Zero: sentirsi invisibili per poi essere visti

L'importanza della nuova serie Netflix: tra inclusività e lotta agli stereotipi

Da: Optimagazine

Zero è la storia di un cambiamento: una serie che vuole rappresentare chi è veramente invisibile, lanciare un messaggio di inclusione e combattere il razzismo e i pregiudizi. Essa è tratta dal romanzo “Non ho mai avuto la mia età” di Antonio Dikele Distefano, autore della serie in collaborazione con lo sceneggiatore e fumettista Menotti, che ha specificato: “Volevamo dire qualcosa di originale che non fosse già stato declinato negli stereotipi sul tema dell’integrazione e dell’immigrazione“.

Essere invisibili per salvare un piccolo, grande mondo

Zero racconta in otto episodi la storia di Omar (Giuseppe Dave Seke), un timido ragazzo di origini senegalesi, nato e cresciuto a Milano. Egli lavora come rider, ha la passione per fumetti e manga ed è dotato di un superpotere: quello di diventare invisibile. Quando il suo quartiere, Barrio, dal quale vorrebbe scappare, è in pericolo, Omar si trova costretto a indossare i panni da eroe, ma scoprirà anche nuove amicizie e l’amore per una ragazza, Anna (Beatrice Grannò).

Uno dei temi principali della serie è l’invisibilità. Omar è un eroe moderno: colui che si sente invisibile per poi diventarlo sul serio, indossando i panni da supereroe e dando vita a Zero, il protagonista dei fumetti da lui stesso disegnati. Il potere dell’invisibilità viene visto come una metafora: sono molti i giovani che vogliono essere sentiti e ascoltati, ma se ciò è spesso difficile per un ragazzo italiano, figuriamoci per uno figlio di immigrati. “Non un supereroe predestinato, ma un ragazzo che è costretto a diventarlo“, ha specificato Distefano. Un’altra tematica è l’amicizia: Omar ne scoprirà il valore grazie a Sharif (Haroun Fall), Inno (Madior Fall), Sara (Daniela Scattolin) e Momo (Richard Dylan Magon), anche loro immigrati di seconda generazione, che si sentono anch’essi invisibili e non rappresentati dal Paese in cui sono nati. Essi vogliono far sentire la propria voce alleandosi per salvare il proprio quartiere e combattendo contro razzismo e pregiudizi. La serie, infatti, vuole rappresentare chi si sente invisibile e lo stesso autore, Distefano, di origine angolana, conosce perfettamente la realtà del non sentirsi rappresentati: “Spero che, se la serie dovesse essere un successo, Zero rappresenti l’inizio di un processo di cambiamento, ha ribadito.

Zero è una serie che tratta il valore dell’amicizia (fonte: ProjectNerd)

Il cast è molto variegato e gli attori hanno retroterra culturali diversi. La maggior parte di loro ha poca o nessuna esperienza recitativa. Zero non è una serie che parla di ragazzi neri, di chi si sente invisibile: “Non mi piace parlare di diversity. Preferisco chiamarla normalità“, ha detto Distefano.

Curiosità

Zero sembra un prodotto perfetto per la Marvel, in quanto presenta tutti gli elementi tipici: il superpotere, l’imbarazzo che crea al protagonista, il percorso per imparare a conviverci, la creazione della propria divisa e le vicende personali che finiscono per confliggere con la propria missione. In Zero si sente molto l’influenza di “Lo chiamavano Jeeg Robot” di Mainetti e “Il ragazzo Invisibile” di Gabriele Salvatores. Inoltre, per rappresentare Omar “invisibile”, è servito un effetto speciale: viene raffigurato come se fosse disegnato a colori, ma intorno a lui il resto è in bianco e nero.

Zero è come un romanzo di formazione che cerca un nuovo modo per raccontare quell’Italia che non viene mostrata, come qui la Milano periferica. La location è il quartiere “Barrio”, un luogo di fantasia creato dagli autori, che nella realtà fa riferimento alla zona chiamata Barona. Questo è anche il quartiere di nascita del rapper Mahmood, il quale ha anche realizzato un brano per la colonna sonora dal titolo “Zero”. L’inedito è uscito il 21 aprile in concomitanza della serie e come anticipazione del suo prossimo album “Ghettolimpo”.

Seconda stagione?

Se ti è capitato almeno una volta di sentirti invisibile o incompreso, ricorda che tutti hanno un ruolo nella propria vita e meritano di essere ascoltati e notati. Per questo suo messaggio, Zero merita di essere vista: non importa il colore della pelle, o lo status sociale, tutti hanno una voce e hanno il diritto di farla uscire e farsi sentire.

Ancora non ci sono prove certe per un possibile rinnovo della seconda stagione, ma il finale aperto della prima ha lasciato gli spettatori con molti interrogativi che necessitano di risposte. E chissà che nella seconda (probabile) stagione, non si scopra il passato di Omar stesso e il perché della sua paura dei quadri dipinti.

Di Giulia Mastrocicco

 

 

 

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