Agrivoltaico, la nuova frontiera dell’agribusiness e delle energie rinnovabili

Teorizzata nel 1982 da due ricercatori del Fraunhofer Institute, la tecnica dell'agro-fotovoltaico oggi più che mai può essere decisiva nella lotta al cambiamento climatico

Il nostro pianeta ha da poco superato i 7,9 miliardi di abitanti. L’incremento demografico indiscriminato ad oggi rappresenta uno dei maggiori rischi per la vita sulla Terra, e questo perché le risorse non aumentano con lo stesso ritmo di crescita della popolazione. L’impronta ecologica (EF, ecological footprint) è un indicatore utile a spiegare la capacità per il nostro pianeta di produrre risorse in funzione dei consumi umani. Ebbene, tale parametro ha già superato dal 1970 la biocapacità terrestre, cioè la capacità degli ecosistemi di rigenerare ciò che le persone richiedono da quelle superfici. Ad oggi sappiamo che in media stiamo consumando 1,7 Terre.

 

Global Ecological Footprint grafico

Tra le misure volte a mitigare l’EF certamente un imperativo è la riduzione di emissioni di CO2, la cui impronta rappresenta il 57% del totale, d’altra parte in linea con il settimo Obiettivo dell’Agenda 2030 (energia pulita e accessibile). I ricercatori del Global Footprint Network e di Schneider Electric  hanno rilevato come un retrofit energetico e una decarbonizzazione della produzione di elettricità sposterebbero l’Earth Overshoot Day di 21 giorni senza perdite economiche. L’altra componente fondamentale dell’impronta ecologica è quella rappresentata dal cibo, la cui domanda tenderà ad aumentare senza riuscire a soddisfarla. E se esistessero dei modi per conciliare produzione energetica e produzione alimentare, tali da ottimizzare lo spazio a nostra disposizione? Ebbene, tutto questo è possibile con l’agrivoltaico, un nuovo settore che coniuga fotovoltaico e agricoltura nell’ottica di una massimizzazione del suolo in senso sostenibile.

Fotovoltaico tradizionale e cambiamento climatico

Il cambiamento climatico ci impone di guardare alle risorse che abbiamo in maniera non più settoriale ma olistica: quello che dobbiamo pensare è come far lavorare in sinergia le tecnologie per la produzione di cibo ed energia nell’ottica di una resilienza concreta. Il superamento del vecchio paradigma è del resto una sfida che abbraccia la stessa transizione ecologica e non sempre trova facile risoluzione.

L’aumento delle temperature globali, nonché le variazioni e le trasformazioni delle piogge e dei microclimi, metteranno in ginocchio gran parte dell’agricoltura, soprattutto nelle aree aride e più dipendenti dalle irrigazioni. Il rischio derivante dallo stress idrico è già reale e l’emergenza climatica potrebbe ridurre drasticamente la produzione alimentare di aree come Africa e sud-est asiatico (- 8-45%). Di fronte al problema della siccità, tecnologie che non richiedono dispendio d’acqua, quali eolico e fotovoltaico, potrebbero rappresentare una valida soluzione.

Un sistema fotovoltaico tradizionale è disposto su file di moduli orientati a est o a ovest, verso nord o sud a secondo dell’emisfero dove sono installati, e privilegia la massima resa energetica con il minor dispendio economico. Per consentire ciò, i moduli sono disposti ad una distanza tale da evitare che si ombreggino fra di loro e ad un’altezza dal suolo tale da permettere le operazioni di manutenzione.

Campo fotovoltaico nella Nellis Air Force Base, Nevada (USA)

Campo fotovoltaico nella Nellis Air Force Base, Nevada (USA)

L’aumento delle temperature, tuttavia, impatterà negativamente sul potenziale dei pannelli fotovoltaici: il loro coefficiente di temperatura, infatti, cioè il tasso di diminuzione delle prestazioni per ogni aumento di 1 °C sopra ai 25 °C, suggerisce un decremento dell’efficienza pari allo 0,6%. Un altro scenario paventato, del resto, è la possibilità che i parchi fotovoltaici più grandi si trasformino in vere e proprie isole di calore in grado di aumentare sensibilmente in feedback negativo le temperature nelle aree dove sono installati. Va sottolineato inoltre che la costruzione di pannelli fotovoltaici tradizionali spesso ignora le caratteristiche paesaggistiche del territorio, laddove oggi è importante optare per soluzioni rispettose delle peculiarità geografiche e di conseguenza delle attività antropiche ad esse legate.

Agricoltura ed energia: un binomio possibile

Per salvaguardare i territori dal rischio “isola di calore” una soluzione potrebbe essere l’installazione di impianti fotovoltaici su piantagioni strategiche: si tratta di tecnologie agrivoltaiche, sistemi integrati che permettono un doppio uso del suolo con una sinergia di fotosintesi e effetto fotovoltaico, montati cioè ad un’altezza sufficiente da consentire pratiche di coltivazione convenzionali. Dal momento che l’energia solare in entrata viene riflessa o assorbita, per poi essere re-irradiata nuovamente sotto forma di calore latente, negli ecosistemi naturali la vegetazione crea ombre superficiali in grado di contrastare l’accumulo di calore nel suolo. D’altra parte i pannelli sembrano ridurre notevolmente il fenomeno di evapotraspirazione delle piante, contribuendo a mantenere fresche le colture e ad abbassare il loro fabbisogno idrico. 

Gli studi sull’impatto dell’agrivoltaico sulle colture ancora scarseggiano. Quel che oggi sappiamo è che per determinate colture la resa sotto impianti di agri-PV si è rivelata inferiore rispetto a quelle tradizionali, e questo si è dimostrato evidente con una riduzione di radiazione solare. Tuttavia alcuni studi hanno mostrato come il tasso di crescita diminuisca solamente in uno stadio iniziale. Inoltre, sembra che troppo poco venga preso in considerazione la resa in caso di siccità: sempre da recenti studi è emerso che i pannelli agrivoltaici assicurano una produzione maggiore rispetto alle coltivazioni standard in mancanza di acqua. L’agri-PV potrebbe davvero rivelarsi utile in quei Paesi del mondo segnati da stress idrico.

Questi pannelli potrebbero inoltre mantenere l’ ambiente controllato e protetto, produrre energia da utilizzare sui sistemi di raffrescamento e riscaldamento, aiutare a preservare la qualità del suolo e a ridurre il tradizionale uso di plastiche (serre a tunnel); infine, rappresentare un introito economico. Solo prendendo in considerazione l’energia secondo le linee guida di Solar Power Europe, se l’agrivoltaico fosse utilizzato già solo sull’1% dei terreni coltivabili europei, renderebbe di 6 volte la produzione degli attuali impianti fotovoltaici. Un sistema combinato di agricoltura ed energia aiuta poi a riqualificare territori altrimenti destinati esclusivamente all’uno e all’altro settore, e quindi a guadagnare spazio.

I sistemi agri-PV possono essere fissi o dinamici (a inseguimento). Nel primo caso l’orientamento è definitivo, mentre nel secondo ci sono enormi potenzialità di adattamento a diverse forme di agricoltura, sia orientando il pannello sia modulando la luce. In generale, possiamo distinguere quattro tipi di sistemi dinamici: ad asse singolo, ad asse doppio, sistemi retrattili e a trasmissione dinamica della luce. Per quanto riguarda gli impianti ad asse singolo, possono essere inclinati parallelamente ai raggi del sole o al sole a seconda del tipo di esposizione luminosa che cerchiamo. Qui, del resto, la vera sfida sarà calibrare al meglio la resa energetica rispetto all’efficienza produttiva alimentare, con metodi di monitoraggio intelligenti. I pannelli a doppio asse consentono ombreggiature più controllate, sebbene siano particolarmente costosi, mentre i sistemi retrattili sono disposti su rotaie che consentono loro di muoversi in orizzontale.

I moduli invece possono essere standard opachi, bifacciali oppure speciali. I bifacciali, rispetto ai tradizionali, possono assorbire l’energia solare da entrambi i lati, caratteristica che consente un aumento delle prestazioni, mentre tra quelli innovativi abbiamo i moduli a concentrazione, in grado di far convergere l’energia solare in un solo punto delle singole celle.

Per quanto riguarda le tipologie di parchi solari, sappiamo che gli impianti sopraelevati forniscono riparo a produzioni orticole, colture perenni o speciali, quali frutti di bosco e viti. Nel 2015 è stato lanciato da AkuoEnergy il progetto Bellegard nel dipartimento francese del Gard: l’installazione di pannelli agrivoltaici su colture di albicocche ha evidenziato migliori rendimenti energetici, mentre le piante sono state protette da agenti atmosferici rigidi, parassiti ed eccessiva esposizione solare. Si è visto inoltre che si è risparmiato fino al 70% di acqua rispetto alle colture tradizionali.

pannello fotovoltaico pioggia

Un’altra tipologia di agrivoltaico è la serra fotovoltaica, che mutuerebbe e combinerebbe i vantaggi della serra tradizionale, soluzione presente su tutto il suolo europeo, con quelli offerti dal fotovoltaico. L’energia prodotta alimenta gli impianti di condizionamento, raffrescamento e riscaldamento, l’illuminazione artificiale, motori ed elettrovalvole, rappresentando un risparmio energetico non da poco. La serra fotovoltaica è adatta a coltivazioni di piante come rucola, broccoli, cavoli, patate e erbe aromatiche. Il parco solare Bardzour, reso operativo nel 2014, con un primato nell’utilizzo di una batteria agli ioni di litio con una capacità di 9 MWh, rappresenta un ottimo esempio di agrivoltaico con serra. In particolare, sono state impiegate serre Agrinergie® che hanno evidenziato come questo tipo di coltivazione permetta una maggiore attenzione verso la sicurezza e la sostenibilità dei prodotti, oltre ad un risparmio di emissioni di CO2 pari a 8.868 tonnellate.

Altra tipologia è il sistema agro-fotovoltaico in campo aperto, che potenzialmente concilia gli allevamenti di bestiame con colture disposte tra le file dei moduli. In particolare, esistono soluzioni di fotovoltaico a terra con installazioni a un metro di altezza, particolarmente adatte per gli allevamenti di ovini: l’ottimizzazione di un suolo con bassa efficienza permette migliori condizioni di benessere agli animali, offrendo loro ombra.

Altra soluzione è quella dei fotovoltaici a terra progettati per fornire servizi ecosistemici. Questo modello garantisce un’attenzione verso la biodiversità, creando le condizioni ideali di habitat per la fauna locale o corridoi specifici per il passaggio degli animali selvatici. Nello specifico, si limitano i movimenti delle macchine agricole, si progettano spazi adeguati tra le file dei moduli, insieme alla realizzazione di stagni, siepi e case per uccelli. Un esempio di fotovoltaico a integrazione di servizi ecosistemici è il parco solare della tedesca Klein Rheide, che abbina produzione di energia abiodiversità e ad agricoltura estensiva. Da un terreno precedentemente riconvertito la Società Osterhof, filiale di Wattmanufactur, ha creato un habitat per 450 piante e animali autoctoni, insetti e anfibi.

Un settore ancora con qualche difficoltà

Per quanto l’agri-fotovoltaico presenti una serie notevole di benefici, ad oggi il settore è lontano da una espansione. Le cause sono molteplici. Innanzitutto, vi sono limitazioni di carattere burocratico e amministrativo: spesso ci troviamo di fronte a una pressoché totale assenza di quadri normativi definiti e ottenere permessi e autorizzazioni edilizi è ancora difficile. In secondo luogo, vi sono criticità tecniche, in quanto i produttori di moduli fotovoltaici non realizzano pannelli di dimensione ed efficienza adeguati per gli impianti agrivoltaici, che richiedono ad esempio moduli leggeri. Inoltre, siccome agricoltori, animali e macchine agricole saranno presenti nei siti delle installazioni, questi impianti dovranno rispettare normative precise di sicurezza. C’è poi una difficoltà economica: questi progetti necessitano di maggiori investimenti e ad oggi c’è ancora scetticismo da parte dei finanziatori. Infine, i movimenti di protesta Nimby – letteralmente “Not In My Back Yard”- spesso possono rappresentare un ostacolo: la scarsità di studi, ancora, sull’impatto ambientale dell’agri-PV certamente non gioca a favore di una sensibilizzazione sul tema.

D’altra parte le potenzialità di questa tecnologie sono molte. A tal proposito, le linee guide SolarPower Europe forniscono anche dei punti fondamentali da seguire nell’ambito della progettazione dell’agrivoltaico. Oltre a dimensioni, altezza ed inclinazione, gli sviluppatori dovranno tener conto di precise esigenze di protezione delle coltivazioni, insieme alla necessità che l’acqua copra in maniera omogenea il terreno. Lo scarico dei liquidi dovrà essere gestito ugualmente secondo chiare indicazioni e si dovranno impedire danni meccanici da parte delle macchine agricole, oltre a garantire la sicurezza. Sarà importante mantenere la qualità del suolo tale da non alterare le condizioni di partenza, evitare cementazione e calcestruzzo in sede di fondazione ma prediligere il metodo della palificazione. Infine, sarà opportuno modulare la trasparenza del pannello per ottimizzare la crescita, mentre un’implementazione ulteriore potrà essere l’utilizzo di apposite reti atte a scongiurare attacchi di eventuali parassiti.

di Maria Grazia Gentili

 

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