faccia dubbi, paure e disagio. Però i tempi sono cambiati, cambiano e cambieranno indipendentemente dal Covid19. Certo fenomeni come questo accelerano il processo e lo rendono più evidente. Possiamo comunque riflettere su quanto accaduto in questi 13 anni e notare come la pandemia sia solo l’ultimo dei tanti fatti avvenuti.

Partiamo da quello che ci circonda ogni giorno, come social e dispositivi elettronici. Facebook esisteva già dal 2004, ma Instagram sarebbe arrivato solo due anni più tardi. Come facevamo a vivere senza condividere le nostre giornate attraverso le Instagram Stories? O a sapere quando il nostro cantante preferito avrebbe pubblicato il suo nuovo singolo? Facile: Twitter, attivo dal 2006, era già una delle forme di comunicazione più dirette e globalizzate presenti sul Web. Ma la vera piattaforma cult di questo anno è Facebook Messenger, progettata per videochiamate e messaggistica istantanea, nonostante gli SMS fossero comunque molto popolari.

Veniamo agli strumenti. Oggi ovunque ci giriamo troviamo smartphone che dimostrano attraverso le loro coloratissime pubblicità musicali quanto siano indispensabili alla nostra esistenza, che permettono di realizzare filmati paragonabili a riprese cinematografiche e chi più ne ha più ne metta. Lo smartphone per antonomasia resta comunque quello realizzato e prodotto dalla Apple, iPhone, il cui primo modello nel 2008 è già ampiamente disponibile dato che nasce l’anno precedente, seguito dai competitors ovviamente. Oggi iPhone è non solo un brand di strumenti elettronici ma un’icona di stile, un modo di vivere e pensare, che spopola sui social come Instagram, dove blogger e influencer non si possono definire propriamente tali se non mostrano nei loro post la mela mangiucchiata.

E parlando di imprenditori digitali non si può ignorare che abbiamo aperto la strada a professioni del tutto nuove, basate su concetti come numero dei likes, numero dei seguaci e cura del feed. Tutto questo potrebbe risultare un po’ caotico e disorientante se pensiamo che nel 2008 Instagram non c’era ancora. Lavorare in questo senso significa presenziare su una piattaforma aperta su un nuovo mondo virtuale, a cui chiunque può prendere parte, farsi vedere, condividere contenuti, che la maggior parte delle volte vuol dire condividere se stessi e soprattutto farlo costantemente, preferibilmente per i follower h24. E nella maggior parte dei casi questi lavori sono legati ad un altro ambito in costante evoluzione: quello della moda.

Oggi viviamo un momento che vede nel vintage un mito e uno stile da perseguire a tutti i costi, con qualche rivisitazione e qualche eccezione, ma comunque predominante. Anche nel 2008, e in generale verso la fine degli anni 2000 emergeva un gusto per le mode delle decadi precedenti, in particolare degli anni 50 e 80. Anche se non si parla di look estremi come quelli della fine degli anni 90/inizio 2000, oggi ci faremmo comunque qualche scrupolo ad imitarli.

Oggi però vantiamo un punto in più: il mondo della moda lavora sempre più assiduamente per perorare la causa della body positivityDalle grandi firme alle pagine Instagram legate a piccole attività locali, si cerca di diffondere su riveste e sul web l’immagine di corpi veri e imperfetti come è naturale che siano.

Veniamo poi alla politica. Proprio nel gennaio dell’anno corrente gli Stati Uniti si sono dipinti del blu democratico eleggendo come nuovo presidente Joe Biden, avversario di Donald Trump. E questo non può che riportarci al 2008, quando Barack Obama, eletto nel gennaio 2009 44° presidente degli Stati Uniti, si contendeva la presidenza con il repubblicano George W. Bush. La storia si ripete, ma ultimamente abbiamo assistito a momenti di interesse storico non indifferente. Parlo del movimento BlackLivesMatter e dell’attacco alla Casa Bianca avvenuto sempre nel mese di gennaio nel periodo delle elezioni presidenziali. Sembra che movimenti di estrema destra stiano tornando a emergere, come se il passato non ci avesse insegnato nulla, rivelando il doppio volto della medaglia.

E proprio in relazione ai casi di razzismo, è il caso di parlare del tentativo di affrontare la quotidianità dal punto di vista del politically correct. Ma prima di questo dobbiamo fare un passo indietro. Molti di noi sicuramente ricordano che fino a non troppi anni fa i cartoni animati, i film e le serie tv si guardano in televisione, all’inizio tramite DVD e video cassette, poi grazie al digitale terrestre. Canali come Italia1 erano i preferiti dai più giovani poiché nelle ore pomeridiane trasmettevano serie tv come Zack e Cody al Grand Hotel e Zoey101 o cartoni animati suddivisi in episodi come fossero delle serie. Immancabili poi erano i film trasmessi sempre su Italia1 al sabato sera, in prima e in seconda serata. Quando una nuova stagione veniva trasmessa si faceva di tutto per non perderla, altrimenti si sarebbero dovute aspettare le repliche, con il rischio però di subire grandi spoiler dagli amici che già avevano visto il programma.

Questo sistema cambia drasticamente con l’arrivo di Netflix, esponente massimo delle piattaforme che permettono di arrivare a film e serie in qualunque momento da qualunque dispositivo, a patto di disporre di una connessione internet e un abbonamento. Cambia quindi il modo di fruire i contenuti audiovisivi, ma anche di pensarli: se prima erano un momento scandito dall’orario e dal canale di trasmissione, oggi sono pacchetti archiviati in una grande raccolta, sempre accessibili, disponibili in varie lingue e al passo con la pubblicazione dello stesso prodotto nel resto del mondo.

Ma in tutto questo cosa centra il politically correct? Ci arriviamo. Come abbiamo detto, negli ultimi tempi si è assistito a episodi di razzismo che hanno fomentato la coscienza comune e hanno spinto non solo a realizzare ex novo contenuti allineati con un pensiero più incline all’inclusione sociale, a trattare tematiche come appunto il razzismo e all’eliminazione di stereotipi, ma anche a rivisitare film e cartoni che non rispettano quest’ottica più moderna e inclusiva. Penso alla campagna avviata dalla Disney stessa che ha voluto ripensare i propri film per bambini eliminando il lessico ritenuto offensivo per sensibilizzare fin da subito a tematiche attuali. In Peter Pan non si può più parlare di “pelle rossa” per riferirsi ai nativi americani, così come le principesse non devono obbligatoriamente essere di carnagione bianca, educate ai costumi occidentali e dipendere dalla figura del principe azzurro pronto a salvarle. Mulan ci aveva visto lungo.

Sono passati più di dieci anni dal 2008, e non si può dire se si viva propriamente meglio o peggio. Questa sentenza è relativa e soggettiva, dipende in quello in cui si crede e quello che si cerca di fare per cambiare ciò che non piace. Si può forse dire che viviamo attualmente in un momento meno spensierato, soggetto a convenzioni più di quanto vorremmo e meno evoluto di quanto pensassimo. Penso però che si possa anche dire che evidenti sono i passi avanti rispetto a certe tematiche e che la consapevolezza è un fiore delicato che va coltivato di giorno in giorno.

di Camilla Ardissone

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