Grammarnazi: gli eredi del Purismo

Uno sguardo su come si è evoluto - diacronicamente parlando - il fenomeno dei 'nazisti della grammatica'

Vi è mai capitato di discutere con i vostri amici e di essere ‘rimproverati’ da uno di essi per aver adoperato impropriamente qualche termine o aver coniugato erroneamente qualche verbo? Si sa, anche i migliori incappano in queste situazioni e capita a tutti di commettere degli errori, presi dalla foga del momento o concentrati sull’argomento preso in esame, eppure l’intolleranza di queste persone non diminuisce. Ma perché?

Chi critica gli errori grammaticali è introverso e poco disponibile verso gli altri” così ha affermato Julie Boland della University of Michigan in uno studio condotto da PLOS ONE, nota rivista scientifica statunitense. La ricerca, curata dalla testata giornalistica nel 2016, mirava all’approfondimento di una possibile relazione psicologica fra questo fenomeno e l’individuo che presentava questo atteggiamento.

Il risultato dello studio si ottenne dall’analisi di due diversi gruppi: uno composto da persone più estroverse e uno da persone più chiuse e, appunto, introverse chiedendo loro di correggere delle mail, in risposta a un annuncio, sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista lessicale.

Ne risultò che le personalità più introverse, inaspettatamente, tendevano a correggere e valutare maggiormente gli errori grammaticali – notando anche le più piccole minuzie – in quanto godenti di una personalità più esigente e meno incline alle distrazioni; le persone estroverse – notevolmente più disponibili nei confronti delle altre persone – tendevano a trascurare gli errori.

Ma tutto ciò da cosa è nato? In passato c’era questa tendenza al ricercare la perfezione formale di qualsivoglia discorso?

Il Purismo Italiano: dove tutto ha avuto inizio

Questa posizione ‘diffidente’, che caratterizza i ‘nazisti della grammatica’ odierni, contraddistingueva già gli esponenti del ‘purismo linguistico’, quell’atteggiamento conservatore e intollerante nei confronti di qualsiasi innovazione, nato in contrasto con l’affermazione della lingua e letteratura francese all’inizio dell’Ottocento.

Antonio Cesari – linguista, scrittore e letterato italiano – scrisse che nel Trecento non erano solo i letterati a scrivere bene, ma anche coloro che non scrivevano per ‘vivere’. Per questo il Trecento è noto come epoca d’oro per la lingua italiana.

Il Purismo nacque dunque per contrastare l’immissione, all’interno della lingua nazionale, di forestierismi, neologismi e termini di altre lingue/dialetti. Nacque, insomma, per cercare di  mantenere quell’identità nazionale linguistica tanto ricercata già da Dante Alighieri all’interno del “De Vulgari Eloquentia”.

Sarà solo Alessandro Manzoni, autore de “I Promessi Sposi”, durante l’Ottocento, ad invertire questa tendenza, rilanciando una lingua italiana viva, fruibile e lontana da un linguaggio arcaico o ‘puro’ che, a detta del Manzoni, rendeva difficile la circolazione delle opere letterarie e dei testi in generale.

Un fenomeno non solo italiano

Gli affezionati alla lingua – coloro che la difendono a spada tratta di fronte a critiche, giudizi e tentativi di modifica – non sono solo italiani, infatti l’argomento si può facilmente ampliare a tantissime altre lingue.

Prendiamo in considerazione il francese; tutti sanno che una delle difficoltà maggiori di questa lingua sono gli accenti. Alcuni sono fondamentali perché molte  parole sono graficamente uguali fra loro, ma assumono un significato diverso grazie al loro accento (jeûne – digiuno – ha l’accento per distinguersi dall’omonimo jeune, giovane).

Tuttavia, già dal 1990 l’Académie Française aveva pubblicato le Rectifications orthographiques, una serie di proposte per semplificare alcuni punti della lingua francese. La riforma mirava a semplificare la grafia (oignon, “cipolla”, diventa ognon), senza stravolgere la lingua, cosa che non sarebbe stata accettata facilmente dalla popolazione francese, molto affezionata al proprio idioma. Un affetto – quello dei francesi nei confronti della propria lingua – che risulta quasi un’ossessione se si considera che la conferma  della Réforme de l’orthographe – avvenuta poco più di 5 anni fa – è stata accolta con lo spopolamento dell’hashtag #JeSuisCirconflexe su Twitter, nato proprio in sostengo del purismo linguistico.

 

 

Un’altra nazione molto legata alla propria lingua è quella tedesca. La Reform der deutschen Rechtschreibung è entrata in vigore a partire dal 1° agosto 1996. Inizialmente l’idea era di dare omogeneità alla lingua e fissarne alcune regole. Questo si dimostrò necessario in quanto la Germania risultava estremamente frammentata linguisticamente fino al 1871, anno della sua unificazione.

Tra le misure più drastiche adottare nella riforma del ‘96, ci fu l’eliminazione della lettera Eszett (cioè la ß, già rimossa dal tedesco svizzero) da alcuni vocaboli. A questa decisione si opposero però in molti, tra cui diversi intellettuali. Ciò portò ad una riduzione della riforma, che comunque avvenne.

Il purismo come fenomeno mediatico moderno

Per indagare più da vicino questo fenomeno, Parmateneo ha recentemente somministrato un questionario volto a indagare il fenomeno dei GrammarNazi.

Dal sondaggio, a cui hanno preso parte circa 300 persone, è emerso che molte persone trovano fastidiosi gli errori grammaticali e di notarli di più parlando con gli estranei. Solamente 46 utenti hanno dichiarato di non esserne infastiditi.

Ma a cosa è dovuto questo fastidio? Molti hanno parlato di cacofonia, altri di istinto e i molti hanno parlato di una forma di ‘insegnamento’ dato all’interlocutore al fine di non fargli ripetere l’errore in futuro.

Quello che, però, stupisce è il fatto che molti si trovano d’accordo con la linea d’azione dei GrammarNazi: più di 80 persone, all’interno del sondaggio, pensano che il contributo di questi ‘puristi’ sia essenziale al fine di migliorare l’aspetto formale di qualsivoglia comunicazione anche nella vita di tutti i giorni.

… e come strumento di ilarità

Si potrebbe anche parlare di come, a volte, si agisca da ‘Grammarnazi’ solo per farsi una risata, rendendo divertente la situazione e sdrammatizzando l’eventuale ‘disagio’ di chi ha commesso l’errore. Si pensi alle migliaia di scritte lasciate sui muri con una grammatica raccapricciante, come Con te accanto posso rinunciare ha tutto.Di esempi del genere ce ne sarebbero tantissimi, ma si può anche citare Gianni Rodari, che nel suo Il libro degli errori ha raccolto in forma di filastrocche gli errori più comuni della lingua italiana, arrivando a creare un libro leggero ed estremamente divertente sull’argomento.

Una possibile chiave d’interpretazione

Sia come fenomeno mediatico che come strumento di ilarità, la correzione degli errori grammaticali e i ‘Grammarnazi’ sono e restano un argomento di discussione. E alla fine dei conti, tutti noi siamo stati dalla parte del correttore almeno una volta, involontariamente o con secondi fini.

È importante, a prescindere da qualsiasi speculazione, tenere a mente il fatto che le lingue sono tutt’altro che statiche e, anzi, non passa un giorno in cui un nuovo termine non venga coniato, una parola non venga modificata e un prestito non venga inserito. Quindi, da questo punto di vista, è quasi impossibile stare dietro a tutte le modifiche. E se un tempo ‘a me mi’ era categoricamente sbagliato, ora si sostiene che in alcuni contesti informali non sia poi così errato il suo utilizzo.

Per questi motivi, quando si è dalla parte dei ‘Grammarnazi’ bisogna tenere in considerazione il fatto che ci sono tante altre le forme che, per quanto meno comuni, sono comunque corrette. A volte poi gli errori non sono segno di ignoranza, ma semplici errori di battitura o distrazione.

Quindi, correggere sì, ma con la consapevolezza della situazione e del contesto e senza dimenticare che l’errore di oggi potrebbe diventare la norma del domani!

 

di Xhesara Hasrami e Carmen Stagnitti

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