Fedez, Pio e Amedeo e la televisione italiana: va tutto bene?

Da una parte il palco del 1 maggio e la (non) censura della Rai, dall'altra il duo comico e la leggerezza di Mediaset

Dal profilo di Laura Boldrini

Il famoso concerto del 1 maggio quest’anno è stato particolarmente acceso, come non succedeva da anni: a metà serata Fedez ha deciso di interrompere la sua esibizione per leggere un lungo monologo, sottoposto fin dallo scorso sabato ad una valanga di critiche e a un tentativo di censura da parte della Rai. Si è parlato dell’urgenza dell’approvazione del ddl Zan di cui tanto si discute in queste settimane e si è accusata la Lega che non vuole autorizzarla. Ma allora è giusto tentare di censurare un discorso dal peso politico così rilevante?

Ed è così che il miglior luogo in cui celebrare la ‘festa dei lavoratori’, o meglio, per citare le parole di Fedez “la festa dei non lavoratori” è proprio il palco del 1 maggio. Luogo in cui il repper milanese quest’anno ha espresso la sua forte rabbia nei confronti del governo e di alcuni esponenti politici che sottovalutano le priorità da lui ben crudamente descritte su quel palco: sostenere i lavoratori dello spettacolo e i diritti civili, approvando una legge come il ddl Zan, che aspetta ancora di essere considerata per quello che è: una priorità.

Che poi, questa riforma che senso avrebbe dal momento che “nel 2021 a che serve più il gay pride?” come hanno riportato Pio e Amedeo nella loro acutissima e raffinatissima satira da 4 soldi trasmessa su canale 5. Eppure, il loro monologo incentrato sull’importanza dell’ironizzare sui luoghi comuni (perfettamente in linea con i pensieri già ben fondati dell’italiano medio e retrogrado) non è stato sottoposto a nessun controllo o commento da parte della Mediaset. 

Invece, il fervente e duro monologo di Fedez – da cui sono emersi una carrellata di nomi di consiglieri leghisti che hanno da sempre discriminato la comunità LGBTQ+ con frasi come “se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno” – viene considerato un contenuto inopportuno. Un contenuto che andrebbe modificato, se non addirittura censurato. Pio e Amedeo invece sono stati opportuni? Tutto questo ci mostra l’evidente e maggiore libertà di una tv privata come la Mediaset. Ma allora fin dove la verità è ben accetta nel sistema televisivo italiano? Pare che spesso la politica si immischi nello show.

Dal profilo di Pio e Amedeo

Il discorso di Fedez è stato senza dubbio una dimostrazione di grande coraggio: finalmente si è alzata la voce su tematiche che son restate nell’ombra per più di un anno. Finalmente qualcuno dal potere mediatico (ma anche economico) così forte, si è espresso senza inibizioni davanti a tutto il Paese evidenziando le problematiche e le contraddizioni del nostro sistema politico. Tutto questo però non ha avuto conseguenze positive per il rapper, perché esprimersi liberamente in Italia non sempre ripaga, se non quando conviene. La Rai, come dimostrato dalla telefonata pubblicata sui social da Fedez, fin da subito ha tentato di ‘limare’ le sue parole, considerando il contesto inopportuno e doveroso quindi adeguarsi evitando di fare nomi e cognomi.

D’altra parte Lucia Annunziata, ex presidente Rai e attuale direttrice del tg3, nel suo programma Mezz’ora in più ammette di essere “d’accordo con le parole di Fedez, ha il diritto di dire quello che vuole. In Rai non può esistere sistema a cui adeguarsi”, rendendosi conto dell’evidente errore da parte di tutto il sistema Rai. Ma ancora, interviene anche l’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini dichiarando che “di certo in Rai non esiste e non deve esistere nessun ‘sistema’ e se qualcuno, parlando in modo inappropriato per conto e a nome della Rai, ha usato questa parola mi scuso”, promettendo di analizzare meglio la questione. Si è parlato molto di ‘contesto’ a cui adeguarsi. Ma allora il luogo era davvero adatto per affrontare queste tematiche?

Il palco del 1 maggio è sempre stato un luogo di protesta, un mezzo utile per molti artisti: Silvestri nel 2003, ad esempio, attaccò il governo Berlusconi in merito alle sue posizioni nei confronti della magistratura. Perchè? Per battersi a nome delle minoranze che non possono permettersi di salire su quel palco ed essere ascoltati, o non potrebbero comunque difendersi con la facilità con cui Fedez – dall’alto del suo patrimonio economico – può fare. Non si dovrebbe infatti arrivare ad una condizione in cui bisogna temere di esprimersi liberamente perché si è inevitabilmente poi sottoposti a scontri e denunce – non solo politiche.

 

 

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Ed è proprio quello che è successo al giovane rapper, dopo che il leader della Lega Matteo Salvini l’ha invitato a confrontarsi, o meglio a scontrarsi, pubblicamente riguardo la questione (invito poi prontamente declinato da Fedez). In fondo a cosa sarebbe servito? Sicuramente a inasprire maggiormente una questione che di per sé è già molto contorta.

Da una parte abbiamo Fedez, che sostiene i lavoratori dello spettacolo e i diritti civili sottolineando l’importanza di una legge come il ddl Zan, dall’altra abbiamo Salvini che la disapprova totalmente e allo stesso tempo elogia il monologo di Pio e Amedeo nella trasmissione Felicissima Sera su Canale 5. Il duo comico ha affrontato tematiche delicate banalizzandole e soffermandosi su tutti gli stereotipi del politically correct: passando dagli ebrei, ai neri (utilizzando parole come negro) fino ad arrivare agli omosessuali, sdoganando il dispregiativo ‘ricchione’. Insomma, ci siamo fatti un bel giro nella fiera della banalità, in cui tutto è concesso se viene sottoposto ai termini dell’ironia, facendoci credere che “la civiltà non sta nelle parole, ma semmai nell’intenzione”, o dandoci degli arguti consigli secondo cui, se qualcuno ci insulta con parole del genere, basta ridergli in faccia.

Una serie di discorsi da bar, affrontati però in prima serata su Canale 5 davanti a un pubblico di 4.331.000 milioni di persone. Discorsi fatti di parole discriminatorie e violente che non hanno proprio il sapore di buone intenzioni. Ma chi lo spiega a Pio e Amedeo che la violenza non è solo fisica ma anche verbale e che le due, il più delle volte, sono strettamente collegate? Che dalla violenza verbale le vittime si trovano costrette a nascondersi, ad avere paura – se non nel peggiore dei casi a suicidarsi? Che il Gay Pride serve e servirà ancora per molto tempo a causa delle continue discriminazioni e violenze verbali/fisiche che ci sono purtroppo ancora oggi?

Probabilmente nessuno, perché tanto questa non è una questione che li riguarda in prima persona, in quanto uomini eterosessuali cisgender. Eppure, considerazioni ignoranti e superficiali su temi così complessi vengono tranquillamente esposte su un canale di punta senza alcuna revisione. Invece paradossalmente il discorso di Fedez ha addirittura rischiato la censura, per avere evidenziato quanto sia prioritario considerare un tema di tale portata. Ci ha dimostrato esattamente il contrario di quanto affermato dal duo comico, cioè quanto in realtà le parole abbiano un forte peso, specialmente se pronunciate da personaggi politici che dovrebbero rappresentare il nostro Paese.
C’è allora da chiedersi: ma l’Italia vuole davvero fare un passo avanti verso il progresso o vuole continuare a retrocedere? 

di Deborah Nisi

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