Unipr On Air – Franco Arminio: “Ci vuole una comunità ruscello più che una comunità pozzanghera”

Il 'paesologo', intervistato da Vincenza Pellegrino, analizza la vivibilità dei centri abitati italiani, anche alla luce della contemporanea crisi pandemica

L’obiettivo numero 11 dell’Agenda 2030 riguarda le città e la sostenibilità urbana. Ed è questo il tema intorno a cui ruota la nuova puntata di UniPr OnAir dove la docente in Sociologia della globalizzazione dell’Università di Parma, Vincenza Pellegrino, intervista Franco Arminio, scrittore, poeta e regista, autodefinitosi ‘paesologo’.

Tra gli obiettivi del goal 11 c’è quello di garantire a tutti l’accesso ad un alloggio, nonché di rendere i centri abitati più vivibile attraverso un’adeguata riformulazione degli spazi e grazie alla costruzione di infrastrutture, fra tutte quelle dedicate ai trasporti. La sostenibilità passa anche attraverso la relazione fra edifici e ambiente: gli insediamenti devono rispettare le caratteristiche del territorio, con il fine di ridurre non solo l’impatto ambientale, ma anche i disastri causati dalle calamità naturali. Manca un decennio alla scadenza del programma, quali sono le soluzioni abitative migliori?

Durante la conversazione i testi del poeta di Bisaccia (provincia di Avellino) vengono utilizzati per fornire spunti iniziali da cui la discussione possa prendere vita. Il dilemma affrontato riguarda principalmente la questione della vivibilità di città e paesi, resa ancor più precaria dall’epidemia di Coronavirus che ha messo in luce tutte le debolezze e le incongruenze delle moderne modalità di vivere sociale.

Esiste al mondo un luogo sostenibile?

Il primo argomento toccato è quello dei “Paesi della bandiera bianca”, intesi come quei centri molto piccoli – “meno di mille abitanti” specifica Arminio – resi ancora più vuoti dalla pandemia. Il paese ha modificato la propria struttura nel corso degli anni, passando “dalla miseria alla desolazione”. I paesi sono “per certi aspetti insostenibili”, posti che non reggono il confronto con il proprio passato. L’idea utopistica e idealizzante dei paesi come risposta ai dilemmi che caratterizzano la frenetica vita delle metropoli è fallace. A dimostrazione del fatto che la vita nei piccoli centri sia impraticabile è la mancanza di interesse che le persone hanno nel viverci, nonostante i bassi costi. Un’insostenibilità psicosociale intrinseca che, però, non trova risposta nei grandi centri urbani.

La città frenetica, infatti, ha di contro esaurito il proprio senso. Già negli scorsi anni iniziavano ad emergere le fragilità del vivere caotico, ma il colpo di grazia è stato inflitto dalla già citata emergenza sanitaria. La reiterazione del modello delle città non produce bellezza, mentre il paese è incagliato in un’idea di passato non applicabile al presente e/o al futuro. Il compito, la sfida, è quello di costruire nuovi spazi basati su attività umane diverse, “ripensando la forma dei luoghi”. Ci troviamo in un tempo sospeso, nel quale i modelli di socialità a cui siamo abituati stanno morendo; è importante per il nostro futuro non riprendere queste modalità – che hanno esaurito il proprio potenziale – e gettare le basi per nuovi progetti.

Lo scrittore afferma di aver trovato quel benessere fornito dai luoghi solamente nelle località disabitate, incontaminate, inabitabili e immersi nella natura. La sensazione però si esaurisce dopo qualche ora e, anch’essi, non rispecchiano l’ideale di vivibilità a cui l’uomo ambisce. Nemmeno i paesi dell’entroterra sembrano essere la soluzione, nonostante i molteplici progetti che li hanno visti protagonisti col fine di riportarli in auge.

Parma, tra storia e presente

Difficoltà e punti di forza sono presenti sia nelle piccole realtà che nelle metropoli. E che dire di Parma e della pianura che la circonda? Una città che ha molto da offrire, partendo dalla bellezza dei luoghi e da ciò che essa può offrire. La ricchezza di storia e cultura, tipica dei grandi centri europei, potrebbe essere però proprio il suo problema; d’altro canto, una modernità plurale, un’opera di meticciato sociale, potrebbe essere la soluzione per il futuro. Bisogna ripensare non nell’ambito locale, esaurendo la propria iniziativa ai luoghi considerati storicamente ‘vicini’, ma c’è la necessità di esplorare nuovi orizzonti, diventando un laboratorio del futuro e aprendosi all’impensabile.

“Ci vuole una comunità ruscello più che una comunità pozzanghera” è un estratto del nuovo libro dello scrittore, alcune parti del quale sono state lette in anteprima dall’autore stesso nel corso della chiacchierata; questa massima, questo aforisma, risponde perfettamente alla domanda che il goal 11 si pone, individuando nella mescolanza di genti e luoghi l’obiettivo a cui ambire nei prossimi anni, combattendo la staticità del presente. Ripensare e ripensarsi, per un futuro sostenibile.

Guarda il video dell’intervista completa:

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