Nature-based economies: rigenerazione, riuso e riciclo

Al Festival dello Sviluppo Sostenibile eccellenze locali dell'innovazione green per dimostrare che la transizione ecologica è possibile

alberi campi
Riuniti in una tavola rotonda imprenditori, responsabili di associazioni ed enti pubblici e l’assessore alle politiche per la sostenibilità ambientale del Comune di Parma Tiziana Benassi, insieme per discutere delle nature-based economies, di riutilizzo delle risorse e di antispreco per uno degli eventi del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2021 di Parma.

Tra gli ospiti, Fabio Baldazzi, direttore di Caviro Extra del Gruppo Caviro, Salvatore Giordano, specialista ambientale Nomisma, Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità distrettuale del fiume Po, Margherita Caggiano, responsabile alla comunicazione per Re Soil Foundation, Elisa Prosperi, responsabile alla qualità per Conapi, Gildo Tomassetti, segretario del Chapter Emilia-Romagna di Green Building Council Italia, Marina Kovari, ambasciatrice per il Patto sul clima Eu di Slow Food, Rossano Ercolini, presidente di Zero Waste Italy, e Claudio Tedeschi, presidente dell’azienda Dismeco.

Investire per evitare sprechi

Le nature-based economies sono misure capaci di integrare la natura negli ambienti antropizzati attraverso tecnologie, azioni di adattamento basate sugli ecosistemi e approcci di governance. “Per trattare dell’ambiente nel suo legame ormai imprescindibile con il tema economico – commenta Salvatore Giordano, specialista ambientale Nomisma –  la risorsa acqua è un’ottima metafora per delineare nuove prospettive di sviluppo, in quanto riguarda in maniera trasversale i settori civile, agricolo e industriale. Solo per quantificare l’importanza di tale risorsa, il PIL che genera è pari a 110.000 miliardi di euro, ovvero un quinto del PIL del Paese, tenendo conto delle filiere di produzione in cui viene utilizzata.”

L’ONU ha stimato un aumento del 30% nel 2030 del bisogno d’acqua, connesso ai cambiamenti climatici. “Oggi si parla di spreco d’acqua in agricoltura, si lavora a tecnologie avanzate per limitarne l’utilizzo all’essenziale, ma in realtà la spesa idrica – prosegue il relatore –  produce benefici quantificabili (+2,7 miliardi di euro ogni anno nell’area bolognese) divisi tra recupero delle falde, habitat naturali, fruibilità e paesaggio, valore immobiliare e prevenzione rispetto a fenomeni di subsidenza e cuneo salino. Nomisma ha stimato a 12 milioni i danni evitati con una manutenzione continuativa sul territorio bolognese, mentre i benefici apportati dai 67 km di canali cittadini ammontano a 21 milioni.

Nell’ambito del Progetto europeo Iris, l’azienda bolognese ha poi calcolato i benefici nelle aree produttive per danni evitati (+ 1,8 milioni) tenendo conto di valutazioni sui cambiamenti climatici e per proporre soluzioni per resilienza e nuove economie, mentre con il Progetto Derris Life sappiamo che il 90% delle PMI che subisce interruzioni di produzione superiori a una settimana per danni eccezionali fallisce in meno di un anno.

“Nomisma – continua Giordano – ha premuto per la creazione di una piattaforma comune di condivisione, insieme a players ed enti quali Hera e Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, per individuare azioni strategiche sul territorio bolognese, notoriamente povero d’acqua ma tradizionalmente virtuoso. L’impegno è quello di perseguire in sinergia obiettivi comuni più performativi e trasversali, attivare una comunicazione capillare delle comunità e quantificare per realizzare le sfide progettuali necessarie”.

Possiamo a ragione dire che un adeguato piano di resilienza rispetto al cambiamento climatico non può prescindere da investimenti e manovre di manutenzione delle reti idriche. È un allarme tanto più sentito quanto più ci troviamo a fare i conti con lunghi periodi di siccità e fenomeni estremi come alluvioni. L’acqua è del resto una risorsa fondamentale per il bacino del Po, provvedendo al 40% del PIL e al 55% della produzione idroelettrica nazionali. Questi dati dovrebbero bastare a farci capire che la sfida dell’acqua è tra le priorità locali. “Il fatto che a valle ci siano territori con sempre più frequenti periodi di siccità dovrebbe spingerci a trattenerla quando è disponibile. Ad oggi riusciamo a recuperare solo il 10%, che è un dato irrisorio” – sottolinea  Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità distrettuale del fiume Po.

Siamo del resto il primo paese in Europa, seconda solo alla Grecia, per consumo pro capite, mentre vinciamo il podio per quello di acqua in bottiglia. Ed è qui che scelte collettive e individuali si intrecciano con la salute e la sicurezza. “Noi abbiamo sempre investito molto sul trasporto su gomma, mentre per nulla su quello via fiume: quando una barca trasporta l’equivalente di 80 container capiamo che differenza può fare per noi e l’ambiente l’adozione di soluzioni alternative. Si stimano 35.000 vittime all’anno nel bacino padano per malattie cardiovascolari legate all’inquinamento” continua il segretario.

Per quanto riguarda le alluvioni, la capacità per un dato territorio di evitare possibili danni è da ricondurre anche ad un cambiamento della morfologia dei torrenti. “Se prima, infatti, i torrenti erano pluricursali e distribuivano il flusso in maniera laminare – spiega il relatore – oggi a parità di portata il carattere monocursale dei canali indebolisce ulteriormente le arginature, laddove già fragili. Ecco allora che servono opere di riconversione dei corsi idrici. Certamente non si fanno nel breve periodo, ma vanno inquadrati nell’ottica di una rigenerazione urbana.”

 

economia circolare

Caviro e Dismeco: esempi virtuosi di economia circolare

Caviro è una cooperativa vitivinicola, la prima in Italia per volumi produttivi. Gestita da un consorzio, questa raggruppa 27 cantine sociali distribuite tra 7 regioni e nelle quali lavorano 12.400 viticoltori. Se il vino è dunque il core business del Gruppo (69% sulla totalità dei ricavi), non si parlerebbe di economia circolare senza le società Caviro Extra e Enomondo. Il primo gestisce il recupero dei derivati della filiera per trasformarli in prodotti nobili, cioè enocianina e acido tartarico, alcoli e distillati, vinaccioli, da cui si estraggono i polifenoli: in questo modo i semilavorati vengono venduti ai comparti farmaceutico e alimentare. Il secondo, in partnership con Herambiente, raccoglie invece gli scarti vegetali come potature, sovvalli e sfalci, per ottenere grazie gli impianti di digestione anaerobica, insieme ai biocombustibili derivanti dalla lavorazione dei prodotti residui sopra citati, energia elettrica e termica che alimentano tutti gli stabilimenti del Gruppo, partendo quindi da fonti rinnovabili.

Il biometano ottenuto viene detto avanzato e questo proprio perché nasce come scarto di processo. Inoltre, grazie a due impianti che purificano il biogas separando la frazione metanigena dall’altra componente prevalente che è l’anidride carbonica, quest’ultima attraverso refrigerazione viene liquefatta e venduta alle aziende alimentari. In questo modo, si parla di “negative carbon emission” per il biocarburante, dal momento che viene recuperata anidride carbonica in luogo di quella di origine minerale.

Non solo, il residuo della digestione anerobica diventa materia prima per la realizzazione di ammendanti,  cioè fertilizzanti naturali da destinare ai vigneti. In questo modo, il ciclo ricomincia. Dall’ultimo Bilancio di Sostenibilità del Gruppo, sappiamo che Caviro Extra e Enomondo hanno processato nel 2020 555mila tonnellate di scarti per un ricavo in termini di prodotti rigenerati pari a  196mila tonnellate.

Un altro caso virtuoso è quello offerto dalla Dismeco, un’azienda di Bologna specializzata nello smaltimento e trattamento dei RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) all’interno di un progetto ambientale che ha tra i suoi capisaldi il massimo recupero dei materiali e il rispetto delle normative. Si tratta del Progetto e brand Borgo Ecologico(®) nato sulle ceneri di un’area industriale dismessa, una multipiattaforma in grado di trattare tutte le tipologie dei RAEE, da lavatrici a piccoli elettrodomestici, per un recupero pari al 98%, ma anche di produrre energia pulita grazie a un impianto fotovoltaico di ultima generazione da 1 MW di potenza di picco. L’azienda cura anche iniziative e collaborazioni con scuole e università, al fine di sensibilizzare gli studenti sui temi ambientali. Nel 2020, la Dismeco è stata riconosciuta come miglior progetto industriale in campo ambientale e caso di studio internazionale nell’ambito del Quinto Simposio sull’Urban Mining e la Circular Economy (SUM2020).

Suolo e api: perché è così importante preservarli

Possiamo senz’altro essere fieri delle eccellenze nostrane, ormai protagoniste e promotrici a 360° di una green economy. Tantissime sono anche le associazioni, attive sul territorio per la conservazione e il recupero dell’ambiente e degli ecosistemi. Una fra queste è Re Soil Foundation. Nata nel 2020 e promossa dall’Università di Bologna, Coldiretti, Novamont e il Politecnico di Torino, la fondazione si occupa di tutela del suolo, oggi fortemente a rischio a causa del riscaldamento globale.

Il 95% del cibo che arriva sulle nostre tavole è possibile grazie al suolo, ma è anche fondamentale per la ritenzione, filtrazione e moderazione del flusso di acqua verso le falde acquifere e i fiumi, per la regolazione dei flussi di energia da e verso l’atmosfera e per la mitigazione del clima. Oggi sappiamo che il 2,8% dei siti è potenzialmente contaminato e che i terreni perdono lo 0,5% di carbonio ogni anno. Considerando che servono 2.000 anni per avere 10 cm di terreno, capiamo quanto è importante preservare e mantenere buoni i livelli di sostanza organica: sotto la soglia del 2%, infatti, il terreno non è più fertile. Re Soil Foundation si occupa del recupero di rifiuti organici urbani (di cui il 66% ancora oggi inviato in discarica)  per ottenere compost di alta qualità al fine di preservare la sostanza organica.

Se è solo grazie al suolo che abbiamo cibo, complementare e assolutamente fondamentale è l’attività svolta dagli insetti impollinatori, le api. Senza di esse, non avremmo il 35% di ciò che mangiamo, senza contare foraggi e tessuti. Oggi anche loro sono fortemente a rischio: tra le cause, l’ inquinamento e l’utilizzo indiscriminato di pesticidi. CONAPI, il Consorzio Nazionale Apicoltori, è un’impresa cooperativa con sede in provincia di Bologna che promuove un’etica di rispetto della biodiversità in tutta la filiera del miele, dai processi in apiario alla commercializzazione. Con più di 100.000 alveari Conapi vanta il primato europeo per la produzione di miele biologico.

La città che cambia

Abbiamo detto che la rigenerazione urbana sarà una tappa obbligata nei piani di resilienza. Ma in che modo concretamente potremo rendere le città più sostenibili? Anche in questo caso ci aiutano le associazioni sul territorio. Un esempio ci viene offerto dall’attività della Green Building Council (GBC) Italia, affiliata alla USGBC, che promuove la conversione del mercato edile attraverso la promozione di certificazione di terza parte e di protocolli di certificazione, che stabiliscono criteri di progettazione attenti all’impatto ambientale. Tra gli obiettivi dell’associazione quelli di favorire la diffusione di una cultura dell’edilizia green e di fornire parametri chiari agli operatori del settore.

Innovazione del resto non vuole dire abbandono della tradizione. Lo sa il Comune di Parma che ha poco concluso un progetto di risanamento del Canale Naviglio e promosso il ripristino dell’acquedotto farnesiano. “Quando abbiamo pensato di recuperare questi spazi, la città ha dimostrato grande partecipazione, e questo perché ne capisce bene il valore storico-culturale. La sensibilizzazione ai temi di sostenibilità e ambiente passa soprattutto attraverso questo canale” – commenta Tiziana Benassi, assessore alle politiche per la sostenibilità ambientale. Attenzione dimostrata anche attraverso la sottoscrizione del Piano d’Azione del Patto dei Sindaci per l’energia e per il Clima (PAESC) e l’inserimento dei Goals dell’Agenda 2030 all’interno del Documento Unico di Programmazione (DUP) dell’amministrazione comunale.

Una cultura dello zero waste

Ancora di cultura, del resto, si parla. Slow Food ha espressamente dichiarato l’importanza di una food policy per la risignificazione delle parole “sostenibilità” e “rigenerazione”, nell’ottica di una nuova visione collegiale. “Nelle soluzioni trovate finora è ancora troppo forte il paradigma della dominazione: non si può più vedere la Terra come una risorsa da sfruttare. Serve un nuovo design ecologico”- ha rincalzato Marina Kovari, ambasciatrice per il Patto sul clima Eu di Slow Food. Di uno stesso indirizzo Rossano Ercolini, presidente di Zero Waste Italy: “Non c’è più tempo. Oggi sappiamo che se consumassimo tutti come gli americani avremmo bisogno di 4 pianeti. Molti Paesi asiatici e in via di sviluppo stanno emulando il modello occidentale. Dobbiamo invertire la rotta”.

 

di Maria Grazia Gentili

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