Ma…sono solo canzonette? Il Maschilismo Orecchiabile di Riccardo Burgazzi

Un libro che ci accompagna alla scoperta dell'amore, e in particolare della figura della donna, nelle canzoni italiane degli ultimi 50 anni. "L'analisi del testo" più arguta di sempre

Edoardo Bennato cantava: “Sono solo canzonette”…  Ma siamo sicuri sia proprio così? Con Il Maschilismo Orecchiabile, Riccardo Burgazzi, ci aiuta a rispondere a questo interrogativo fornendoci, in particolare, un punto di vista critico sulla visione della donna e dell’amore proposti, in maniera neanche troppo celata, tra i versi delle canzoni italiane dell’ultimo mezzo secolo.

Le opinioni al riguardo sono contrastanti. C’è chi in qualche modo porta ancora avanti il principio dell‘Art for Art’s sake, che presenta l’arte come fine a se stessa, applicandolo anche alla musica, e chi invece, nell’arte vede qualcosa di più profondo, la rappresentazione di un’ideologia che esiste, ma che troppo spesso tendiamo a non vedere.

Maschilismo sotto mentite spoglie

Uscito il 28 febbraio di quest’anno, il maschilismo orecchiabile viene fuori come un’arguta analisi della canzone italiana degli ultimi cinquant’anni, attraverso cui è possibile accedere ad un punto di vista lucido su un fenomeno che ci riguarda da vicino: il maschilismo. L’autore, Riccardo Burgazzi, classe 1988, è un filologo. Autore di saggi e articoli, ha scritto anche due romanzi, Storia del Michelasso, che mangia, beve e va a spasso (2016) e Le primavere di Praga (2018), entrambi pubblicati da Prospero Editore.

Come lui stesso tiene a sottolineare, il maschilismo orecchiabile non vuole essere una denuncia mirata a nessun artista. Piuttosto, potremmo vederlo come una presa di coscienza, fatta in maniera consapevole e lineare, ma ironica allo stesso tempo. Presa di coscienza di un maschilismo che non percepiamo, ma che di fatto c’è. Maschilismo sotto mentite spoglie, fatte di un ritmo orecchiabile, che tutti prima o poi ci troviamo a canticchiare in auto mentre siamo fermi al semaforo. Cantiamo il maschilismo, ebbene sì, ma questo ci pesa, o l’arte è arte, ed è una cosa a parte?

A questo è difficile rispondere, e soprattutto, anche rispondendo, non si può essere sicuri del margine di cambiamento, anche perché “…la canzone pop, avendo come statuto quello di non tradire le aspettative, non fa altro che riportare un messaggio che chi ascolta conosce già e non si meraviglia di trovare. Dà conferme e fa sentire parte di un tutto, di un sentire comune“. Ne consegue che l’arte, e in questo caso specifico la musica, diventano un po’ specchio della società stessa.

Se non ci scandalizziamo troppo nel trovarci a cantare a gran voce i Negramaro, dicendo “Usami, straziami, strappami l’anima, fai di me quel che vuoi“, è perché  di base vige in noi quest’idea per cui l’amore giustifichi in qualche modo tutto e sia sempre giusto, un’idea malsana, per cui l’amore per essere tale deve squartarti. Che poi, a squartare, nel caso di questa canzone è la donna, che può anche fare del male, perché tanto l’idea che Lui ha di lei non cambia, la vedrà sempre come il verde coniglio dalle mille facce buffe. 

Insomma, le sfaccettature del maschilismo tossico di cui la nostra società è impregnata, sono facili da scorgere tra le righe delle canzoni. Burgazzi ci accompagna in questo viaggio che va da Petrarca ad Eros Ramazzotti, rilevando un’intertestualità tematica che ci apre gli occhi, mettendoci di fronte al fatto che non siamo poi così tanto evoluti da questo punto di vista.

Appurato questo, continueremo a cantare senza accorgercene “ti spaccherò la faccia se non mi dai il cuore”, e questo non farà di noi delle cattive persone pronte a riversare violenza su chi amano. Però, potremmo prendere questo libro come spunto per iniziare a soffermarci sul fatto che noi siamo in tutto ciò che ci circonda, e che le canzoni, non sono soltanto note da strimpellare qua e là. Tra le note c’è un messaggio, che in teoria cambierà solo a posteriori, ma che in pratica, potremmo iniziare a cambiare noi, a priori.

 

di Gianna Maria La Greca 

 

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