The Guilty: il nuovo thriller di Netflix con Jake Gyllenhaal

Il remake dell’omonimo film del 2018 non deluderà gli amanti del genere

© Amet Entertainment, Bold Films, Endeavor Content, Fuqua Films, Nine Stories Productions

The Guilty di Netflix ha esordito nei cinema statunitensi il 24 settembre, con un’uscita internazionale dal 1° ottobre sul servizio di streaming. Prima dell’approdo sulla piattaforma, il film è stato presentato anche al Toronto International Film Festival 2021. Remake di un film danese del 2018 di Gustav Möller, è un thriller diretto da Antoine Fuqua e interpretato da Jake Gyllenhaal, consolidando una superba collaborazione in termini di recitazione e regia. Gyllenhaal aveva già recitato nel gioiello di Fuqua del 2015 Southpaw e già da allora era chiaro che il regista fosse capace di tirare fuori il meglio dall’attore statunitense. Anche se il nuovo film presenta alcuni difetti, rimane un one-man show – gli altri membri del cast compaiono spesso solo tramite la voce – dal ritmo serrato, che vi terrà con il fiato sospeso per tutto il tempo, capace di distaccarsi dal film originale danese senza stravolgerlo troppo. Fuqua ha diretto Denzel Washington nel film Training Day (2001), portandolo alla vittoria dell’Oscar, e chissà che non vi riesca di nuovo con Gyllenhaal, grazie a questa pellicola.

 Un protagonista tormentato e una trama avvincente

© Amet Entertainment, Bold Films, Endeavor Content, Fuqua Films, Nine Stories Productions

L’ufficiale di polizia Joe Baylor è al suo ultimo turno al centralino del 911, sommerso dalle chiamate di soccorso a causa di un grande incendio nel centro di Los Angeles. Si susseguono le chiamate più disparate, che mettono a dura prova la poca pazienza dell’agente, persona asmatica e scorbutica. Il suo nervosismo deriva principalmente da un processo a cui deve prendere parte il giorno successivo. L’uomo era un agente su strada, mentre ora soffre il ridimensionamento dietro una scrivania ed è facilmente intuibile che sia avvenuto qualcosa di pesante per ridurlo così, teso e sull’orlo di una crisi. Nella lontananza alienante dalle emergenze vere e fittizie che lo investono, gli viene richiesta la capacità di setacciare, distinguere, catalogare i casi. Con rassegnata cupezza, Joe assolve il suo compito, con freddezza professionale e il dovuto distacco. Finché prende una telefonata che, poco alla volta, lo coinvolge sempre più. Una donna di nome Emily lo chiama da una macchina: è stata sequestrata dal marito, che la sta portando fuori città, lasciando abbandonati due bambini a casa. Ci sono pochi indizi per trovarla ed evitare che la faccenda degeneri in tragedia, inoltre la chiamata viene improvvisamente interrotta. In Joe si risveglia il detective, spinto anche dalla leggerezza e dalla velata negligenza dei suoi colleghi. Bloccato dietro la scrivania, non può abbandonare la postazione, si chiude in un ufficio, sfora il turno, viene richiamato dal capo, guardato con sospetto dai colleghi. Ma lui indaga, scopre dettagli, che comunica alle volanti esterne, soprattutto si lascia coinvolgere sempre più e diventa attore dell’azione in corso, convinto di avere il polso della situazione. I regolamenti glielo vieterebbero, ma il suo spirito di poliziotto gli fa mordere il freno. Dal suo ufficio, Joe sembra entrare nella realtà dei fatti o in quella che è la percezione che ne può avere: chi ha ragione, chi ha torto nel dramma che si sta consumando dall’altra parte dei cavi telefonici e, soprattutto, Joe ha agito bene o male? In un susseguirsi di momenti al cardiopalma, in cui la sua pazienza viene messa alla prova e il nervosismo ha purtroppo la meglio su di lui, la storia avanza fino a un plot twist inaspettato e il suo rivelatorio finale.

Protezione, connessione, aiutarsi a vicenda

© Amet Entertainment, Bold Films, Endeavor Content, Fuqua Films, Nine Stories Productions

Uno dei punti di forza di The Guilty è indubbiamente la tensione che si crea nella narrazione su più livelli, internamente ed esternamente al rapimento, e il coinvolgimento graduale del protagonista. Qualunque altro poliziotto si sarebbe limitato a cercare di darle soccorso, o affidare il caso alla stradale, senza farsi coinvolgere così come è accaduto per lui. Minuto dopo minuto, vediamo come l’uomo cerchi invece di scoprire di più sulla donna e sulla sua famiglia, andando ben oltre i suoi compiti. Questo coinvolgimento è legato a due elementi: a una connessione che sembra stabilirsi tra Joe ed Emily e alla considerazione che l’uomo ha del suo lavoro. Più volte Joe afferma come i poliziotti siano dei protettori, persone che mettono al sicuro i più deboli e li difendono. Questa sua affermazione non può che innescare la riflessione più ampia in relazione alle forze di polizia, all’idea del loro ruolo e come vengono percepiti. Joe viene presentato come un uomo stanco e stressato, complici i ritmi di lavoro al centralino e i problemi famigliari, ma nel corso del film vediamo come sia un uomo disposto a fare di tutto pur di salvare Emily, anche a infrangere le regole. L’altro aspetto è quello di una connessione che sembra stabilirsi tra lui e la donna. Lo stato d’animo e le informazioni che scopriamo su di lei e su Joe nel corso della narrazione, ci dimostrano come i due si comprendano e, attraverso questo, intendiamo anche noi qualcosa: come i due si aiutino a vicenda, in modalità diverse, ma equamente fondamentali.

Considerazioni su regia e sceneggiatura

© Amet Entertainment, Bold Films, Endeavor Content, Fuqua Films, Nine Stories Productions

Il film è stato girato durante il periodo della pandemia e il regista ha diretto gli attori da remoto davanti a uno schermo. Dunque la modalità di regia si sposa perfettamente con l’intera impostazione delle vicende narrate, avendo tra le mani una storia che si sviluppa nello stesso posto: il centralino della polizia e davanti a degli schermi. E questo da una posizione privilegiata, che regala tantissimi primi piani. Una prospettiva che permette di analizzare e leggere in maniera chiara le emozioni vissute dal personaggio; ci aiuta a immedesimarci molto di più nella narrazione, cosa a cui contribuisce – come già detto – l’eccellente performance di Jake Gyllenhall. L’attore riesce a rendere ogni sbalzo emotivo del personaggio; dalla tensione all’irascibilità, fino alla vulnerabilità, così esposto regala un’esperienza coinvolgente e adrenalinica. I dialoghi sono brevi, ricchi di domande e dal ritmo serrato. La narrazione inizia in medias res per poi viaggiare su due linee parallele: la prima è quella che porta a scoprire di Emily, e l’altra introduce lentamente al passato di Joe e al processo che lo vede protagonista. L’unico (e opinabile) difetto che si può attribuire a questo film è la poca chiarezza nel finale: sulla fine di Joe e sui dettagli del processo; sarebbe stato interessante scoprirne di più.

Le differenze col film originale danese

© Amet Entertainment, Bold Films, Endeavor Content, Fuqua Films, Nine Stories Productions

The Guilty è il remake fedele di un film danese del 2018, a suo tempo selezionato per concorrere agli Oscar come Miglior film in lingua straniera. Se altre volte, in occasione di rifacimenti made in USA di riusciti film stranieri, non sono mancate lamentele inerenti a un appesantimento dei toni, questa volta l’appunto non si può fare, perché la sceneggiatura originale (di Gustav Möller ed Emil Nygaard Albertsen) era così perfetta, che Nic Pizzolato, sceneggiatore del film e di True Detective, l’ha lasciata tale e quale, senza incrementare nulla, solo aggiornandola allo spostamento dalla Danimarca delle tempeste di neve alla California degli incendi estivi. Anche la regia di Antoine Fuqua, spesso più enfatica e melodrammatica, è qui più sobria e rispettosa dell’originale: tutta in interni e centrata sui primi piani del protagonista. L’originale del 2018 mantiene la sua attenzione sulle chiamate di emergenza e sull’imminente udienza in tribunale. Tuttavia, il remake del 2021 aggiunge altri dilemmi, come il fatto che Joe abbia un inalatore e chiari segni di ulteriori problemi di salute. Lo stress del lavoro sembra solo esacerbare la sua tosse. Il remake di Netflix aggiunge una moglie e un figlio all’equazione. Joe e sua moglie sono separati, ma lui cerca ancora di connettersi con lei. L’Asger di Jakob Cedergren e il Joe di Gyllenhaal sono piuttosto diversi. Cedergren interpreta Asger come un individuo serio e freddo, tendente a scatti improvvisi e la sua intera performance è con gli occhi, i quali dicono al pubblico esattamente come si sente il personaggio. Invece, la performance di Gyllenhaal in The Guilty è molto più evidente: è costantemente arrabbiato e ha un carattere più votato all’eccesso. Anche quando il dialogo è identico, Gyllenhaal si avvicina al materiale con un atteggiamento scontroso, quasi come se fosse una molla pronta per essere azionata. La performance di Cedergren è più sottile e calcolata, mentre quella di Gyllenhaal è più esplosiva.

Considerazioni finali

The Guilty è un thriller psicologico e al cardiopalma che non delude gli amanti del genere, ma che anzi può assolutamente coinvolgere anche i più scettici, i quali non potranno che rimanerne affascinanti. Ottima performance di Jake Gyllenhaal, aiutato da una sceneggiatura dai dialoghi brevi e serrati, che costruisce un ritmo narrativo teso e coinvolgente. Un prodotto con cui Netflix ha decisamente fatto una scommessa vincente.

di Matteo Guerra

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