Una stanza tutta per noi

Virginia Woolf aveva ragione: avere uno spazio tutto per sé è un privilegio non da poco...

Pexels, Marlene Leppänen

Ciao Luna, per poco non piango dal nervoso. Allora, io sono una persona esagerata, okay, sì. Però questa situazione mi fa sclerare, ho bisogno di un mio spazio, del mio ordine. Dopo un anno passato a vivere da sola, qui è impossibile. Questo clima non lo reggo, questo clima non è producente. 

Casa mia è un caos. 3 cani, un fratello sempre in mezzo e rivoglio la mia vita, oppure faccio la rinuncia agli studi. Dio, come si fa? Ah, e alla fine sto piangendo, ma – spoiler – non puoi piangere perché subito qualcuno ti chiede che cos’hai. E se tu non lo sai cos’hai, diventa complicato. E’ complicato. Rispondimi presto.

E quindi? Quanto è importante avere uno spazio? Uno spazio per piangere, uno spazio per essere, uno spazio per dire. Interrogativo che nell’ultimo periodo ha interessato, con particolare riferimento, tutte quelle centinaia di migliaia di studenti che sono stati costretti, data la situazione d’emergenza, a fare una regressione, a tornare a casa propria e a ritrovarsi nella maggior parte di queste volte senza questo spazio a disposizione. Si sono ritrovati di nuovo piccoli, catapultati in una realtà diventata troppo stretta se messa in relazione alla crescita che si è subito nel frattempo.

Che sia dopo quattro anni, o dopo sei mesi, nella caotica casa che ci si lascia alle spalle, si torna inevitabilmente cambiati. Vivere da soli cambia il modo di dedicare tempo a se stessi, che diventa più maturo – o consapevole se non altro – e solo il fatto di aver gestito da soli tempo e spazio per un lasso di tempo più o meno ampio, fa sembrare impensabile la sola idea di non averlo neanche più uno spazio per sé. Eppure è stato così per tanti di noi, e allora dove vado per ripetere le dispense? Non voglio che nessuno mi senta e domani ho l’esame. 

L’esame è andato bene, ma non quanto volevo e non voglio per forza parlarne subito, voglio forse non parlarne, voglio stare in camera mia. 

Uno spazio per piangere, quanto è sottovalutato? Avete presente quei momenti in cui hai la sfera emotiva di un’adolescente? Tipo per me vale sempre. Ecco, avete presente avere sempre la sfera emotiva di un’adolescente, voler piangere perché hai l’orgoglio ‘ferito’ e dover piangere con un occhio solo perché con l’altro devi stare ben attenta che non arrivi tuo fratello a recuperare la chiavetta USB? Uno spazio per piangere, che poi, avere uno spazio per piangere è anche avere uno spazio per essere. Perché, in quei momenti, vuoi soltanto essere quel te con la sfera emotiva immatura, che è pronto a naufragare tra vita e cose varie sul letto, e piangere, semplicemente, tanto Alexa è lì pronta a caricarti con Britney Spears sotto richiesta nell’esatto momento in cui deciderai di alzarti e asciugarti il viso.

Forse sbarazzarsi presto del viso gonfio serve anche a ricordare che, magari, non vale propriamente la pena disperarsi per un esame non andato come sperato, né tantomeno per lui, però (e questo è il punto) sarai libera di farlo. Sarai libera di rimanere col viso gonfio, con il naso e gli occhi arrossati, con i capelli sfatti e la felpa un po’ sbavata, senza nessuna fretta di darti una sistemata, perché avrai modo, tempo e spazio per rimanere protetta dietro quella porta. 

Persino adesso per me è importante avere uno spazio personale per buttare giù queste parole. La cara amica Virginia Woolf diceva che “Se ha intenzione di scrivere romanzi, una donna deve possedere denaro e una stanza tutta per sé.”  Vale anche per gli articoli, Virgi?

Beh io dico di sì. Vale anche per una pagina di diario, per un disegno, per una seduta di Karaoke, per leggere, per studiare, per pensare, per autocompiacersi davanti allo specchio stando nuda, o anche no, ma essere libera: di leggere, pensare, studiare e distrarsi, stare davanti allo specchio nuda, perché nessuno ti vede, perché quella è una stanza tutta per te. 

E’ chiaro che ci si adatta, o riadatta, ma non sempre è facile. Non è facile non averla, e non è facile soprattutto tornare a non averla. Voglio dire, siamo tutti grati di avere nostro fratello o nostra sorella. Solo che, nostro fratello e nostra sorella, non sempre vanno d’accordo con l’esame di statistica da partorire entro il mese prossimo.

Una stanza per sé è come una coccola, così mi sentirei di definirla. Avere il privilegio di avere un posto proprio, dove andare e poter decidere di stare da soli con se stessi, è come una coccola.

Che sia grande, piccolo, ordinato o incasinato come i nostri pensieri (parla per te G), è pur sempre una sicurezza, un posto in cui tornare a cercare se stessi. Una di quelle cose che spesse volte si danno per scontate, come se fossero in qualche modo dovute, ma che quando ci vengono tolte, si rimpiangono.  Succo del discorso? Se sei uno studente, o semplicemente hai 20anni e tanti casini in testa, ed hai una stanza tutta per te, sii grato, e se non ce l’hai, inventati uno spazio dentro di te, è possibile.

 

Di Gianna Maria La Greca

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