“Uomini che spiegano alle donne”: ecco Marco Montemagno
Un'analisi tutta femminile dell'ennesimo caso di mansplaining che ha incendiato il web
“È pieno di ragazzette che mostrano le pere su TikTok e fanno girare il culetto così. Apro parentesi, amiche mie credete allo zio vecchio. Questo non è un modo di esprimere la vostra libertà, è purtroppo un modo di dimostrare una grande inferiorità perché una non è in grado di fare nient’altro che far girare le chiappette. Anche perché immagina quando poi cazzo crepi e sulla tua lapide c’è scritto ‘Eh come faceva vedere le pere su TikTok era da numero uno’. Non lo so se vuoi essere ricordata così”.
Questo il contenuto dell’ultimo video che Marco Montemagno (influencer, imprenditore digitale ed esperto di comunicazione) ha caricato sui suoi profili social. Il video, neanche a dirlo, è stato eliminato non appena diventato oggetto di critiche e commenti che lo dipingevano come sessista e maschilista. Un dipinto piuttosto accurato e ben fatto, oserei dire.
E se riusciamo ad aprire un po’ gli occhi non possiamo che vedere un uomo cis etero, 50enne, bianco, figlio della propria epoca – o meglio di una società patriarcale anni ’70 – che cerca di spiegare alle donne come “non” mostrare il loro corpo.
Caro “vecchio zio”, ho pensato di rivolgermi quasi direttamente a lei, prendendomi forse troppa confidenza – ma certo non meno di quella che si è preso lei per diffondere i suoi preziosi consigli postando quel video. Quello stesso video che l’ha crocifissa e mandata alla gogna mediatica.
Da 21enne, donna, esponente della generazione zeta, mi sono posta tante domande. Ma ancora prima, ho voluto capire come mai questo video fosse uscito. Quali fossero le circostanze, i propositi, gli obiettivi. Soprattutto cosa si sperava di ottenere condividendo dal nulla quella che è a tutti gli effetti un’opinione e niente più. Come se fossi rimasta io all’oscuro di un problema che bisognava assolutamente affrontare ora.
Allora mi chiedo: c’è un problema? Forse si, ma perché è proprio lei a parlarne? Che “le ragazzette”, come dice lei, usino i social media come strumento per mostrare loro stesse non deve avere necessariamente un’accezione negativa. Ovviamente non dobbiamo dimenticare tutti i rischi a cui si potrebbe incorrere – era certo questa la sua preoccupazione principale – ma c’è senz’altro modo e modo per affrontare l’argomento. Argomento già delicato di per sé, figuriamoci se trattato in modo derisorio e offensivo.
Dato che se si è esposto come ennesimo esempio di mansplaining, spero non la infastidisca qualche considerazione.
Prima questione, magari anche banale: lei non ha un corpo femminile, ovvero “ciò che scientificamente la distinguerebbe da un uomo”, per citare Valeria Fonte. L’attivista, filologa, influencer oltre che dott.ssa in Lettere ha cercato di risponderle e tenerle testa sui social, tentando di farle capire l’errore commesso con le sue parole.
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Ritiene non sia lecito ciò che quelle giovani donne hanno deciso fare con il proprio corpo e pensa ci sia una verità universale? Mi spiace, ma non esistono categorie o canoni che vi aiutino a distinguere una brava ragazza, seria e affidabile da una poco di buono.
Nel video Montemagno fa chiaramente intendere che mostrare le “pere” o il “culetto” sui social non ci renda credibili agli occhi degli altri, rischiando anzi di attirare un certo tipo di attenzione nel momento in cui decidiamo di condividere quei contenuti. Una sorta di insegnamento su come non sessualizzare e mortificare da sole il nostro corpo quando, purtroppo, è stato lui effettivamente il primo a farlo. A renderlo portatore di disvalori e a macchiarlo di peccato, magari per ciò che indossiamo o decidiamo di mostrare.
Mostrarsi “non è una strategia vincente”. Non si sa bene per cosa. Probabilmente non risulta vincente nemmeno seguire un tutorial paternalistico che spiega come comportarsi per realizzare una personalissima idea di donna rispettabile. Peccato, poteva diventare un’ottima occasione per parlare del come e perché una donna sceglie di mostrarsi agli altri. Visti i toni del video, l’occasione è andata decisamente sprecata…no?
Insinuare che mostrare il proprio corpo corrisponda ad essere una donna di serie B significa dare voce a una società che non è ancora pronta ad andare oltre a vecchi stereotipi, a dire addio a ideologie intrise di maschilismo e sessismo.
Sapete da quando ha cominciato ad essere effettivamente un problema per gli uomini che una donna potesse mostrare il proprio corpo – nudo o no ? Da quando farlo significa poter affermare da sole la propria libertà personale e decisionale, la consapevolezza di noi stesse, senza che fosse un uomo a limitare la nostra libertà di scelta.
Questo ha iniziato ad essere un problema quando un certo tipo d’uomo – come Montemagno, a quanto pare – ha capito che i (non così tanto) solidi pilastri morali in cui credeva, insieme ai parametri che hanno da sempre permesso di ‘sorvegliare’ il nostro livello di libertà, avrebbero cominciato a vacillare, a sgretolarsi pezzo dopo pezzo. Ma, caro “zio vecchio”, le ricordo che qualcosa si sgretola solo quando è già fragile. Proprio come è successo ai suoi ragionamenti, frantumati da Valeria Fonte soltanto usando forza morale e spirito critico.
“Mostrare le pere su Instagram non è – secondo lei – un modo di esprimere la vostra libertà”. Ma, io mi chiedo, cosa ne può sapere un uomo di cosa significa libertà per una donna. Che ha sempre dovuto imparare a stare un passo indietro agli uomini, a ricoprire spesso soltanto il ruolo di madre o donna di casa, a rivestire i panni che la società le ha da sempre cucito su misura.
Libertà significa, per noi donne, svestirsi – perché no, magari anche letteralmente – di tutte quelle imposizioni che ci sono state intimate con pesanti insistenze dall’ambiente circostante. Imposizioni da cui ora abbiamo la possibilità di allontanarci, inseguendo la nostra autonomia, con tanta voglia di indipendenza. Questo non ci rende frivole, non dovrebbe essere nemmeno motivo di scontro tra noi o di crederci persone meno affidabili.
Speriamo che a farla parlare in questo modo non sia stata la frustrazione di non essere in grado di controllare ciò che le donne decidono di fare e mostrare sui social. Sarebbe triste. E lo è altrettanto il fatto che, quando le viene riconosciuto l’errore, l’unica cosa che ha saputo fare è stata rispondere a Valeria Fonte di chiudere le gambe che fa freddo, cadendo a piè pari nella provocazione di una ragazza che – con la metà dei suoi anni e con un’intelligenza spiccata – è riuscita a sviluppare argomenti validi e brillanti in risposta al suo video.
Normalizzare un comportamento del genere è come negare l’evidenza, è come aspettarsi un cambiamento quando nessuno si mobilita difendendo i giusti valori.
Sentirsi, all’inizio dei miei 20 anni, attaccata per come non dovrei mostrare il mio corpo sui social, non lo nego, mi ha fatto sorgere dei dubbi. Perché ho realizzato in quanti non sono ancora in grado di capire, perché non sono stati educati verso l’ascolto, l’empatia, la sensibilità e il rispetto verso l’altro – beh, in questo caso l’altra.
E se mostrare il “culetto” o le “pere” sui social significa combattere gli stereotipi di genere che persone come lei portano avanti ancora oggi, allora la prossima volta che condividerò un post su Instagram lo farò con molta più sicurezza.
Con tanto affetto,
Giulia
di Giulia Fontanesi
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