Unipr On Air – Mauro Magatti: “Non c’è prosperità economica senza inclusione sociale”

I professori Laura Gherardi e Franco Moscone discutono con il sociologo ed economista Mauro Magatti sul Goal 8 dell'Agenda 2030 sull'incentivazione di una crescita economica duratura

Sociologo ed economista Mauro Magatti

Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti secondo l’ONU è uno degli aspetti più importanti. Per questo motivo, questo è il goal numero 8 indicato dall’Agenda 2030.

A parlare di questo obiettivo, nella undicesima puntata di UniPr On Air, è stato Mauro Magatti, sociologo ed economista. A gestire l’interlocuzione sono stati la professoressa Laura Gherardi ed il professor Franco Moscone dell’Università di Parma.

La stagione del neoliberismo e la teoria del Trickle down effect

Il professor Magatti, in uno dei suoi editoriali sul Corriere della Sera ha scritto che “sostenibilità implica riconoscere che tutto è in relazione con tutto, che non c’è prosperità economica senza inclusione sociale”. Cosa vuol dire?

La grande stagione del neoliberismo, che ha ottenuto grandi risultati, ha tuttavia anche prodotto una fortissima entropia ambientale. Questo modello si è fondato sull’idea di “sganciare l’economia dalla società”, dice Magatti. Negli anni ’80 si è cominciato a pensare che seguendo la teoria del Trickle down effect si potessero avere benefici sulla società. Il problema sorse dopo la crisi degli anni ’70, con l’andare degli anni ci si è resi conto che oggi si deve fare un’operazione inversa da un duplice punto di vista. Prima di tutto, non può esistere un’economia globale non legata alla questione della sostenibilità ambientale. D’altra parte, si ha sempre di più la convinzione che una crescita economica esponenziale che produce effetti benefici sulla società è una teoria che non si regge più.

Con la pandemia da Covid-19, si è entrati ancora di più in una stagione in cui ci si deve rilegare ancora di più alla società e l’idea di sostenibilità sta diventando un’idea di relazionalità: può esistere un’economia solo nella misura in cui fa i conti con il rapporto con la società e con l’ambiente. 

Generatività e la sua relazione al lavoro dignitoso

La generatività sostiene che l’essere umano ha una forte propensione ad ingaggiarsi nel fare cose utili, che gli permettano di esprimere le proprie capacità. La società capitalistica tuttavia ha avuto dei forti elementi di alienazione del lavoro. Secondo la corrente generativa invece, una società avanzata nella competizione globale non può che scommettere sull’intelligenza diffusa e la valorizzazione delle proprie capacità umane. Questo puòconservare il legame tra democrazia e mercato. D’altra parte, invece, una società sempre più complessa ha necessità di intelligenza diffusa, che si costruisce attraverso investimento sull’educazione ma anche creando luoghi e contesti lavorativi dove le persone hanno la possibilità di potersi ingaggiare esprimendo le loro capacità dentro progetti ed obiettivi comuni.

Negli ultimi anni, inoltre, c’è stato un forte dibattito tra profitto e scopo: lo scopo è il senso di ciò che noi facciamo quando lavoriamo. In un lavoro, si dovrebbe avere la sensazione di essere dentro a un’istituzione dotata di senso, che è un elemento che può aiutare molto l’espressione di sé ma anche il benessere individuale e collettivo.

Dibattito sulle crescenti disuguaglianze durante la pandemia

Oggi ci si trova davanti ad un bivio. Nel recovery plan sono indicate le due grandi driver del futuro che saranno sostenibilità e digitalizzazione, a cui si aggiunge l’inclusione sociale. Il tema vero, secondo Magatti, è invece smascherare l’ambivalenza che sta nell’accoppiata “sostenibilità e digitalizzazione”.

Queste, infatti, possono portarci in un modo distopico e molto concentrato nel mondo della “stupidità diffusa”, in cui l’unica cosa da fare è eseguire la procedura. Esse potrebbero portarci anche in un mondo dell’intelligenza diffusa, ma questo ha bisogno di un investimento consapevole nella qualità delle persone e delle relazioni.

Questo bivio ha bisogno di un pensiero che guarid a più produttività ed occupazione di qualità per tenere insieme mercato e democrazia.

Cambio di paradigma per raggiungere il Goal n° 8

Negli ultimi 20 anni, in seguito a tre shock globali (11 settembre, crisi del 2008 e pandemia Covid-19 del 2020), il modello di globalizzazione che si è creato intorno agli anni ’80 non riesce più a stare in piedi. Si sta andando verso una direzione in cui si devono ricostruire le aree politiche, che si prenderanno cura di uno sviluppo economico-sociale interno per stare dentro alla globalizzazione.

L’opzione è accettare di gestire società spaccate economicamente o difendere i fragili separandoli dal mondo. Se non si vuole questo, si dovrebbe fare un grande investimento dal lato della formazione permanente e questo cambio di paradigma ha a che fare con la capacità di vedere che lo stesso valore economico passa sempre di più da un valore culturale, sociale, educativo ed ambientale.

Papa Francesco e la sua condanna all’economia dello scarto

Quella di Papa Francesco, secondo Mauro Magatti, è una delle poche voci in Occidente che spinge per mettere l’intelligenza alla ricerca di soluzioni adeguate al tempo.

Il termine usato da Papa Francesco, “economia dello scarto”, preso da Bauman, esplica come in un sistema tecno-economico che punta all’innovazione e all’efficienza è comprensibile la produzione di scarti. Infatti, come per gli oggetti, quando una persona non “funziona più”, tende a diventare uno scarto del sistema. Non c’è niente di male nell’innovazione, ma bisogna ricordare che questa spinta, se non riconosce la fragilità, rischia di produrre effetti perversi, ed in questo senso il discorso del Papa arricchisce il dibattito pubblico.

di Xhesara Hasrami

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