UniPr On Air – Carlo Lucarelli: “La paura genera insicurezza, ma dovrebbe essere il contrario”

La professoressa Chiara Scivoletto intervista lo scrittore e Presidente della Fondazione emiliano-romagnola vittime dei reati sul goal 16 dell'Agenda 2030

 

Nel suo piano per un mondo migliore, l’agenda 2030 nell’ONU dalla priorità alla pace e la giustizia, in quello che è un obiettivo senz’altro ambizioso.

Il goal 16 vuole infatti promuovere società pacifiche e più inclusive, ridurre la violenza, garantire giustizia a tutti i cittadini, ridurre corruzione e abusi di potere, garantire libera informazione e accesso ai diritti internazionali, consolidare istituzioni e governance. Nonostante in Italia ci siano state misure significative come la creazione del “Codice Rosso” contro la violenza di genere e misure per il contrasto di reati contro la pubblica amministrazione, sono ancora tanti i passi da fare in Europa e nel nostro Paese.

In questa puntata di UniPr On Air, la professoressa di Criminologia e Sociologia della devianza Chiara Scivoletto intervisterà Carlo Lucarelli, noto scrittore oggi anche impegnato nella tutela dele vittime dei reati.

La situazione italiana

Carlo Lucarelli è uno scrittore, sceneggiatore, autore di programmi televisivi, un intellettuale che la cultura italiana è molto fiera di avere, sottolinea la professoressa Scivoletto. E’ Presidente della Fondazione emiliano-romagnola vittime dei reati, una realtà nata nel 2004 per poter intervenire rapidamente ed efficacemente sulle vittime di reati, senza dover affrontare i vincoli amministrativi della pubblica amministrazione. Questo suo impegno dice molto del suo ruolo come uomo e cittadino, soprattutto perché, unendo le sue abilità letterarie, Lucarelli si impegna anche a far conoscere il lavoro suo e della Fondazione raccontandolo. 

Ad UniPr On Air, lui e la professoressa Scvioletto tratteranno proprio il tema della sicurezza e della giustizia, con particolare attenzione all’applicazione del goal 16 sul territorio italiano ed emiliano-romagnolo.

La professoressa ricorda le tre situazioni che l’ISTAT ha evidenziato sul territorio nazionale: la diminuzione di vittime di omicidi volontari ma l’aumento del numero di femminicidio, il sovraffollamento delle carceri che va a peggiorare la situazione criminologa e di diritti umani dei prigionieri, le difficoltà di accesso di servizi pubblici, con un 7% che lamenta difficoltà di accesso ad almeno tre servizi pubblici di base. A questo proposito, Lucarelli evidenzia come siano date che esprimono uno scenario dove c’è molto ancora da lavorare. “Facciamo l’errore di vedere una questione alla volta, ma ci sono dei problemi dopo che continuano” afferma, spiegando come ci sia bisogno di vedere aldilà della cronaca o del romanzo giallo, oltre la risoluzione del caso, e di iniziare a mettere in sicurezza e a tenere conto anche tutte quelle piccole problematiche che poi causano danni molto più importanti, e che si sarebbero potute risolvere prima evitando certe situazioni violente o criminali.

Da scrittore, può permettersi di entrare nella mente di serial killer, rapitori e violentatori, può mettere in scena dei meccanismi che alla fine verranno risolti – ha una libertà e responsabilità diversa nei confronti della verità. Ma se questo male lo affascina in quanto scrittore, da cittadino no: “Quando vedi quello che fa il male, le cose cambiano completamente, ed è da lì che deve partire l’indignazione e il cambiamento”. Il suo obiettivo è infatti quello di far nascere così tanta urgenza nel cambiare la realtà che chi prenda in mano un libro giallo o noir senta l’esigenza di rendere quelle situazioni fantascienza e non più vita vera.

Il ruolo della paura

La professoressa chiede poi di indagare il rapporto tra paura e sicurezza, una questione oggi molto complessa. “Nel mondo in cui viviamo ora la paura genera insicurezza quando dovrebbe essere il contrario,” afferma Lucarelli, portando come esempio l’affrontare i timori da bambini. Se si crede a chi dice che dietro una porta socchiusa c’è un mostro o qualcosa di estremamente spaventoso e si scappa, non si affronterà mai la paura e anzi si creerà insicurezza. Invece, se si indaga, si cerca di capire cos’è che spaventa davvero, allora la paura diventa fonte di conoscenza, permette di provare a capire la sua origine, quali sono i problemi che l’hanno generata. L’invito del Presidente è quindi di avere paura nel modo giusto, così da non poter vivere nell’insicurezza.

Proprio questo concetto di sicurezza sta alla base della Fondazione, e le storie di chi l’ha frequentata ne evidenziano lo stretto legame con altri temi, come quello della solidarietà. Ad esempio, Lucarelli cita la situazione di una signora straniera che lottato con grande forza per riprendere i figli portati via dal marito violento, e che nel frattempo si è impegnata per insegnare l’italiano ad altre donne nella sua stessa situazione. Oppure, ci sono vicende che evidenziano la criticità di un intervento a tutto tondo, che arrivi fino in fondo alla persona. Si racconta la vicenda apparentemente normalissima di un bambino che andava male a scuola e picchiava i compagni, dedicandosi poi ad una forma di disegno particolare, dove c’era sempre una qualche situazione violenta, soprattutto in pignoramento. La situazione non sembrava richiedere chissà quale intervento, infatti non è strano che un bambino abbia problemi a scuola, eppure si è capito come questo suo problema fosse solo l’ultimo pezzo di un puzzle altamente complesso. Il bambino e sua sorella erano stati adottati dalla zia dopo che il padre aveva ucciso la moglie per poi suicidarsi, e questo crimine aveva naturalmente avuto un effetto tremendo sul figlio, che si era esplicitato in un problema scolastico. 

Cambiare la giustizia uniti

L’Università di Parma è l’unico socio sostenitore è l’unico università socio della fondazione, un primato di cui l’università è lieta ma che spera di perdere, ammette la professoressa Scivoletto. A motivarli a far parte della fondazione è stata l’idea del fare, del prendere parte a una fondazione che si proponesse come un organismo leggero e agile che interviene subito. Questa unione, sostiene Lucarelli, va proprio nella direzione augurata dal goal 16. Ciò che fa sperare è che si sta lavorando assieme, che si è uniti, e che avendo creato questa rete si possono risolvere dei problemi alla base della nostra quotidianità tutti insieme. “Se non facciamo insieme le cose, non riusciamo a farle, “ ripete lo scrittore, ponendo l’accento sulla questione dell’unità di realtà importanti per aiutare a risolvere anche proprio quei tre problemi evidenziati dall’ISTAT, della creazione di una rete di risoluzione delle difficoltà.

Questo è fondamentale per migliorare la situazione delle vittime, che non sono vittime solo del nucleo familiare che ha perso qualcuno, ma di tutti. E’ importante dare un nome e un’identità alle vittime, e questo lo scrittore l’ha imparato nella sua esperienza televisiva. Invece di chiamare il corpo cadavere, gli autori decisero di chiamarlo per nome: così facendo, con la persona diventava una nonna, un figlio, un padre, e le vittime diventavano di tutti.

E’ una questione particolarmente di rilievo nel caso del femminicidio: è un termine coniato di recente, non da tutti apprezzato, ma c’è, esiste, e dandogli un nome o criticandolo si pone in  esistenza un fenomeno che esiste ma che era trascurato. Ad esempio, una volta non c’era il reato di stalking, e tutto si confondeva in una nebulosa di chiamate, pedinamenti e alla fine omicidi. Sono fenomeni che esistono, paure vere e concrete che bisogna guardare affrontare come parte non di qualcosa di esterno, ma di facente parte del sistema di ognuno. Queste vittime fanno parte del sistema di tutti, insiste Lucarelli, e i crimini accadono non solo perché il criminale non ha avuto abbastanza cura e rispetto per la vittima, ma anche perché tutti noi del sistema non l’abbiamo avuta. 

Un concetto come questo si lega a quello della giustizia riparativa. La professoressa Scivoletto ricorda come in Italia si possa andare fieri della giustizia minorile, che vede i ragazzi prima per come sono e poi come imputati, che nel punire protegge. Da qualche tempo si parla di giustizia riparativa anche per adulti, e qui il tema purtroppo si complica. Chi se ne occupa ha capito la potenzialità, e anche le istituzioni spesso indicano soluzioni che vanno verso quella direzione. Purtroppo, però, oggi troppo spesso viene da pensare che si parli solo di odio, di risentimento e che trasforma la giustizia in vendetta. “Siamo fin un periodo in cui sei portato ad odiare la persona che ha fatto quella cosa, la vorresti morta o vorresti gettarla in galera e buttare via la chiave,“ ragiona il Presidente, evidenziando come un discorso che riporti la giustizia in una dimensione lontana dal risentimento sia necessaria. Parlando della sua esperienza, propone come esempio positivo il laboratorio di scrittura tenuto in carcere. Da quest’esperienza, che l’aveva portato anche a vedere l’altra faccia dei protagonisti dei suoi romanzi, era nato un giornale. Una volta un signore a cui era stato rubato il portafoglio, non avendo nessuno con cui sfogarsi, indirizzò una lettera proprio a quel giornale, cominciandola con Caro Ladro. A questa, un detenuto accusato di furto rispose con Caro Derubato. Tra i due si è poi instaurato un dialogo, in cui entrambe le parti hanno conosciuto meglio la vita dell’altro e le ragioni del gesto. Per questo Lucarelli ritiene fondamentale che la giustizia crei occasioni per parlare, per capirsi e confrontarsi, perché solo così non sarà vendetta: “Non è un’utopia, ma una necessità.”

di Teresa Tonini

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