UniPr OnAir – Obiettivo Pace, il politologo Parsi: dietro ogni azione collettiva serve l’altruismo dei singoli

Nella puntata di apertura della stagione 2021/22 si dialoga di Pace e azioni per raggiungerla con il professore, politologo ed editorialista Vittorio Emanuele Parsi dell'Università Cattolica del Sacro Cuore

VITTORIO-EMANUELE-PARSI

 

La nuova stagione degli appuntamenti di Unipr On Air sull’Agenda 2030 dell’Onu si apre con un dialogo tra il professor Emanuele Castelli dell’Università di Parma e il docente, politologo ed editorialista Vittorio Emanuele Parsi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il tema della puntata è il Goal 16 che ha come obiettivo la Pace, che promuove “società pacifiche ed inclusive per lo sviluppo sostenibile”, fornendo “a tutti l’accesso alla giustizia” e costruendo “istituzioni inclusive efficaci e responsabili ad ogni livello”.

Come ricorda il professor Castelli, la pace è un concetto relativamente giovane ma estremamente complesso. Nato durante l’Illuminismo nel XVIII secolo, “pace” si declina inizialmente in modo negativo indicando una situazione di assenza di guerra. Sarà solamente con la nascita della società di massa, e soprattutto dopo le due grandi guerre del XX secolo, che il concetto di pace verrà allargato. La pace positiva (definizione di Johan Galtung) fa riferimento ad una situazione in cui ogni tipo di violenza è assente – personale, strutturale e culturale – e in cui le relazioni fra gli individui sono armoniche, creando un’atmosfera tale da permettere a tutti il soddisfacimento dei propri bisogni senza ricorrere a conflitti. Così intesa, la pace è uno stato delle cose estremamente articolato che tocca la dimensione politica, sociale e culturale oltre che quella strettamente fisico-materiale.

Un obiettivo estremamente ambizioso

In un momento storico come quello che stiamo vivendo – in cui oltre all’emergenza pandemica si aggiunge il venir meno di quella superpotenza che erano un tempo gli USA, che hanno plasmato l’ordine internazionale – come potrà presentarsi la pace? Il professor Parsi, nel suo ultimo libro Vulnerabili: come la pandemia sta cambiando la politica e il mondo, ha delineato tre scenari futuri possibili – restaurazione, disgregazione e rinascimento – che muteranno a seconda di quali regole internazionali si imporranno. Sebbene sia forte la tendenza nostalgica verso un ritorno ai ritmi economici pre-Covid, status quo in cui chi era ben assestato stava a galla e gli altri affondavano, l’oggi è serrato fra due morse: alle spalle (si spera) vi è il disastro pandemico, davanti quello ambientale. Questa situazione richiede un cambio di passo sia a livello economico che a livello politico: possibile solo se si opera su tutte le dimensioni che concorrono alla pace.

Una crescente disaffezione verso la democrazia

La pace per essere garantita necessita di istituzioni democratiche inclusive forti, responsabili ed efficienti ma, come ricorda il professor Castelli, “oggi si assiste ad un crescente titubanza nei confronti della democrazia, cosa che si ripercuote conseguentemente sul raggiungimento della pace”.

L’aumento della sfiducia, secondo il professor Parsi, risiede nel fatto che le democrazie, seppur in situazioni storiche contingenti che in parte potevano necessitare di risposte del genere, hanno demonizzato il conflitto politico in favore di scelte necessitate ed obbligate. La mancanza di conflittualità politica, che è fondamentale – sostiene il politologo – per regolare il conflitto sociale (naturalmente presente in società sempre più differenziate), ha creato un buco di rappresentanza, che ha rimesso in discussione le istituzioni stesse. La democrazia è tuttavia essenziale per la pace solo quando questa è vera e genuina, ovvero quando ogni parte sociale si sente rappresentata e riesce a trovare nella politica la propria espressione.

L’impatto sull’Unione Europea

In una contemporaneità caratterizzata da due imminenti emergenze e dalla disaffezione nella democrazia, quale potrebbe essere l’impatto sull’Ue? È difficile prevedere una riformulazione istituzionalizzata (a livello di trattati quindi) delle istituzioni europee in modo più rappresentativoafferma il professor Parsi. La pandemia ha tuttavia aperto una nuova finestra in questo senso a partire da progetti come il Next Generation EU, fondato sulla solidarietà e l’altruismo. Il che potrebbe far ben sperare.

Il paradosso della nostra epoca

Sul piano internazionale, i processi di globalizzazione in atto negli ultimi decenni hanno reso i Paesi gli uni sempre più dipendenti dagli altri. L’aumento di interdipendenza ha portato a quello che viene definito da Parsi il “paradosso della nostra epoca“: nel tentativo di diventare sempre più forti e sicuri attraverso la creazione di legami interdipendenti, i Paesi si sono parallelamente scoperti sempre più vulnerabili. Diventa quindi necessario, per il professore, accettare questa vulnerabilità e lavorare sulle interdipendenze artificiali al fine di attenuare gli effetti inevitabili delle interdipendenze naturali. La Terra è unica: il cambiamento climatico mette in relazione tutti.

Gli strumenti a disposizione oggi per gestire la complessità del mondo in cui viviamo sono proporzionali ad essa. “L’economia serve per far stare meglio le persone, così come la politica serve per farci sentire al sicuro – ricorda Parsi – Non bisogna dimenticarsi che alla base di qualsivoglia azione collettiva vi sono tante azioni individuali, azioni che scaturiscono da forme di altruismo, che a loro volta richiedono un’uscita dalla propria zona di comfort”.

“L’essere altruisti è una cosa che ti fa stare bene tanto quanto il sesso e lo sport perché produce benessere”, conclude il professore. Così l’altruismo può essere motore della democrazia, purché genuina, rendendo così possibile perseguire nobili ideali nell’azione collettiva in politica.

di Ilaria Colella

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