La riforma tributaria in Colombia scatena una guerra civile

La situazione in Colombia è sfuggita di mano al presidente Duque: da settimane non si fermano le forti proteste

Il Covid-19 non ha risparmiato nessuno, ormai lo sappiamo e il Sud America non l’ha certo scampata. Fra i Paesi più colpiti troviamo proprio la Colombia.

Nonostante i dati dei contagi e morti siano paragonabili ai nostri, la situazione sanitaria ha avuto grandi ripercussioni: la pandemia ha dato il colpo di grazia a un’economia già a livelli di povertà significativi.

La situazione è però ulteriormente peggiorata, sotto la direzione del presidente colombiano: Iván Duque Márquez, che ha imposto uno dei lockdown più lunghi al mondo.

Iván Duque Márquez

Dopo il terzo lockdown generale, che ha fatto chiudere più di 500mila attività, portando la percentuale di povertà della popolazione oltre il 43%, lo scorso 15 aprile è stata annunciata da parte del governo una riforma fiscale che avrebbe dovuto – attenzione al condizionale – diminuire la povertà del 6%. In che modo? Aumentando le tasse e diminuendo le pensioni e i sussidi economici per le persone più povere. Quindi, impoverendo ulteriormente i più i poveri.

La riforma non poteva che smuovere grandi proteste: il 28 aprile sono iniziate le prime manifestazioni nelle capitale Bogotà e nelle città di Cali e Medellín. La reazione di Márquez è stata quella di richiedere l’intervento dell’esercito il 1° maggio, per poi ritirare la riforma fiscale il giorno dopo.

 

 

Ma ormai il danno era fatto. La riforma fiscale del 15 aprile è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso: nonostante la decisione del governo di ritirare la proposta di riforma, le manifestazioni non si sono arrestate. Anzi, si sono evolute in qualcosa di molto grande.

I cittadini colombiani, stremati dall’ultimo anno e sentendosi abbandonati da un governo non curante dei loro bisogni, manifestano contro le decisioni del governo sulla gestione dell’emergenza pandemica.

Si tratta di una vera e propria guerra civile. E lo dimostrano le azioni a dir poco violente della polizia, che  alimentano ulteriormente la reazione dei cittadini.  Sul web girano numerosi video che testimoniano quanto sta accadendo. Tra cui un video pubblicato da Amnesty International che mostra immagini di eccessiva violenza. Tra cui quella di un poliziotto che spara per strada ad un ragazzo di spalle, che stava semplicemente camminando.

Sia le Nazioni Unite che l’Organizzazione dei Diritti Umani (HRW) hanno condannato l’aggressività usata da parte delle forze armate nella gestione delle proteste.  José Miguel Vivanco – direttore dell’HRW – ha commentato le vicende con un tweet: “Abbiamo ricevuto gravi denunce di abuso di potere da parte degli agenti della polizia colombiana contro i manifestanti a Cali. I cittadini hanno tutto il diritto di manifestare e di farlo in maniera pacifica. La polizia deve garantire il rispetto dei diritti umani”.

 

In merito sono intervenuti  anche gli Anonymous, scagliandosi contro il governo colombiano: “Più di 20 uccisioni in meno di 48 ore organizzate dal narco-governo di Iván Duque e Álvaro Uribe”.

 

Purtroppo le proteste stanno continuando anche in questi giorni. Il  10 maggio 2021, l’Alto Commissario per la pace del governo colombiano Miguel Ceballos ha confermato una riunione fra il governo Duque e il Comité del paro – il comitato dello sciopero, a cui aderiscono le maggiori organizzazioni popolari- alla quale saranno presenti anche rappresentanti delle Nazioni Unite e della Conferenza Episcopale.

Durante la riunione si tratterà di vaccinazioni di massa per una ripartenza sicura e di sviluppo sociale (occupazione, imprenditorialità, piccole e medie imprese, comunità etniche e contadine), ma anche di altre tematiche come lo stop alle azioni di violenza, la protezione delle fasce più vulnerabili,  la stabilizzazione delle finanze pubbliche e la tassazione zero.

Intanto, le organizzazioni sociali hanno già pianificato per mercoledì 12 maggio una nuova giornata di mobilitazione.  

 

di Susanna Coppola 

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