Non chiamateli cartoni animati: Death Note è l’anime in cui bene e male si confondono

Diventare malvagi per liberare il mondo dal male: il paradosso di Light Yagami

L’anime è spesso considerato, in Occidente, sinonimo di ‘cartone animato giapponese’, ma non bisogna assolutamente valutare questa storica forma di intrattenimento come un contenuto rivolto esclusivamente ad un pubblico infantile, bensì come una modalità alternativa di fare cinema, spesso di altissima qualità. Basti pensare alle fantastiche opere di Hayao Miyazaki, come La città incantata, Il castello errante di Howl o la Principessa Mononoke . Non è infatti raro trovare anime ben poco adatti ai bambini, ma che, per profondità dei temi o complessità della trama, sono rivolti per lo più ad un pubblico adulto.

È questo il caso di Death Note, l’adattamento del manga di Tsugumi Oba e Takeshi Obata, che rimane uno dei più famosi anime di sempre. Composto da 37 episodi della durata di poco meno di mezz’ora ciascuno, esso è disponibile su Netflix e continua a riscuotere un grande successo, nonostante la sua prima comparsa sia da far risalire al 2003 in Giappone.

Non ci sono grandi preamboli da fare, la serie entra subito nel vivo: Light Yagami, il protagonista, è uno studente – uno dei migliori di tutto il Giappone – e figlio modello. Un giorno, all’uscita da scuola, trova uno strano quaderno: il Death Note. Esso appartiene ad uno shinighami di nome Ryuk, che nella cultura giapponese rappresenta un dio della morte. Solamente il proprietario del quaderno, Light, può vedere lo shinigami che lo segue e lo consiglia.

All’interno del quaderno vi sono scritte le regole per il suo funzionamento: scrivendo il nome di una persona, ed avendo in mente il volto di tale individuo, si può porre fine alla sua vita. Esistono inoltre dei corollari secondo i quali si possono decidere anche le modalità della morte, passaggio chiave per lo sviluppo della trama. Light decide di testare il quaderno e, scopertane l’efficacia, decide di mettere in atto un piano di ‘pulizia’ del mondo. Il suo obiettivo è liberare l’umanità dal male, giustiziando i criminali. Per farlo si attribuisce lo pseudonimo ‘Kira’ (traslitterazione in giapponese della parola killer), definendosi come l’assassino che uccide i criminali. Se il proprietario del quaderno decidesse di ottenere lo sguardo dello shinigami, dimezzando la durata della propria vita, potrebbe scoprire il nome di una persona solamente osservandola in volto, ottenendo quindi un potere pressoché infinito. Il protagonista, tuttavia, decide di scartare questa opzione, almeno per quanto riguarda le fasi iniziali.

Le morti misteriose richiamano l’attenzione della polizia internazionale che, guidata dal leggendario detective Elle, si mette sulle tracce del misterioso giustiziere. Il protagonista, non essendo a conoscenza del vero nome di Elle, non può liberarsene e inizia una battaglia simile ad una partita di scacchi, nella quale il detective si avvicina sempre più alla soluzione del mistero. Elle è probabilmente uno dei ‘rivali’ meglio caratterizzati della storia degli anime, essendo non solo come Light intelligentissimo, ma anche caratterizzato da una personalità diametralmente opposta a quella del protagonista. Un ruolo fondamentale è quello di Misa Amane, fan sfegatata di Kira e innamorata di quest’ultimo, che, ricevuto il Death Note da un altro shinigami, decide di unire le forze a quelle di Light.

Death Note fa riflettere sui concetti di giusto e sbagliato, ricalcando la filosofia giapponese che li vede sempre intrecciati, lo yin e lo yang. Le intenzioni di Light sono buone, vuole rendere il mondo un posto migliore, ma per farlo deve oltrepassare la distinzione netta fra bene e male, finendo per collocarsi dalla parte dei ‘cattivi’. Anche una persona con dei sani principi come Light Yagami, se messo nelle condizioni di farlo, può trasformarsi in un cattivo. Mentre egli cerca di migliorare l’esistenza a modo suo, il rivale Elle vuole giocare secondo le regole della giustizia e, inevitabilmente, nello sviluppo della trama ci si trova di fronte ad un bivio: per chi tifare?

L’evoluzione dei personaggi, perfettamente osservabile attraverso i dialoghi – che sono il vero punto centrale della narrazione – tende a spingerci in favore di Elle, poiché Light viene di fatto sopraffatto dal complesso del Dio, finendo per utilizzare i propri poteri principalmente nella propria battaglia contro il rivale invece di concentrarsi sul proprio ideale. Una delle note più positive della serie è la totale assenza di episodi filler, la trama si evolve in maniera spedita, senza fronzoli.

Ad un certo punto, con la morte di uno dei personaggi principali (il cui nome non riveleremo per evitare spoiler) però, inizia il crollo verticale della qualità della serie. I nuovi personaggi inseriti e gli sviluppi della trama modificano totalmente la personalità del protagonista, facendolo passare per un folle ai limiti della stupidità, il che contribuisce a un finale che, seppur soddisfacente, avrebbe probabilmente potuto essere gestito meglio. Resta comunque un prodotto dall’elevatissima qualità e complessità, consigliato soprattutto a chi, non ancora famigliare con gli anime, volesse avvicinarsi a questo genere che ha moltissimo da offrire.

di Gabriele Diotati

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