Unipr On Air – Edoardo Borgomeo: “L’acqua non è solo un valore economico, è un diritto”

In questa puntata Antonio Bodini, docente dell’Università di Parma, dialoga con l’idrologo Borgomeo di un tema universale: il diritto ad accedere all'acqua

In tutto il mondo si combatte ancora oggi per un accesso equo ed universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. L’agenda 2030 dell’ONU indica le linee per garantire questi diritti a tutti, evidenziando quello che è davvero un problema urgente – entro il 2030 potrebbero essere ben 700 milioni le persone sfollate a causa di grave scarsità d’acqua. 

Il goal 6 serve proprio a rendere una priorità l’aumento dell’efficienza idrica in tutti i settori, la disponibilità di acqua potabile, l’accesso ai servizi igienico sanitari, ed il miglioramento dei sistemi di gestione idrica e fognaria. Inoltre, bisogna proteggere e ripristinare gli ecosistemi come i fiumi, le falde acquifere, i laghi, cercando di cooperare tra paesi, soprattutto tra quelli in via di sviluppo e quelli più industrializzati, condividendosi tecniche e tecnologie per farlo.

In questa puntata di Unipr On Air, Antonio Bodini, docente di Analisi dei dati naturalistici e ambientali dell’Università di Parma, dialoga con l’idrologo e autore del libro Oro blu. Storie di acqua e cambiamento climatico Edoardo Borgomeo propio di questo tema universale: l’acqua. 

Nello specifico, Edoardo Borgomeo è Honorary Research Associate all’Università di Oxford dal 2016, e per la Banca Mondiale si occupa di progetti di gestione delle risorse idriche e adattamento al cambiamento climatico. Alla sua produzione scientifica in materia di acqua e cambiamento climatico è andato un premio internazionale consegnato dall’ONU nel 2018 (Prince Sultan Bin Abdulaziz International Prize for Water). Nonostante i suoi studi molto tecnici, ci tiene a sottolineare come il settore dell’acqua vada ben oltre questo: “E’ un ambito molto interessante perché interdisciplinario, spazia dalle discipline molto tecniche come l’idrologia ma bisogna anche saper parlare con economisti, politici, esperti di corruzione…”

Realizzare il goal 6: è fattibile?

Borgomeo ci tiene a sottolineare che questo obiettivo si occupa sì dell’acqua, volendo garantire acqua pulita e accesso ai servizi igienico-sanitari, ma anche delle questioni ecosistemiche legate alla gestione dell’acqua di fogna e all’efficienza dei sistemi idrici, una questione altrettanto importante ma dai più trascurata. “Non si pensa solo ai problemi legati all’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico sanitari, ma anche ai problemi di accesso alla risorsa. L’acqua sta diventando sempre più scarsa, più inquinata, con problemi di ecosistemi”, afferma, ammettendo che la portata di questo punto è davvero enorme, e che raggiungerlo non sarà affatto facile.

Infatti, anche il professore vuole ricordare come siano decenni che si parla di riequilibrio tra i vari paesi, soprattutto nell’ambito della risoluzione della fame nel mondo e dell’accesso di acqua potabile, per questo è quasi inevitabile un po’ di scetticismo di fronte all’ambizione dell’ONU, che con questa Agenda vorrebbe risolvere in un arco di tempo di soli dieci anni problemi che affliggono il nostro mondo da molto di più. Anche il dottor Borgomeo non ritiene sia un’obiettivo facile da raggiungere, anzi, ma è convinto della loro importanza ed utilità. Dichiarare che questi problemi siano una priorità, prendersi un tale impegno a livello globale, vuol dire cercare di cambiare il paradigma che sussiste oggi e avere una visione interessante, forse anche utopica, ma che permette al pubblico e al privato di avere una direzione d’azione. I limiti ci sono, e la tempistica ristretta è solo uno di questi.

L’esperto fa presente due problemi importanti: il primo è che si rischia di spostare l’attenzione dalla risoluzione dei problemi risolvi mento di un obiettivo, e di lavorare non tanto per migliorare una realtà locale ma per raggiungere un obiettivo, rendendo il processo non sempre trasparente e portando in secondo piano l’accordandosi al territorio e alla cultura in cui si interviene. Inoltre, l’obiettivo 6 riguarda la sostenibilità, così come molti altri punti dell’agenda 2030. Purtroppo, però, alcuni di questi punti creano dei conflitti di interesse: ad esempio, si incoraggia la costruzione di dighe, che può da una parte aiutare ma dall’altra parte danneggiare, a seconda dell’obiettivo a cui si fa riferimento. 

La sostenibilità e i conflitti in ambito idrico

Il professor Bodini ricorda proprio come la sostenibilità non sia da intendersi come un beneficio generalizzato, ma come l’arrivare un compromesso tra obiettivi diversi. Infatti quando si parla di sostenibilità economica, sociale e ambientale nell’acqua, bisogna tenere a mente che ci sono dei compromessi da raggiungere, e che non consistono nell’avere la situazione ideale per tutti.

Nell’acqua, concorda Borgomeo, “c’è una gestione di conflitti, non armati e violenti ma d’interesse, perché diversi settori della nostra economia utilizzano l’acqua in maniera diversa ed in diverse modalità. E’ fonte di rivalità: non vuol dire che non possiamo gestire queste rivalità, ma che richiede soluzioni politiche e non solo tecniche.” Tale rivalità deriva proprio dal termine latino, rivalis, che indicava due vicini che condividono una fonte d’acqua. Il dottore vuole sottolineare poi come la gestione sostenibile delle risorse idriche non riguardi il volume dell’acqua, ma la gestione dei servizi che l’acqua ci dà, che è esattamente ciò che condividiamo con i nostri vicini, come nel senso latino della parola. “Quando si parla di sostenibilità delle risorse idriche non si può pensare che tutti saranno soddisfatti, ma a livello politico e con strumenti giuridici bisogna stabilire delle priorità e poi gestire l’acqua,” afferma con sicurezza Borgomeo. Infatti, bisogna stabilire delle restrizioni: prima con un processo scientifico, che permette di stabilire il limite che serve per salvaguardare gli ecosistemi, poi bisogna tenere considerazione il diritto all’acqua, e poi si può procedere per processi economici e politici. Quest’operazione non è impossibile, anzi c’è chi già la mette in pratica, come il fiume Senegal che percorre più paesi, i quali si sono accordati per la gestione e condivisione dei suoi servizi.

Sebbene questo sia un esempio positivo, bisogna anche fare i conti con quella tendenza che vede l’acqua come un bene da privatizzare, addirittura da quotare in borsa, come successo nel 2020 con i water futures. Infatti, in California gli agricoltori hanno potuto scommettere sul valore futuro dell’acqua, fissando il prezzo e non certo senso proteggendosi dalle fluttuazioni del mercato, visto che in quello Stato ogni agricoltore ha diritto ad una certa quantità di acqua, che può usare o vendere. Questo tipo di azioni porta una serie di problemi, in primis il fatto che il prezzo dell’acqua non è mai stabilito solamente dalla legge di offerta e di domanda ma anche dall’influenze politiche, e anche che l’acqua è variabile nel tempo e nello spazio, e ha bisogno di conti precisi sulla quantità disponibile, rendendolo un mercato davvero troppo difficile da gestire – anche se, fa presente Borgomeo, è una situazione interessante per muovere l’acqua verso un utilizzo che ci dà più ricchezza. Però, sottolinea con forza, “l’acqua non è solo un valore economico, è un diritto, e anche ha un valore spirituale, culturale ed immateriale”, e ricorda come lo stesso San Francesco d’Assisi, nel suo cantico dei cantici, si riferiva all’acqua come una sorella, approccio condiviso dalla Nuova Zelanda, che oggi dà ad un suo fiume un valore identitario e anche giuridico. Ci sono delle sfumature che il mercato semplicemente non può mettere in vendita. “Dar valore all’acqua vuol dire anche riconoscerne il valore immateriale, e si può fare, ci sono quelli che si chiamano servizi ecosistemici culturali ambientali, anche se è una strada lunga”, fa sperare il dottore. 

La quotazione sul mercato, ricorda infatti Bodini, porta anche a preoccuparsi di chi sull’acqua ci vorrà guadagnare, specularci, e che avrà quindi ogni interesse affinché questa risorsa sia sempre più scarsa. “E’ un diritto umano con connotazioni culturali, ambientali e storiche rende la soluzione finanziaria molto parziale e una delle ultime a cui dobbiamo ricorrere per salvare le nostre risorse ambientali, “dice il dottor Borgomeo, ribadendo la necessità di misure che rispettino anche le necessità ambientali. 

Gli interventi artificiali e il loro impatto sul territorio

Un’altra problematica importante è costituita infatti dalla creazione di realtà artificiali, come i bacini. In Emilia-Romagna, nello specifico, si discute della possibilità di accumulare la risorsa idrica creando dei bacini artificiali, e che attirato molte critiche sia per via della situazione geologica sia per una riflessione su un’agricoltura che oggi forse consuma davvero troppa acqua, fa presente il professore. Nonostante questa sia una questione molto dibattuta, il dottore vuole porre l’accento sul fatto che creazioni come i bacini non hanno un solo obiettivo, ma servono anche per ridurre il rischio di inondazioni e creare energia. Dall’altra parte, però, costituiscono un grande problema perché creando offerta d’acqua, ne creano anche la domanda: così facendo, per sopperire alla richiesta bisognerà costruire sempre più bacini. E allora perchè farlo? “La costruzione di un bacino artificiale è molto spesso politicamente più appetibile che certe misure di gestione della domanda e riduzione del consumo. Anche se sono molto spesso opere abbastanza dibattute ci aiutano ad evitare delle discussioni sociali molto più difficili sul tipo consumo di acqua che abbiamo e la priorità di certi utilizzi”, evidenzia Borgomeo. Il suo invito e di riflettere sull’uso di risorse idriche, ad esempio se esse vengono utilizzate per coltivazioni che non vanno d’accordo con il territorio e lo sfruttano, ed infine se ci sono opportunità per ridurlo.

di Teresa Tonini

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