“Bezimena”: raccontare lo stupro in una graphic novel

Il riadattamento moderno di un mito greco si allontana dalla fantasia per rispecchiarsi amaramente nella realtà

«Questo libro è dedicato a tutte le persone, dimenticate e senza nome, che hanno subito una violenza sessuale.»

Bezimena, anatomia di uno stupro’ è un romanzo a fumetti di Nina Bunjevac, illustratrice canadese di origini jugoslave. Edito da Rizzoli Lizard nel 2018 e vincitore del premio Gran Guinigi come miglior graphic novel nel 2019.

Il riadattamento del mito di Artemide e Siprete

Bezimena, Nina Bunjevac, Rizzoli Lizard

Il racconto si apre con una sacerdotessa che piange perché dei malfattori stanno deturpando e incendiando i templi della città e corre disperata da un’anziana signora: Bezimena, ‘donna senza nome’.  

Bezimena le immerge la testa nell’acqua: inizia la storia di Benedict, un bambino che ha sempre una mano nei pantaloni, incapace di gestire i propri impulsi sessuali e ossessionato dalla compagna di classe ‘Becky la bianca’. 

Benedict diventa adulto e continua a portare con sé l’abitudine d’infanzia di masturbarsi ovunque sia possibile. Ma rimane in ombra, avendo paura di subire ancora delle punizioni, nascosto tra gli alberi dei parchi mentre osserva le ragazzine, ‘lasciando una scia di seme come un miserabile cane in calore’. 

Dopo tanti anni, rincontra ‘Becky la bianca’ e la vede dimenticarsi un taccuino sulla panchina. Benedict lo sfoglia e ci trova disegni erotici raffiguranti lui con Becky e altri atti sessuali con la sua cameriera e la sua amica. Così inizia a credere che non sia stato un incontro casuale e che quel taccuino fosse stato appositamente dimenticato, affinché lui lo leggesse e potesse concretizzare le sue fantasie erotiche. E così accade. 

Dopo qualche giorno, degli agenti di polizia lo interrogano e gli mostrano le foto di tre ragazzine di dodici anni nude e morte. Il quaderno ritenuto da Benedict, ‘erotico’, conteneva soltanto disegni stilizzati di animali. Condannato all’ergastolo, cerca di togliersi la vita perché è convinto di aver subito un’ingiustizia. Qualche istante prima di stringere il cappio intorno al collo, Bezimena toglie dall’acqua la testa della sacerdotessa e chiede: “Per chi stavi piangendo?”

Lo stile della graphic novel 

Bezimena, Nina Bunjevac, Rizzoli Lizard

L’opera è raccontata in modo inusuale, a partire dall’impaginazione. A sinistra troviamo i balloons (le “nuvolette” che nei fumetti racchiudono le parole dei personaggi) e a destra le splash pages, ovvero illustrazioni a tutto foglio. Senza mai dividere la pagina in più vignette, Nina Bunjevac riesce a dare l’idea di movimento e di contemporaneità degli avvenimenti che accadono, il tutto attraverso fitti reticolati realizzati in china in modo iperrealistico. Inoltre, la storia viene narrata dal punto di vista dello stupratore e il lettore scopre solo alla fine che ciò che viene descritto e visto è frutto della mente di un pedofiloIl tutto viene riferito senza far trasparire nessuna emozione, in modo stoico e freddo.   

Non mancano le tavole oniriche, in cui si può iniziare a comprendere che i meccanismi mentali di Benedict sono malati e perversi: una ragazza seminuda è circondata da pupazzi (chiaro riferimento al fatto che è ancora una bambina, mentre lui è un adulto), lui le stringe il seno e con violenza le toglie le mutande mentre le tiene bloccato un braccio. Benedict trova del tutto normale e ordinario rapportarsi sessualmente con una ragazzina/bambina. E soprattutto, mancando di empatia per i sentimenti e i bisogni degli altri, è del tutto convinto che anche la vittima desideri questi rapporti sessuali, fino a subire uno stupro. 

L’autobiografia dietro al mito 

Dalla pagina Facebook “Rizzoli Lizard”

In altre tavole oniriche, sagome nere guidano la scena: una donna porta una bambina a un uomo in cambio di soldi. Nelle pagine precedenti, in una double splash page, vengono raffigurate diverse ragazzine in un bosco e la stessa figura maschile che le osserva. Queste illustrazioni sono citazioni di un’esperienza traumatica vissuta dall’autrice. Infatti, è proprio dopo le pagine del fumetto, che Nina Bunjevac racconta le violenze subite da ragazzina. Snezana, una compagna di scuola, la conduce con l’inganno in una stanza dove c’è una videocamera accesa e Kristijan, un uomo di mezza età prova ad abusare di lei. Riesce a fuggire, ma dopo anni scopre che non è stata l’unica ragazza vittima di Kristijan. 

Questo è solo uno dei tre tentati stupri a cui Nina è riuscita a sottrarsi. L’ultimo, e il più segnante, è avvenuto nella sua città di residenza attuale, in Canada, da parte di una persona fidata e da lei ammirata, ovvero il suo tutore legale, un uomo che avrebbe dovuto proteggerla e sostenerla: “Alcuni sostengono che le lezioni che non impariamo sono destinate a ripresentarsi, e con maggiore intensità. Nel mio caso, la lezione riguardava la fiducia cieca e lo scarso acume” scrive Nina nelle ultime pagine. 

L’illustratrice serbo-canadese spiega che molte vittime di violenza sessuale decidono di rimanere in silenzio per paura di essere etichettate come ‘beni danneggiati’, irreparabili. E finché esisterà questo stigma, le vittime senza nome aumenteranno. 

“Con il senno di poi, trasferirmi in Canada è stata una via di fuga semplice. Se avessi parlato dell’incidente con le mie compagne di scuola, se non avessi rinunciato tanto facilmente a denunciare Kristijan e Snezana, il numero delle vittime non si sarebbe moltiplicato come invece è successo. Non mi perdonerò mai per questo, e dovrò conviverci per il resto dei miei giorni.” 

Bezimena è un’esortazione, rivolta a tutte le donne che hanno subito un abuso fisico e/o psicologico, a non lasciarsi sprofondare nell’esperienza traumatica subita e a non permettere che lo “stato” di vittima diventi un marchio definitivo che definisce come persona.

di Elisa Carlino 

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