Nomadland: un viaggio on the road

Recensione del film vincitore di 3 premi Oscar

foto dal profilo Facebook ufficiale del film

Presentato in anteprima mondiale alla scorsa edizione della Mostra di Venezia, Nomadland si è aggiudicato il prestigioso Leone d’Oro al miglior film, ma questo è stato solo il primo passo di un lungo viaggio costellato da numerosi riconoscimenti. 

Il film diretto da Chloé Zhao è approdato alla notte degli Oscar come favorito e ha ottenuto tre premi: Miglior film, Miglior regia e Miglior attrice protagonista a Frances McDormand. La regista cinese è entrata nella storia come la seconda donna (e la prima asiatica) a vincere la statuetta nella sua categoria.

Nomadland si basa sul libro-inchiesta omonimo della giornalista Jessica Bruder, inerente le storie degli americani (di solito anziani) cacciati dal mercato del lavoro dalla Grande Recessione del 2007-09, e di conseguenza rimasti anche senza un tetto. Bruder ha passato mesi vivendo come loro, su un camper, seguendo le loro rotte da un lavoro occasionale all’altro. La vita sulla strada, nella terra dei nomadi, per quella gente non è stata una scelta, ma un obbligo.

Il film racconta la storia di Fern, una donna di mezza età, non amante di una quotidianità sedentaria e stabile, che preferisce vivere lungo la strada, spostandosi col suo camper di città in città. Gli incontri, i tramonti, i luoghi e i lavori nei quali, di volta in volta, la donna si imbatterà, costituiranno il bagaglio della sua esperienza, della sua esistenza.

Uno sguardo sulla protagonista

foto dal profilo Facebook ufficiale del film

In uno dei momenti centrali della pellicola, che scava nell’animo della protagonista, Fern non si definisce homeless (senzatetto), ma houseless (senza casa, intendendo l’edificio). La differenza è sottile, ma fondamentale. In effetti, la donna una casa la ha eccome: il suo camper. Si tratta, però, di un’abitazione poco convenzionale, limitata e che viaggia su quattro ruote. La personalità di Fern è complessa e al di fuori di ogni preconcetto. Insomma, essa non trova dimora negli attuali Stati Uniti.

Fern è un’icona nell’America odierna di un nuovo finto New Deal. La protagonista è un po’ come i vecchi pionieri (lo si dice in una battuta di un dialogo). Una donna in continua ricerca di qualcosa di nuovo: non insegue il futuro, non cerca sedentarietà, piuttosto è in costante indugio. Nomadland è come Fern: non è mai “chiusa” a priori al prossimo, ma disponibile all’ascolto e alla comprensione. D’altronde , seguendo l’esempio di Fern, forse è anche inutile guardare al domani cercando di tracciare la strada: è più corretto percorrerla senza troppe aspettative e vedere dove sarà lei a condurci.

Nomadland descrive, in modo perfetto, l’anima di una donna e, soprattutto, di una nazione ormai sempre più smarrita. Un paese che ha perso le sue radici, che dovrebbe guardare al passato, tornando alle origini per riscoprirsi. Il film vuole dare importanza alle minoranze, agli emarginati e al senso di accoglienza, che un tempo era il punto di forza degli Stati Uniti, ma che oggi essi faticano a ricordare. Nomadland è, quindi, la rappresentazione di uno stato consapevole del tetto sotto il quale ripararsi, ma che non sa più a quale casa appartiene.

Alcune curiosità prima di guardare Nomadland

foto dal profilo Facebook ufficiale del film

Il film è stato girato in 6 mesi, a partire da settembre 2018. I membri della troupe hanno vissuto in alcuni furgoni per assaporare da vicino la vita da nomade. La produzione è nata in seguito all’incontro tra la regista Chloé Zhao e l’attrice Frances McDormand, durante gli Independent Spirit Awards di quell’anno. Il film è stato realizzato con un budget tra i quattro e i sei milioni di dollari.

All’interno di Nomadland, oltre alla già citata protagonista, spiccano attori non professionisti: nomadi nella vita reale, qui nei panni di loro stessi, come Linda May, Charlene Swankie e Bob Wells, che donano ulteriore intensità e realismo alla pellicola.

Un’altra curiosità è che l’idea iniziale di McDormand era interpretare Linda May, la donna protagonista del libro. Tuttavia, Zhao le propose di interpretare un personaggio diverso, ma soprattutto nuovo, che sarebbe poi diventato Fern e, a quanto pare, la protagonista del film è in parte una sorta di alter ego della stessa McDormand.

Frances McDormand, Linda May, Charlene Swankie e Chloé Zhao durante le riprese. (Searchlight Pictures)

Un ulteriore aspetto interessante riguarda sempre la regista. Le riprese per Nomadland iniziarono in un modo molto particolare. Zhao e il suo compagno (James Richards, tra l’altro direttore della fotografia del film) allestirono un van, chiamandolo Akira, e vissero a loro volta per le strade degli USA, andando a cercare i protagonisti del libro e incontrando, di conseguenza, altre persone che stavano facendo quel tipo di vita.

Allo stesso modo fece la troupe, composta da 36 persone. Si girò per decine di giorni, tra Arizona, Nebraska, Nevada, California e South Dakota, praticamente senza sceneggiatura, ispirandosi a quello che, di volta in volta, si presentava davanti e facendo interagire la protagonista Fern con le persone con cui entrava in contatto.

Tutto questo ha contribuito a dare vita a un film ricco di improvvisazione, ma attento a non far diventare gli attori meno spontanei, come ha scritto la CNN: “Fern è finzione, ma il mondo in cui vive, quello dello stile di vita itinerante, non lo è”.

Di Simone Puccio

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